Un funerale anomalo. L'incendio di Troia. - Rivisitazione di Giuseppe Abbita
Relatore: Dott. Giuseppe Abbita
Nell’ultimo episodio Taltibio consegna ad Ecuba il corpo del nipotino. Neottolemo è salpato in tutta fretta, ed Andromaca, che a me molte lacrime ha fatto sgorgare-dice Taltibio- ha chiesto al figlio di Achille, non potendo occuparsene di persona, di affidare alla nonna il corpo del figlioletto per dargli degna sepoltura. Ed ha chiesto anche, ed ottenuto, che Neottolemo rinunciasse alle armi di Ettore: il piccolo Astianatte sarà sepolto sullo scudo del padre.Taltibio ha alleviato le fatiche di Ecuba: ha già provveduto, attraversando lo Scamandro, a lavare il corpicino e a detergerne le ferite; e si avvia ora a scavare una fossa.Questi atti, che lui attribuisce alla necessità di sbrigarsi e di accelerare i tempi, sono invece dettati da una profonda umanità, da una compartecipe pietà.Taltibio rappresenta l’unico raggio di luce e di speranza in tutta la tragedia: fin quando esisteranno uomini come lui l’intera umanità non potrà perire.Ecuba eleva ora un canto i cui versi sono stati definiti: «les plus déchirantes de tout le théâtre grec», i più strazianti di tutto quanto il teatro greco. Si tratta di una successione di allocuzioni che andrò a commentare più avanti. Ora facciamo silenzio e andiamo ad ascoltare insieme, e senza interruzioni, la voce di Ecuba:Deponete al suolo il grande scudo d’Ettore, rotondo, amara vista a me, non più gradita agli occhi. La vostra lancia pesa più del senno, Achei. Che temevate mai da questo bimbo, per compiere un delitto senza esempio? Che un giorno rimettesse in piedi Troia crollata? Non valete nulla! Perimmo mentre ad Ettore e ad una innumerevole schiera arrideva la sorte delle armi: e adesso, presa la città e distrutti i Frigi, questo bambinello vi ha messo addosso la paura. E’ un sentimento che deploro, quando chi teme non ragiona.Oh mio diletto, come per te giunse, sventurata, la morte. Se morivi in difesa della patria, godendo giovinezza e nozze e quel potere che fa pari agli dei, tu saresti beato, se mai c’è beatitudine in queste cose. Invece, di quei beni avesti la visione, il sentore, senza conoscerli però: li avevi a casa, ma non ne godesti. Infelice, in che modo pietoso ti hanno ridotto i tuoi riccioli. Come un giardino li curava la tua mamma, li copriva di baci. Ora dal capo, spezzate le ossa, gorgoglia un rivolo di sangue, ma non fatemi aggiungere altre parole. Mani, che dolce somiglianza avete con quelle del padre, adesso qui giacete, con le giunture spezzate. O cara bocca che spesso pronunciavi vanterie, sei muta ormai. Mi mentivi quando gettandoti nelle mie vesti dicevi: Madre, certo per te una folta ciocca di capelli reciderò e porterò i compagni a frotte alla tua tomba, ti porterò i più teneri saluti. Non sei tu, adesso, a seppellire me: ma sono io, vecchia senza più patria, senza più figli, che seppellisco te, tanto più giovane, misero corpicino. Ahi, tanti abbracci e tutte le mie cure e quei sonni….tutto sparito, ormai. Che cosa mai un poeta potrebbe scrivere sulla tua tomba? 'Questo bambino l’uccisero un giorno gli Argivi per paura?- vergona per la Grecia questa epigrafe. Ma dunque, tu non avesti i beni di tuo padre, ma avrai tuttavia lo scudo dal dorso di bronzo, che fu suo, in cui sarai sepolto.O tu che il braccio bello di Ettore proteggevi, tu hai perduto il tuo custode migliore. Come dolce nell’impugnatura resta l’impronta, e nei bordi il sudore, che Ettore dalla fronte stillava quando ti avvicinava al mento.Avanti, su, portate qualche ornamento al misero cadavere, quel che è rimasto: non ci dà margine di pompe il dio, ma quel che ho, l’avrai.Stolto è tra i mortali colui che, ritenendo