Un 'focus' sul lavoro e sulla casa: a cura del dott. Vito Di Bella
Relatore: Dott. Vito Di Bella Vito - già Direttore dell’Ispettorato del lavoro della Sicilia
La settimana europea per la sicurezza: un 'focus' sul lavoro e sulla casa. -
La Settimana europea per la sicurezza e la salute sul lavorosi svolge ogni anno nel mese di ottobre (43° settimana) in tutti i paesi dell’Unione Europea. E’ un’occasione per sensibilizzare i cittadini europei sulla necessità di operare in ambienti di lavoro sani e sicuri.L’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (Safety and healthat work – EU-OSHA) con sede in Bilbao, che promuove l’evento, ha il target di rendere i luoghi di lavoro in Europa sempre più sicuri e vivibili. All’uopo esegue un’attività di studio e ricerca sulle cause e sulle dinamiche degli eventi dannosi, fornisce indirizzi ai welfare nazionali, anche attraverso l’adozione in comune delle migliori prassi utilizzate dai singoli Paesi membri, tecnica operativa nota come best practices training. La Libera Università Tito Marrone e l’Istituto d’istruzione superiore 'Leonardo da Vinci' sono deputati a contribuire alla causa. La cultura ha sempre un ruolo di trainer nella crescita, specialmente in un territorio marcato da carente sviluppo e da deficit di sicurezza.
La sicurezza sul lavoro è un diritto ed un dovere, due momenti comportamentali violati diffusamente per condotte illecite.Il pesante fenomeno infortunistico è legato di certo alla scienza e alla tecnica, ma soprattuttoalle scelte colpevoli di quanti per egoismi scaricanoi danni delle attività pericolose e nocive sulla salute dei lavoratori.Gli effetti nefasti che ne conseguonosono le miriadi di tragedie umane e sociali che quotidianamente accadono sotto gli occhi di tutti.L’operato dell’Agenzia rientranel più vasto piano dell’Unione Europea diuniformare le legislazioni nazionali in materia di lavoro, in ogni loro coniugazione positiva, al fine di elevare gli standard più bassi presenti in alcuni Paesi.
L’optimun sarebbe un diritto comune europeo.In Italiail Ministero del lavoro ha compiti di indirizzo e coordinamento e, unitamente al Servizio sanitario nazionale,programma le politiche di intervento ed effettua l’attività di vigilanza per la prevenzione e l’igiene sui luoghi di lavoro (Ispettorato del lavoro e SPRESAL-ASL).Nel corrente anno l’Agenzia sollecita la sensibilizzazione sul tema della 'Gestione dello stress e dei rischi psicosociali nei luoghi di lavoro'.E’ una tematica di grande attualità, legata alpresente modello socio-economico che richiede una sempre maggiore produttività del lavoro, qualunque possa essere il costo in termini umani.
La medicina del lavoro da tempo ha individuato patologie da stress indotte dall’organizzazione aziendale.Oggi aggiunge il burnoutche colpisce quanti si occupano e preoccupano troppo del proprio lavoro e sentono la responsabilità sociale del mestiere. In linguaggio italico stiamo a parlare di soggetti bruciati per troppo lavoro.Il burnout non è solo fatica, stanchezza e depressione, ma è una malattia professionale non ancora riconosciuta, non inclusa come tale nelle tabelle ministeriali adottate dall’INAIL e quindi risarcibile.In Europa colpisce il 22% di determinate categorie lavorative: infermieri, medici, insegnanti, poliziotti, sacerdoti ed altre.Allo stato, la Francia ha al varo una specifica normativa che tuteli chi ne è vittima.La campagna di promozione annuale di cui oggi ci si occupa, si rivolge ad ogni tipologia di attività svolta nei tre settori economici (industria/artigianato, commercio/terziario, agricoltura) e a qualunque lavoratore ivi inserito, indipendentemente dal suo status giuridico (subordinato, parasubordinato, autonomo, domestico, ecc.).Il richiamo è diretto alla risorsa economica in quanto individuo ed essere umano soggetto a rischio lavorativo.In assoluto, il lavoro sicuro è un diritto fondamentale dell’uomo che attiene alla sua sfera fisica, economica, sociale.Lavoro sicuro e salute sono due condizioni inscindibili e contestuali nella formulazione del W.H.O. (World Helth Organization) secondo cui la salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale, e sociale che non consiste solamente nell’assenza di infermità e che si completa con la tutela fisica, economica e di sicurezza.Da questa angolazione appare corretto parlare di sicurezza tanto per il posto di lavoro quanto sul posto di lavoro, due aspetti speculari di una vertenza aperta che grida vendetta di un sistema che la trascura o, quanto meno, la cura meno del necessario.
