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Presentato il Calendario dei lavori per il nuovo anno accademico

Venerdi, 20 ottobre, è stato illustrato l'elenco delle attività didattiche del prossimo anno 2023/2024. E' seguita l'allocuzione del Presidente, prof. A. Tobia

Relatore: Prof. Antonino Tobia

<_div class="nContent" style="border: 0px solid rgb(238, 238, 238); margin: 0px; padding: 0px; list-style: none; clear: both; font-family: "Trebuchet MS", Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 12.96px; background-color: rgb(225, 239, 247);"> <_div id="pagina1" class="visibile" style="border: 0px solid rgb(238, 238, 238); margin: 0px; padding: 0px; list-style: none;">

Si trascrive qui di seguito la relazione del prof. A. Tobia.

L’inaugurazione di questo nuovo anno accademico voglio tributarla alla ’parola’, lo strumento che ci consente anche questa sera di comunicare, di scambiarci il piacere di esserci e di volere stare insieme. Senza la parola l’uomo non sarebbe diventato il re del Creato, cui ha dato un nome e nello stesso tempo lo ha definito e fatto proprio.In principio eratverbum… così si legge nel prologo del Vangelo secondo Giovanni.  L’espressione evangelica, tradotta in italiano, ci comunica che: In principio c’era colui che è ’la Parola’. E continua: et verbumeratapudDeum, et deus eratverbum: la parola era con Dio, la parola era Dio.Ma qual è il significato delVerbum? Il Verbum è per l’evangelista Gesù Cristo, l’epifania di Dio che assume la natura umana per condividere con noi l’esperienza della vita terrena:verbum caro factum est et habitavit in nobis.Secondo san Giovanni, la parola, il logos dei Greci e il verbum dei Latini precedette l’universo nella sua immensità. La parola era prima, eterna, fuori del tempo e dello spazio, non aveva confini se non quelli che poi essa stessa ha voluto darsi nell’atto della creazione. Il concetto di logos e di verbum rappresenta la vera essenza della religione cristiana, che in questo senso si differenzia dalle altre religioni monoteiste come l’ebraismo e l’islamismo. Il principio fondamentale su cui si basa la legge cristiana è il suo credo trinitario. Dio è uno e trino. Non è un Dio assoluto chiuso in se stesso, ma è un Dio che vuole espandersi, farsi conoscere, stabilire relazioni, essere presente attraverso il dialogo. Il Dio degli ebrei e dei musulmani è statico, privo della caritas che il Dio cristiano esprime e manifesta alle sue creature. Parola, logos,verbumsono sinonimi di amore,in quanto il termine è inteso come ’unimento spirituale de animae de la cosa amata’ (Dante).Ma come si giunge all’amore? attraverso l’innamoramento, dove la piccola particella prefissale indica l’istante fulmineo in cui avverti l’inizio di un fenomeno che ti si cambia la vita, quello che  Platone nel dialogo Parmenide definisce ’ l’istante’ (to exaìphnes).  Non ci innamoriamo mai di qualcuno, ma dell’idea, del sogno, dell’illusione che ci siamo fatta di quella persona. Da questa emozione inintelligibile inizia il processo di penetrazione dell’uno nella vita dell’altro, sicché la sensazione di un attimo può svanire o diventare gradualmente amore. L’innamoramento è soggetto al cambiamento. Solo l’amore è invece una scelta consapevoleche unisce ragione ed emozione, una scelta che non è più dettata dall’illusione, ma dal legame con quella persona che si accetta per ciò che è, nei suoi pregi e nei suoi difetti.Ma, noi usiamo quotidianamente la parola, non solo per comunicare con gli altri, ma forse ancor di più con noi stessi, quando pensiamo o elaboriamo un concetto  senza parlare, quandoconfessiamo a noi stessi la gioia o la sofferenza. Allora il significante resta mentalmente intrinseco al significato.Il lessema parola c’è pervenuto attraverso il greco antico (para bolè), il latino (parabola), fino alla riduzione del termine nel latino volgare paraula, da cui parola.  La parola è l’espressione di una idea, esprime il grado di cultura di un soggetto, il suo carattere, la sua capacità di tradurre la sua sfera affettiva.  I contrasti nascono dall’incomprensione e la violenza, come le guerre, esprime l’incapacità di trasferire nelle parole i propri stati d’animo.Gli psicologi hanno studiato tanti casi di femminicidio e sono giunti alla conclusione che il violento pecca d’ignoranza linguistica. Tale carenza ottenebra il logos e subentra l’ irrazionale, che traduce nel gesto violento quanto il soggetto non riesce atradurre con le parole. La stessa è l’origine dei tantissimi suicidi, che si registrano frequentemente  presso alcune tribù del Canada o del Brasile. Si tratta di soggetti costretti ad abbandonare le loro terre, le loro tradizioni, il loro cielo e, non riuscendo con le parola ad esprimere il dramma umano che deriva dal loro  essere derubati della propria identità, ricorrono al suicidio, cioè al silenzio eterno. È un triste fenomeno che colpisce anche tanti nostri giovaniquando essi non riescono a spiegarsi e a comunicare a parole  il loro male di vivere. Il taedium vitae.Le società moderne, a seguito degli studi psicoanalitici freudiani, dispongono del supporto psicologico o psichiatrico, che aiuta l’individuo depresso  ad analizzare il suo malessere e a superarlo. La medicina che usa lo psicologo è proprio la parola. Anche i nostri avi erano affetti dalla depressione. Questa era considerata l’effetto della melanconia, termine molto adatto ad indicare il cosiddetto umor nero, visto che in greco melas come aggettivo vale nero, cupo, buio, e