di avere saldo benessere, se ne compiace. Per i suoi comportamenti la fortuna, come un matto, salta di qua, salta di là: che sia la stessa persona ad essere felice, non accade.La morte di Astianatte, atto finale prima dell’incendio della città, costituisce il fulcro dell’azione drammaturgica e il momento di condensazione massima del dolore e del lutto.La morte di Astianatte va ben al di là degli effetti della guerra, iscrivendosi tra le sue derive verso la disumanità.Il funerale ricopre qui un ruolo antropologico: dà ordine al dolore incanalando, verso forme socialmente accettate e controllate dal rito, il tumulto delle emozioni.Il funerale, in altre parole, ha la funzione di smorzare la violenza rappresentata e di rassicurare il pubblico attraverso una forma di religiosità rituale, che restituisce l’ordine e allontana l’orrore.Diversi elementi concorrono a rendere anomala la sepoltura di Astianatte. Il primo tratto indubbiamente eccentrico è la partecipazione dei Greci al funerale: a loro è toccato lavare e comporre il cadavere, a loro tocca scavare un fossa. Il corpo sarà posto su uno scudo e non in una cassa. Inoltre al funerale non è presente la madre e infine viene sovvertito l’ordine naturale per cui non al nipote, più giovane, tocca seppellire la vecchia nonna, ma alla nonna seppellire il nipote.All’inizio dell’allocuzione agli Achei Ecuba si rivolge ai soldati che hanno portato lo scudo di Ettore sopra cui è adagiato il corpo del nipote Astianatte ed intima loro θέσθε, di deporre a terra lo scudo.L’imperativo aoristo conferisce alla vecchia regina un atteggiamento determinato,distaccato e sprezzante, nei confronti dei Greci: la disperazione che ha caratterizzato Ecuba fino a questo momento viene abbandonata.Ecuba si sottrae per un momento alla sua condizione di schiava dando ai padroni degli ordini , e ponendosi, nei loro confronti su un piano di parità, se non addirittura di superiorità. E’ la regina Ecuba che parla, ordina ai Greci di prendere il corpicino per il seppellimento e li schernisce per la loro paura nei confronti di un bambino. Immagina che, se un’iscrizione funebre per Astianatte potesse contenere il reale motivo della morte, cioè la paura che di lui hanno avuto i Greci, affiderebbe per sempre alla memoria collettiva non il morto ma la viltà degli uccisori, per i quali costituirebbe motivo di vergogna perpetua.Per prendere contatto con Astianatte, la regina si serve dell’allocuzione ὦ φίλτατε, amatissimo, in cui Il tono patetico viene accentuato non solo dal vocativo, ma anche dall grado superlativo dell’aggettivo.Ecuba si rivolge a determinate parti del corpo di Astianatte. Comincia con l’allocuzione alle mani, ὦ χεῖρε, che sono ormai squassate nelle giunture, e pone l’accento sulla somiglianza tra le mani di Astianatte e quelle del padre .L’attenzione si sposta poi sulla bocca, ὦ…φίλον στόμα, di cui viene ricordato come un tempo era solito pronunciare dolci vanterie a Ecuba.Interessante è il modo in cui Astianatte si rivolge alla nonna: ὦ μῆτερ, madre, con valenza di nonna, espressione di estremo rispetto. Astianatte prometteva ad Ecuba che avrebbe donato riccioli dei suoi capelli alla sua tomba, gli stessi riccioli ora imbrattati dal sangue.Segue, per ultimo, l’allocuzione allo scudo nel quale ravvisa ancora le impronte dell’impugnatura e i segni del sudore di Ettore.Ecuba avvolge quindi il corpo del nipote nelle vesti che avrebbe dovuto indossare alle sue nozze, una volta diventato adulto, con la più bella e nobile principessa d’Asia.Si lascia andare infine a questa esternazione: Ma se il dio ci avesse con un terremoto, se ci avesse fatto sprofondare sotto terra saremmo scomparsi nel nulla, non saremmo celebrati dai