Le occasioni, come quellaodierna,voglionorichiedere alla collettività una ennesima riflessione, più di testa che dipancia,sulle cause della mancata sicurezza nel modello operativoadottato e sugli effetti indotti dagli infortuni sul lavoroe dalle malattie professionali, denunciati e non denunciati.Il tutto in una cornice di disoccupazione talora di massa e di lavoroillegale.Si vuole qui oggi indirizzare le riflessioni, inoltre,su una valutazionedi costi/benefici delle anomalie del sistema i cui oneri per i danni prodotti, in ultima analisi, vanno a scaricarsi tanto sul singolo quanto sulla collettività.Parlare in questi termini di tali problematiche nell’attuale momento storico, segnato da una perdurante stagnazione economica quasiglobale, potrebbe apparire un esercizio di astrazione dalla realtà.E’ invece una assunzione di responsabilità partecipativa, per addentrarsi nella materia e capirne i meccanismi regolatori, in funzione della ricerca di soluzioni praticabili nello scenario esistente per i quali ognuno deve e può spendersi, sia pure nei limiti delle proprie dimensioni. L’analisi accolta sul lavoro sicuro, nelle due facce della stessa medaglia sopra accennate, muove dai fondamentali dell’economia.E’ ben noto a tutti che i profondi squilibri che si perpetuano tra le componenti economiche, reddito, consumo, risparmio, produzione, investimenti, ecc., sono legati alla malata equidistribuzione della ricchezza prodotta.Secondo Thomas Piketty nel ventunesimo secolo la rendita da capitale parassitaria supera la rendita da lavoro, a danno della crescita dell’economia reale che crea occupazione.Ogni dislivello fra ricchezzae povertà provoca instabilità nel sistema e produce crisi cicliche che vanno a ripercuotersi puntualmente sul mercato del lavoro.In tali periodi siaccentuail disallineamento tra la componente della domanda da parte delle imprese e quella dell’offerta da parte dei lavoratori, con il calo dei livelli occupazionali, la concorrenzialità al ribasso della manodopera, la riduzione delle spese per la sicurezza da parte aziendale, l’aumento delle morti bianche
.E’ statisticamente provato l’incremento degli infortuni in tali momenti, ulteriore ragione per non allentare lo sforzo.Le conseguenze delle crisi, cicliche in vero, ingrossano i due mercati del lavoro paralleli già presenti: quello del lavoro legale in regola con le norme di legge e di contratto e l’altro del lavoro illegale, o sommerso, o in nero.I due mercati, ancorché in teoria destinati a confliggere, in pratica sono costretti a convivere e a tollerarsi, ancor più nei picchi di crisi.Gli indicatori attestano che le conseguenze negative colpiscono maggiormente le economie fragili, non sorrette da un tessuto produttivo dinamico, marcate da un obsoleto sviluppo tecnologico, da una bassa produttività del lavoro a causa della insufficiente qualificazione professionale dellerisorse, dalle improvvisazioni nell’organizzazione d’impresa. E l’esperienza insegna che una economia debole è sempre una economia insicura, per i lavoratori, per l’impresa, per la società.Il Meridione d’Italia, di cui questo territorio è parte integrante, risente fortemente di detti effetti, con picchi di disoccupati e scoraggiati che non cercano lavoro (NEET – Not Education, Employment or Training) attorno al 18%, lavoratori in nero sulla cifra del 20%, infortuni sul lavoro dichiarati ed occultati al di sopra della media nazionale.Il quadro è particolarmente scuro per le fasce giovanili scolarizzate ma non qualificate il cui numero supera il valore nazionalemedio del 40%.E’ una forza lavoro che magari emigra, a danno della potenzialità di sviluppo del territorio, del depauperamento sociodemografico, dell’investimento pubblico in istruzione senza alcun ritorno.Da queste parti il ricorso al lavoro nero è diffuso e consolidato, si direbbe quasi eretto a sistema.In mancanza di altre opportunità il lavoratore è costretto ad aderirvi, pressato dal bisogno primario di sopravvivenza.Il datore di lavoro vi ricorre per volontà di massimizzare i profitti evadendo salari, previdenzae fisco Nel caso di imprese marginali si può anche ipotizzare una situazione di necessità, pernon uscire dal mercato.Per la malavita organizzata il lavoro illegale e gli inoccupati sono una riserva di manodopera a basso costo.
