I Doveri dell'uomo nelle scuole italiane
E’ Giovanni Grilenzoni a convincere Mazzini a completare la stesura dei Doveri dell’uomo, offrendosi di pubblicarglieli in volume, come avviene infatti con la prima edizione, uscita a Lugano a fine estate del 1860. Ed è ancora lui, già nel 1860, rivedendo il testo per la pubblicazione, a convincere Mazzini ad eliminare dalla prefazione alcune espressioni troppo violentemente antimonarchiche. Nel corso di venticinque anni ne furono vendute quasi centomila copie. Un testo di grande successo dunque, del quale Mazzini cura la diffusione raccomandando di tenere il prezzo molto basso e di farlo circolare in Italia, malgrado gli ostacoli posti dalle autorità. Lo ha pensato per gli operai e scritto in modo piano e comprensibile a tutti anche se lo stile non è in realtà dei più semplici. La pubblicazione ha fini pratici, divulgativi, pedagogici e su di essa sono stati scritti fiumi di parole. Mazzini spinge per la sua diffusione e raggiunge l’obiettivo quando il 29 settembre 1861 nella seduta di chiusura del IX congresso generale delle Associazioni operaie italiane di Firenze si decide con votazione che i Doveri devono essere considerati il testo fondamentale per le scuole operaie. Nel 1872, tra le prime preoccupazioni della mazziniana Sara Levi Nathan che riesce ad acquistare i diritti di tutti gli scritti di Mazzini, c’è quella di fare stampare immediatamente i 'Doveri'. A sua volta, la Commissione direttiva delle Società operaie affratellate, invita a ricordarlo esponendo agli operai le sue dottrine politico-sociali con letture settimanali e diffondendo nel popolo i Doveri dell’uomo. E’ dalla consuetudine con i Doveri dell’uomo, che ha illustrato nelle Sale Mazzini, che nasce in Ernesto il progetto ambizioso oltre ogni dire di proporre al ministro della pubblica istruzione l’inserimento dei Doveri tra i libri scolastici. L’idea prende forma in Nathan in risposta alla proposta di legge presentata in Parlamento da Crispi nel 1890 per erigere a Roma un monumento nazionale a Giuseppe Mazzini. Ernesto persegue con pazienza e costanza la sua opera di convincimento presso tutti i ministri della Pubblica Istruzione, finché nel 1901 il progetto sembra potersi realizzare ed egli ne scrive con soddisfazione proprio a Ferdinando Martini. <>. Il ministro sceglie quella occasione per affermare che <
>. A settembre 1901 Nathan scrive a Martini avvertendolo che Nasi ritiene indispensabile fare molte note al testo e tagliare le considerazioni sulla repubblica. Nathan spera che se ne occupi Ferdinando Martini a cui la pubblicazione sta molto a cuore. Il lavoro andrebbe fatto insieme per spiegare il testo e renderlo comprensibile agli studenti. Nasi ha anche predisposto una circolare ai Provveditori <
>. Il 26 novembre 1901 Nunzio Nasi scrive alla Commissione editrice delle Opere di Mazzini, autorizzando la pubblicazione dei Doveri in una edizione <
> approvata dal ministero, aggiungendo poi che intende indirizzare ai provveditorati agli studi una circolare <>. Il 10 marzo 1903 finalmente il ministro della pubblica istruzione fa uscire il libro, convinto della bontà dell’iniziativa. L’editore Sansoni di Firenze ha prudentemente stampato solo 5000 copie, ma il libro ha successo, pur tra violente polemiche. A maggio ne sono state vendute 20.000 copie dell’edizione scolastica e 30.000 dell’edizione normale. Nelle memorie Nunzio Nasi scrive: <>. La fortuna che arride ai Doveri grazie alla sua diffusione nelle scuole e al nuovo interesse suscitato tra i lettori, non salva Ernesto Nathan dagli attacchi feroci che riempiono tutti i giornali, siano essi clericali, socialisti o repubblicani intransigenti <>. Nel saggio di Napoleone Colajanni Preti e socialisti contro Mazzini troviamo una ampia sintesi della polemica che segue l’ingresso della pubblicazione mazziniana nella scuola. Si criticano i tagli, si contesta la possibilità di ignorare che Mazzini era repubblicano senza alterare il suo pensiero, si parla di menzogna e falsificazione. Al centro degli attacchi più feroci c’è naturalmente Ernesto Nathan che ha condiviso tagli e censure ed è responsabile di una <
> contro la quale i repubblicani si sono giustamente risentiti. Nella seduta del 26 marzo 1903 Carlo Del Balzo, del PRI, svolge un’interrogazione tra vivaci battibecchi col ministro. Il Partito mazziniano italiano a sua volta, nel 1903, attacca <> considerandolo il principale responsabile del misfatto. Nel 1905, commemorando Mazzini davanti al re, Ernesto rivendica invece con orgoglio la sua azione, ribadendo gli ideali repubblicani del Maestro, ma anche l’inopportunità di fare della questione istituzionale un problema da discutere nelle scuole elementari. << ‘La Repubblica è l’unica forma logica di governo ‘ : così dice egli nei Doveri dell’Uomo , ed i puri sacerdoti del Mazzinianismo non risparmiano amare censure a chi nella edizione per le scuole di quell’aureo libretto, approvata dal Ministero della Pubblica Istruzione, distribuita oggi in 33.000 copie agli alunni a Roma e a Genova da Ferruccio Prina, omise, insieme ad altre poche di politica controversa, quella frase. In mente a quegli egregi censori è verosimilmente còmpito degli alunni delle scuole elementari e dei ginnasi indagare e discutere sulle forme di governo; ufficio dei professori erudirli in materia. La frase, del resto, come altre consimili che spesso ricorrono negli scritti, indica e determina una finalità verso cui tendere, una finalità logica. Quando il dovere domina negli animi della collettività, nei meccanismi di governo inutili appaiono gli uffici intermedi per impedire gli sbalzi del movimento, come in temperature costanti sarebbe superflua la varietà di metalli necessaria negli orologi per compensare le variazioni del caldo e del freddo ed avere l’ora giusta in tutti i climi. Sì, la Repubblica è l’unica forma logica di governo, ma soprattutto e innanzi tutto, secondo Mazzini, la volontà della Nazione è sovrana: questa è per Lui la logica del momento>>. --
social bookmarking