il sostantivo  identificava la bile, che, secreta dal fegato, avvelenava la psiche.Oggi il termine depressione trova ampia applicazione in tanti e diversi campi, dall’economia, all’atmosfera, dalla psicologia alla geomorfologia. L’etimo spiega la ragione del suo essere: il prefisso preposizionale de veniva usato dai latini per indicare un processo che andava dall’alto verso il basso. Pertanto,in psicologia, ilsignificato del sostantivo sta ad esprimere la condizione psicologica di chi è precipitato dall’alto della sua coscienza nel baratro dell’infelicità, da cui non riesce sd intravvedere un briciolo di luce che lo riporti alla vita.Anche il verbo riportaresi serve di un prefisso latino per esprimere una varietà di significati, perlopiù,positivi.E certamente un valore positivo hanno gli infiniti che oggi ci riguardano,  perché  il riprendere, il ricominciare,il riorganizzare il nuovo anno accademico presso questo illustre istituto significa rinsaldare i contatti con un ambiente che ci ha visto crescere per quantità e qualità.Un altro infinito presente è gradito menzionare : rivivere. Si tratta di un verbo caro al mondo cristiano, dove il battesimo è il sacramento che ti fa rivivere: nasci denuo, rinascere a nuova vita.E vorrei concludere questo nostro incontro, spendendo due parole proprio sull’origine di questo vocabolo, che rappresenta il senso della nostra presenza e della nostra volontà di esserci.  La parola vita, come il verbo essere, è tra le più antiche usate dall’uomo per esprimere la propria condizione.  Il nostro vocabolo pare risalga ad un arcaico *vivita’, che ha la radice del verbo vivere. La parola d’origine indoeuropea è entrata nel vocabolario  di moltelingue romanze: in francese c’est la vie, in spagnolo e in portoghese vida, in rumeno viata. I greci avevano tanti modi per definire la vita. Per esempio, l’essere umano era detto brotòs, da cui mortòs, cioè essere mortale. Con l’aggiunta dell’alfa privativo, si aveva ambrosia, che insieme al nettare era il cibo e la bevanda degli dei immortali. Il mito narra che Teti unse il figlio Achille di ambrosia e lo immerse nel fuoco per renderlo immortale, usanza coltivata dai Fenici. Ma il padre dell’infante, Peleo, atterrito da quello spettacolo, arrestò la mano di Teti, che non riuscì ad immergere nel fuoco il figlioletto tenuto per il tallone, parte del corpo che rimase mortale. I greci, sotto questo aspetto, avevano un vocabolario molto ben articolato. Passavano dal sostantivo zoéo, per indicare la vita di ogni essere vivente( in it. zoo), abìos, che indicava il modus vivendi, cioè il modo e le condizioni di vita di ciascuno (in it. biologia, ma anche biosfera, che indica quelle zone della Terra, le cui condizioni ambientali permettono lo sviluppo della vita). Infine,psyché, termine che stava ad indicare il soffio vitale che ci mantiene in vita, che governa la sfera sensoriale come il respiro che si fa corto quando corriamo,  e la sfera della nostra affettività, che può oscillare tra l’amore e l’odio e che ci abbandona quando esaliamo l’ultimo respiro.[/b]Con l’avvento del Cristianesimo il termine assunse il significato di anima, in greco ànemos (vento). I latini distinguevano l’anima dall’animo. L’anima erala psyché, che Platone colloca nel mondo delle idee, eterna e soggetta alla metempsicosi, cioè al trasferimento da un corpo all’altro fino a quando non si affranchi dalla materia, che ne costituisce il limite e la prigione.Con animusi latini intendevano il principio intellettivo opposto al corpo (quo maior vis est animi quamcorporis, Cic.  Phil. 11.9);ciò che deve guidarci nelle nostre scelte (Lucr. 3. 94, animi imperio, corporisservitiomagisutimur); la mente, la memoria, il proprio giudizio,  (meo quidem animo, Pl. Aul., 478); il desiderio, la volontà ( non animus eissedviresdefueruntCic. Pro Flacco, 61); e ancora, coraggio, disposizione d’animo (bonumanimumhabe, Pl. Amph. 545). Il filosofo ateniese attribuiva alla psiche tre funzioni: quella razionale, che risiede nel cervello e controlla il nostro pensiero; quellairascibile, che controlla le nostre emozioni; quella concupiscibile, che risponde agli appetiti e agli istinti della carne.[b]Platone nel Fedro ricorre al mito dell’auriga e del carro trascinato da due cavalli, uno bianco e uno nero per chiarire il suo pensiero: l’auriga rappresenta l’anima razionale, che mira ad elevarsi verso il mondo delle Idee; il cavallo bianco, la parte irascibile; il cavallo nero quella concupiscibile. L’auriga deve sarei guidare i cavalli, che tendono atrascinarlo verso il basso.La vita, quindi, non può esistere senza l’anima, soffio vitale che informa e compenetra il nostro corpo.Con l’avvento della psicanalisi, il termine psiche ha assunto i connotati della scienza che studia i processi comportamentali dell’individuo, i modi di essere della sua personalità. Freud considera interagenti tra loro: es, io, super io. Si va quindi dall’es che è la parte innata, connessa a pulsioni interne e impulsi irrazionali (il cavallo nero della biga platonica), al ruolo dell’io(il cavallo bianco) e del super io, che deve gestirees e io. Ilsuper ioguida l’individuoa condurre una vita equilibrata, tra il dionisiaco e l’apollineo.[b]La nostra vita, in conclusione, è un’esperienza unica, che si articola ogni giorno attraverso le parole. Tuttavia è giunto il momento di dire: Non ho parole.

Autore Legre

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Inserito il 20 Ottobre 2023 nella categoria Relazioni svolte