Alcuni vedono nel lavoro irregolare gli effetti dannosi sullo sviluppo economico di una società in crisi.Altri vogliono rintracciarne gli indici di una vivacità economica spontanea, parallela e di supporto a quella regolare, che concorre comunque a creare occupazione e reddito.La realtà è che ovunque il lavoro nero comporta miseria, sfruttamento, carenza o assenza di misure antinfortunistiche, evasione previdenziale e fiscale a danno del cittadino e della collettività, concorrenza sleale fra le aziende.Non è affatto dimostrato che produce opulenza, equità e ordinata dinamica del mercato.Situazione che non può certo essere consentita in uno Stato di diritto, neppure in presenza di una eventuale connivenza del lavoratore per interessi di parte Nella scala di valori della libertà, per il lavoratore la libertà dal bisogno di tutela della propria salute psicofisica sul posto di lavoro è l’altro punto di forzanel targetsociale del lavoro sicuroregolare.L’idealità della libertà è la sintesi che superi il valore del lavoro come fatica piuttosto che come conquista personale e sociale,sintesi di forma e di materia che dia certezza di non morire peravere un lavoro e non moriresul posto di lavoro una volta trovato.Oltre ogni utopia, nell’epoca della - quarta rivoluzione industriale 4.0- il lavoro diviene sempre più selettivo ed i componenti del mercato del lavoro devono trovare gli strumenti di adeguamento per non rimanere tagliati fuori.Da oltre un ventennio l’Unione Europea interviene con Regolamenti, Direttive, Raccomandazioniad hoc sulla materia della sicurezza, nelle costruzioni, nelle macchine, nelle miniere, nella chimica, nell’agricoltura, nelle radiazioni ionizzanti, ecc., al fine di fissare verso l’alto parametri comuni di sicurezza.L’Italia, che in vero vantava giàun buon corpus normativo, inizia il processo di equiparazione agli standard europei con l’emanazione dei Decreti 626/1994 e 494/1996 per l’edilizia. Riunisce poi tutta la materia nel -Testo unico per la sicurezza -, approvato con Decreto Leg. 9/4/2008 n. 81, riveduto e corretto nell’agosto dell’anno successivo
.L’obiettivo della riforma adottata ha una grande dimensione sociale ed umana e un respiro europeo,poiché recepisce otto Direttive comunitarie.Il blocco organico punta sulla preventiva valutazione del rischiodella lavorazione, alla formazionedi base e specifica dei lavoratori ivi impiegati, alla loro informazionesulle incognite legate alla logistica aziendale, ai processi produttivi, ecc.Il corpus normativo rinnovato individua più puntualmente i centri di responsabilità ed elimina quelle zone d’ombra che in passato hanno consentitoai veri responsabili vie di fuga, in tanti troppi casi. L’analisi del rischioda parte dell’imprenditore mira ad individuare i punti di debolezza nella lavorazione ed a prevedere le misure idonee ad evitare il verificarsi dei danni. Le determinazioni confluiranno nell’apposito Documento di valutazione dei rischi (DVR) che per i cantieri edili assume la denominazione di Piano operativo di sicurezza (POS) Il datore di lavoro, nella gestione del piano, viene affiancato dal Servizio di prevenzione e protezione (SP&P) che include la presenza di un rappresentante dei lavoratori, oltre che del medico competente all’occorrenza.
