Il dott. Claudio Paterna, studioso di tradizioni popolari, ha accompagnato l'uditorio in una affascinante passeggiata attraverso le ritualità arcaiche dei Siculi.
Relatore: Dott. Claudio Paterna - Dirigente Sovrintendenza BB.CC. - Palermo
Claudio Paterna ha presentato la pubblicazione "Persistenze e ritualità arcaiche nell’entroterra" che, per l’autore, è il coronamento di uno studio iniziato nel 1975 con la tesi di laurea a carattere antropologico "Sopravvivenze arcaiche nelle feste religiose siciliane" di cui fu correlatore il compianto prof. Giuseppe Bonomo.
L’argomento si differenzia dall’ultimo "Il Risorgimento Incompiuto", illustrato dall’autore in seno alla Libera Università, ma la differenza eccessiva si coglie solo a un esame superficiale, poichè l’autore è studioso di beni etnoantropologici, e la "storia" pur essa moderna o risorgimentale(considerata la coincidenza con il 150° dell’unità nazionale), viene vista come "storia orale" , come contributo offerto dalle classi subalterne in contrapposizione alla storia ufficiale", più storia dei vincitori che dei "vinti" quest’ultima.
Gli strumenti di indagine sono quelli dell’Antropologia Culturale, e nel caso delle "persistenze" come in quello delle vicende "risorgimentali", l’autore si sforza di offrire una documentazione collegata al mondo delle tradizioni popolari e contadine della Sicilia.
In effetti, con il volume da poco edito dalla Novagraf, si tenta di superare la grande frattura che esiste tra studiosi di Antropologia e di Archeologia sul terreno della "protostoria", fase antecedente la documentazione storica perlopiù appannaggio delle fonti dominanti greche-coloniali.
Nella "protostoria", e in particolare in quella siciliana, si colgono i caratteri dell’autoctonia, ed è più agevole la documentazione antropologica rispetto la fase "storica" successiva dove prevale l’archeologia classica con le sue metodologie, spesso filocolonialiste.
L’antropologo coglie invece il valore delle offerte votive, dei riti simbolici quali le feste, dei riti di passaggio quali le cerimonie funebri, i seppellimenti, i culti della fertilità, i recinti cultuali, i miti trasmessi oralmente e giunti fino ai nostri giorni con la tradizione orale e le fiabe, trattando le "culture" del passato al pari delle "culture" dei
popoli preletterati, cercando di individuare il contributo specifico dei popoli autoctoni, in questo caso dei siciliani, visti nelle forme differenziate dei Siculi, dei Sicani, degli Ausoni, dei Morgeti o degli Elimi.
L’Archeologia tradizionale ha lasciato poco spazio agli elementi di civilizzazione dei popoli autoctoni, rifugiandosi all’ombra delle grandi civiltà occidentali, e in particolare di quella greco-romana.
Altro aspetto importante di questa ricerca parallela tradizioni popolari/archeologia è l’attualità dello strumento d’indagine etnoantropologico troppo a lungo sottovalutato, il quale può fornire documentazioni di prim’ordine nel ricostruire la vita e l’ambiente dei popoli della protostoria e dei popoli autoctoni in generale.
In questo senso la Sicilia non è da collocarsi tra i popoli dominanti, piuttosto tra i popoli che hanno elaborato una propria cultura contribuendo al grande fiume della conoscenza umana (la filosofia classica, l’architettura, la religiosità ecc.) definendo un suo ruolo nell’area mediterranea attraverso un corpo di cerimonie rituali e festive
che raccolgono esperienze spesso lontane tra loro.
Per ultimo lo studio - la cui prefazione è di Antonino Buttitta, docente emerito di Antropologia Culturale all’Università di Palermo, allievo come Bonomo di Giuseppe Cocchiara - vuole sottolineare la grande importanza della festa religiosa quale documento/monumento che raccoglie come reliquie del passato i riti e i miti di un popolo, e allo stesso tempo campo di ricerca infinito che si avvale di infinite interpretazioni, dal poeta al religioso, dall’antropologo allo storico e così via. (C. Naterpa)
Inserito il 01 Marzo 2011 nella categoria Relazioni svolte
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