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La maternità è stanca

Nel 2023 in Italia ci sono state 379mila nascite, un dato che ha toccato il minimo storico. Il dott. Benedetto Mirto ha affrontato documentalmente tale problematica

Relatore: Dott. Benedetto Mirto - Pediatra

LA MATERNITÀ È STANCA

Si riporta qui di seguito la relazione del dott. Benedetto Mirto

Immagine riferita a: La maternità è stancaImmagine riferita a: La maternità è stancaImmagine riferita a: La maternità è stancaMolto tempo fa, sono passati quasi 50 anni, un mio cliente molto generoso, grato per avergli curato amorevolmente il figlio, affetto da una patologia febbrile a lungo decorso, risoltasi felicemente, mi regalò un bel quadro di un bravo pittore trapanese emigrato a Roma, Lino Tardia, che rappresentava una maternità. Appesi il quadro nella stanza dove sono solito fare le visite, alle spalle della mia scrivania, sicché tutti entrando potessero guardarlo.

Qualche anno dopo si presentò nel mio studio il mio cliente in compagnia del famoso pittore e mi disse che il maestro era venuto per autenticare il suo dipinto, perché cominciavano a circolare alcuni falsi.

Il pittore scrisse di suo pugno nel retro della tela: 'questo quadro è stato da me dipinto.' E firmò.

Poi osservando il quadro, consapevole di parlare con un Pediatra, pronunciò questa frase:

'[b]Caro dottore, la maternità è stanca.' [/b]

Ascoltai quelle parole con un po’ di fastidio, ma non feci alcun commento. La considerai una battuta di artista. Pensai però: che ne sa questo di maternità?

Ci salutammo senza particolare entusiasmo ed io ripresi il mio lavoro.

Già nei giorni seguenti e poi nei mesi e negli anni, guardando quel quadro non potevo non pensare alle parole di Lino Tardia. Cominciai a riflettere su quell’affermazione e a trovare nel mio lavoro riscontri inaspettati e via via più puntuali: sempre più figli unici, sempre più madri che non allattavano al seno, sempre più gemelli, sempre più coppie separate o divorziate, sempre più 'famiglie allargate', sempre più madri ansiose, stressate…sull’orlo di una crisi di nervi.

Cosa può significare la maternità è stanca?

-        che le donne si siano stancate di accudire i propri figli.

-        che le donne abbiano esaurito il bisogno e la voglia di essere madri. (Io madre mai)

-        che il modello di famiglia tradizionale in cui il padre deve essere provvidente, la madre deve essere vigilante e i figli devono essere ubbidienti, quasi la famiglia del Mulino Bianco, sia diventato inattuale e sempre meno attuabile e che sia scomparsa la figura della [b]madre di famiglia.[/b]

-        che le donne, sedotte dai vari movimenti femministi, distinguendo criticamente tra sesso biologico e genere, tra fattore naturale innato e costruzione sociale e culturale, si siano emancipate a tal punto da volere modificare sé stesse e cambiare il mondo eliminando tutte le forme di dominio maschile (sessismo, classismo, omolesbotrans fobia, razzismo, colonialismo, guerre) e aspirando alla realizzazione di altri progetti e aspettative che non siano il matrimonio e la maternità’.

Sappiamo ormai che la emancipazione femminile è il motore dei cambiamenti della società ed è la causa prima della crisi del maschio.

che le donne, un po’ più avanti negli anni, già sopraffatte da un lungo lavoro, non accettino e sopportino malvolentieri la convivenza e il sostegnodi figli di 30/40 anni che [b]non vanno via da casa perché non riescono a trovare lavoro, a pagare l’affitto e a crearsi una relazione stabile.[/b]

Purtroppo può anche significare l’efferatezza di alcune madri nei confronti dei loro figli che apprendiamo sempre più spesso da notizie di cronaca che sconvolgono e lasciano esterrefatti.

 In questo caso la maternità non è stanca,è esausta.

Certo è passato tanto tempo da quando furono pronunciate le parole 'Tu uomo lavorerai con fatica, tu donna partorirai con dolore'.

Oggi le donne, dopo avere partorito per millenni, non vogliono più farlo: i figli sono finiti.

Questa sera parleremo di questo argomento, cercando di creare le premesse per una vivace discussione.