L’organismo ha il compito di controllare l’attuazione del piano e suggerire al responsabile le eventuali modifiche che si rendessero necessarie in corso d’opera.E’ stata superata la logica antica della monetizzazione del rischio, cioè la corresponsione di una indennità economica al lavoratore per il rischio patito.In assoluto, si è affermato l’obbligodella eliminazione del rischio stesso con l’attività di prevenzione, in funzione della incommensurabilità di valore della vita sana e sicura.La normativa novellata si spinge fino a richiamare la 'Responsabilità sociale delle imprese' con forme di integrazioni volontarie di precauzioni sociali ed ecologiche,aderendo agli orizzonti globalizzati della Corporate social responsability avanzati dall’Organizzazione internazionale del lavoro (ILO).Il risarcimento del danno da infortunio o da malattia professionale resta un diritto costituzionalmente garantito e l’INAIL – Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro – garantisce al lavoratore l’assistenza sanitaria, protesica ed economica al verificarsi dell’evento.
La tutela opera, anche per gli infortuni in itinere (nel viaggio da e per il posto di lavoro),Indipendentemente dalla regolarità al momento del rapporto assicurativo tra impresa, lavoratore ed Istituto (principio della automaticità della prestazione).Lo stessoIstituto assicuratore, tuttavia,mantiene l’azione di rivalsa nei confronti del responsabile in caso di sentenza dell’Autorità giudiziaria che ne riconosca lacolpevolezza per omesso approntamento o rimozione delle misure disicurezza.Il Testo unico punta a sviluppare la cultura della sicurezza per una prevenzione reale, allo scopo diridurre al minimo l’incidenza dell’evento lesivo,atteso che non esistono lavorazioni a rischio zero.Naturalmente l’efficacia e l’efficienza dell’impalcato appare legata al rispetto sostanziale e non formale dei contenuti,sia da parte dei tecnici, sia da parte delle imprese e sia da parte degli stessi lavoratori che vivono i rischi sulla propria pelle ad ogni momento, oltre che ai controlli da parte delle Autorità pubbliche competentila cui azione ha funzioni di prevenzione, indirizzo, oltre che dideterrenza.Uno dei nodi più complessi da sciogliere resta sicuramente lo sviluppo della cultura della sicurezza ad ogni livello.E non è unimpegno di semplice realizzazione, dato che sovente al rischio specifico della singola attività si aggiunge il rischio correlato per la simultanea operatività di più aziende nello stesso luogo ed il rischio ambientale.Infatti, le attività produttive, se non adeguatamente valutate e monitorate, possono creare situazioni di rischio non solo nei luoghi di lavoro, ma anche negli ambienti di vita circostanti.Il problema della sicurezza, dunque, si allarga e diviene una questione di salute pubblica, un momento di difesa sociale, una questione che investe la sostenibilità della salute di tutti gli esseri umani sul pianeta Terra, se non proprio l’urgenza dell’equilibrio ecologico.Non fosse altro solo per queste ragioni esiste una responsabilità sociale e morale di ognuno.Un ruolo determinante deve essere assoltodalla scuola di ogni ordine e grado, il cui compito istituzionale, oltre alla alfabetizzazione, è quello di preparare il cittadino con una cultura civica, inclusa la cultura della sicurezza, per il presente e in progress per il lavoro.Il lavoro sicuro della manodopera di domani dipende dall’integrazione dell’istruzione scolastica di oggi, in inglese mainstreaming.Il mondo dell’apprendimento, al di là dei fattori di contesto, deve fare del tutto per attrezzarsi di uomini e mezzi allo scopo di impartire agli allievi, fin dall’istruzione primaria, le nozioni fondamentali di sicurezza per i rischi dannosi presenti nell’uso quotidiano delle fonti di energia, delle macchine, dei prodotti chimici, delle emissioni audio e video, ecc.Tra i programmi dell’Agenzia di Bilbao rientra proprio l’istruzione scolastica per rafforzare la cultura della prevenzione, come da esperienze vissute in tanti Paesi dell’Unione.
La sicurezza èspesso considerata soltanto un costo per l’azienda e non sempre viene incluso nel budget. Si risparmia sulle protezioni dei ponteggi, sui collegamenti elettrici, sugli impianti di allarme, sulla fornitura dei dispositivi di protezione individuali, ecc.I rischi conseguenti vengono sottovalutati o ignorati, contando sulla casualità positivanell’uso della risorsa umana.Il fenomeno omissivo è più pesante in presenza di imprese marginali, improvvisate ed impreparate,che competono con il lavoro nero e ad alto rischio infortuni.