poeti e i posteri non saprebbero nulla di noi!Tanto dolore per le atrocità subite verrà riscattato dal canto dei poeti che celebreranno la gloria della città e dei suoi eroi.La poesia, assieme al canto di lamento delle donne, si leverà con forza contro le sciagure della guerra. Euripide è ben consapevole del ruolo catartico universale della poesia!Euripide è uno dei tre più importanti drammaturghi di Atene (con Eschilo e Sofocle), che meglio ci è stato custodito e sottratto al logorio del tempo. Egli fu l’unico tragico veramente rivoluzionario, l’unico tragico a schierarsi apertamente In Grecia, al suo tempo, ce ne voleva di coraggio per presentare questo dramma in teatro: difendere le donne oppresse e maltrattate, denunciare le guerre imperialiste, infrangere i miti omerici sulla guerra di Troia, prendere in giro gli dei, presentare gli eserciti greci a Troia come una banda di assassini e stupratori, rapitori di donne e di bambini. Ebbene c’era un drammaturgo che osava tutto ciò davanti agli occhi della classe dirigente greca, e che tuttavia riusciva a raggiungere l’anima del pubblico raccogliendo un certo successo, collezionando, inevitabilmente, anche odi feroci.Euripide osò dire pubblicamente ad Atene che i miti erano falsi e che la saga troiana, ritenuta eroica, era solo fango e sangue.Egli ci fa vedere anche che gli dei spingono gli uomini ferocemente l’uno contro l’altro, si accordano sulle teste dei mortali, si stringono la mano, si riconciliano, in virtù dei propri interessi.'O dei, ma a che serve invocare gli dei? tanto non mi ascoltavano neanche prima' dice, sconsolata, Ecuba, davanti al corpo del nipote.Così conclude il suo commento alla tragedia Umberto Albini: «Gli dei sono assenti, non possono sentire, prestare ascolto. Si sono allontanati al principio del dramma: quello che succede, senza di essi, non offre spiragli, non apre all’avvenire. Si poteva credere alla presenza di testimoni superiori, alle cose che gridano vendetta al loro cospetto: ma i testimoni si sono dileguati, sono spariti da tempo e tutto si svolge ormai senza pietà e rimedio, senza prospettive»Nella scena finale della tragedia Taltibio ordina ai soldati di dare velocemente fuoco a quel che rimane della città e alle donne troiane di avviarsi rapidamente alle navi. Quanto ad Ecuba, anche lei dovrà subire la stessa sorte delle altre prigioniere. E tu, povera vecchia infelicissima, segui costoro.E, mentre la triste processione di prigionieri si avvia al suo destino, in lontananza, i templi della città bruciano, il fuoco ha inghiottito gli edifici sacri di Pergamo che crollano con uno schianto ...Ma noi non abbiamo alcun motivo per dubitare che la profezia di Cassandra :… gli oracoli di Apollo, a me svelati, dicono che lei morirà qui… non si sia avverata.Subito dopo l’ordine di Taltibio Ecuba, come in preda ad un delirio, pronuncia queste parole: Suvvia, corriamo al rogo; la cosa più bella per me è morire qui con la mia patria che brucia.E’ vero che Taltbio insiste affinchè venga consegnata ad Ulisse ma è anche vero che la vecchia regina non si regge più sulle gambe, le membra sono tremule e le va piegando al suolo. Si intuisce che sono gli ultimi istanti della sua vita.Immaginiamo quindi così la scena finale: Ecuba sopraffatta dal dolore e morente si avvia lentamente verso le macerie della città fumante per morire sul suolo amato della sua città.Come ultimo gesto di generosità Taltibio la lascia passare mentre i soldati guardano ammutoliti la scena. L’oracolo di Apollo si è avverato.---Grazie per avere avuto la pazienza di leggermi --- Giuseppe Abbita
Inserito il 18 Giugno 2020 nella categoria Relazioni svolte
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