La prevenzione deve piuttosto essere accettata quale obbligo di legge e dovere civico, investimento produttivo di prospettiva per l’azienda, adempimento incomprimibile in qualsiasi fattispecie qualitativa e quantitativa,atteso che l’evento lesivo può colpire sempre e in ogni contesto.Il richiamato Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavorointerviene con un atteggiamento premiante. Applica una tariffazione del premioagevolata e fornisce sostegno economico alle imprese che fanno sicurezza, attraverso la riduzione dei rischi e degli infortuni, la formazione in azienda, il miglioramento e l’aggiornamento del proprio parco tecnologico obsoleto e pericoloso, ecc.In buona sostanza, la posta in gioco non lascia margini di manovra a nessuno: è da sempre la salvaguardia del bene inestimabile della salute e della vita dell’uomo e dell’uomo lavoratore in specie, bene che non ha prezzo materiale di mercato né un prezzo morale negoziabile.Senza comunque sottovalutare che l’infortunio haun costoeconomici a carico del responsabile per il risarcimento del danno e costi sociali immediati e di prospettiva, quali cure mediche e riabilitative, protesi, rendite da erogare, elementi che incidono per oltre tre punti di PIL del Paese Italia.
L’adeguamento legislativo della materia della sicurezza è variamente disciplinata negli ordinamenti statuali europei. Ad esempio, in Francia c’è un Codice del lavoro, in Spagna c’è un richiamo specifico in Costituzione, nel Regno Unito è relegata a rango di regolamentazione secondaria, in Germania è affidata ai vari Land.Non si pensi che il problema della sicurezza riguardi solo i cantieri o le officine.La tecnologia avanza e conquista anche l’ambiente domestico, immettendo in casa rischi elettrici, gas, fumi, vapori, ecc. nocivi alla salute dei collaboratori familiari e degli stessi componenti della famiglia che assumono la responsabilità per i primi.
RISCHI RICORRENTI NELL’AMBIENTE DOMESTICO:- il fuoco - l’elettricità - il gas - le sostanze chimiche- l’acqua - le cadute - le posture e i movimenti.
Le statistiche indicano un rimarchevole aumento del numero degli infortuni in ambito domestico.Appare interessante dare una sbirciata all’interno dei dati per avere un’immagine plastica sulla portata quali/quantitativa del fenomeno che non è affatto trascurabile.
GLI INFORTUNI IN CASA
Luogo dell’infortunio e sesso della vittima
M F
cucina 31,1 58,1
scale int. ed est. 9,8 9,3
soggiorno 11,7 8,2
camera letto 6,3 6,7
balc. terraz. giard. 14,5 5,5
cantine, garage 13,6 2,6
altri ambienti 13,0 9,6
Dal 1999 lo Stato ha riconosciuto dignità sociale al lavoro domestico, estendendo l’assicurazione contro gli infortuni dell’INAIL al lavoro domestico svolto in via non occasionale, gratuitamente e senza vincolo di subordinazione, finalizzato alla cura della propria famiglia. Nel lavoro dedicato alla cura della famiglia rientra quello eseguito nella dimora abituale con le relative pertinenze, case di villeggiatura in Italia, cura di animali.Si ritiene utile ed istruttivo accogliere le istruzioni didattiche fornite dallo studio preparato dall’INAIL-ISPELS 'Casa dolce casa? Come vivere la tua casa in sicurezza', muovendo dalle diagnosi e dai rimedi dettati anche dall’esperienza quotidiana.In definitiva.Le argomentazioni sviluppate hanno voluto compiere una panoramica di base e nonesaustivasulla necessità e l’urgenza della sicurezza, riguardata dalle angolazioni del posto di lavoro e sul posto di lavoro, della salute pubblica, dell’ambiente di vita.La correlazione tematica rientra nella campagna dell’EU-OSHA della città spagnola che agisce per una ampia e qualificata divulgazione.In questa Sede,che ha accettato l’invito, si è certi che da parte di tutti i convenuti si è voluto contribuire alla causa e ancor più allo sviluppo della cultura della legalità in questi luoghi. Trapani, 30 ottobre 2015 - Vito Di Bella
Inserito il 30 Ottobre 2015 nella categoria Relazioni svolte
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