Partiamo da alcuni dati di statistica (ISTAT, EUROSTAT):

-        379.000 i bambini nati in Italia nel 2023;

-        4800 nascite in meno nei primi sette mesi del 2024;

(la riduzione della natalità riguarda sia i nati di cittadinanza italiana che straniera).

-        Dal 2008 anno dell’inizio della crisi economica mondiale si ha avuto in Italia un graduale progressivo calo delle nascite che ha portato al minimo storico del 2023,con una riduzione di circa 200.000 nascite.

-        1,24 numero medio di figli per donna nel 2022, 1,20 nel 2023.

(la riduzione ha interessato tutto il territorio nazionale).

-        6,4 il tasso di natalità (nascite ogni 1000 abitanti) nel 2023, 6,7 nel 2022.

-        9,1 tasso di natalità media dell’Unione Europei nel biennio 2020 – 2021.

-        48,4 anni nel 2023 l’età media della popolazione italiana, 44,5 quella della popolazione dell’UE.

(ciò significa che metà della popolazione italiana supera i 48 anni).

-        31,2 età media della popolazione italiana degli anni 60 (50.000.000 di abitanti). Nascevano più di 1.000.000 di bambini l’anno.

-        altro dato negativo il rapporto tra natalità e mortalità: 7 neonati contro 12 decessi ogni 1000 abitanti.

-        35,5 anni per gli uomini e 32,5 per le donne l’età media delle donne al matrimonio nel 2023 contro 25,5 anni per gli uomini e 22,5 anni per le donne nel 1960.

-       32,5 anni, oggi è l’età media della donna al parto.

Tutto ciò configura quello che viene definito, l’INVERNO DEMOGRAFICO ITALIANO.

L’ERA GLACIALE DELLE NASCITE. 

Siamo il paese più vecchio d’Europa ed il secondo al mondo dopo il Giappone, invecchiamento dovuto anche all’allungamento della vita media: 80,5 anni la durata della vita media degli uomini; 84,8 anni quella delle donne.

14 milioni gli italiani con età superiore a 65 anni, 1 milione gli ultranovantenni, dato questo che non dispiace, perché alimenta la speranza di poterci arrivare pure noi.

Si stima che nel 2070 gli ultra novantenni diventeranno 2.2 milioni, di cui 145.000 ultracentenari.

Tutto ciò avrà un impatto enorme sulla spesa sanitaria occorrente, per dare qualità di vita ad una popolazione così invecchiata.

Ma se guardiamo cosa succede nel mondo, ci rendiamo conto che anche paesi considerati avveniristici, ultra dinamici, come Corea del Sud, Taiwan, Singapore, Hong Kong e Giappone, le tigri asiatiche, hanno una fecondità che varia da 0,7 a 0,97figli per donna anche loro con progressiva riduzione negli ultimi 20 anni.

Sono cambiati gli stili di vita e la competizione sul lavoro è molto forte.

Le donne sono cresciute fortemente nel loro livello di istruzione e vogliono realizzarsi nel lavoro, ma se vogliono avere figli si scontrano con ambienti di lavoro rigidi e competitivi e con aspettative molto tradizionali di divisioni di ruoli nella coppia da parte degli uomini e delle generazioni precedenti che porta anche alla rinuncia di sposarsi.

E i governi ne stando prendendo atto perché contano i danni di politiche disattente e cercano di correre ai ripari.

E invece c’è mamma Africa, che dice: 'largo ai figli, lo spazio, qui non manca'.

L’Africa è un continente di figli giovani e giovanissimi.

La sua popolazione è in continua crescita, è quella con l’età media più bassa al mondo. Secondo le stime ONU, di qui a 30 anni gli africani saranno quasi2 miliardi e 200 milioni di persone (oggi sono 1 miliardo e mezzo).

Di questi circa il 70% sono al di sotto dei trenta anni di età.

Entro il 2035 la metà degli Africani abiteranno nelle città: 17 megalopoli, con oltre 5.000.000 e 6 super megalopoli con oltre 10.000.000 di abitanti.

Nessuna altra parte del mondo si va urbanizzando ad un ritmo così frenetico.

Non c’è dubbio che il motore di questo fenomeno siano i giovani, attratti dalla ricchezza, dalle opportunità e dalle innovazioni che le metropoli offrono.

Questi giovani capaci di affrontare difficoltà, condizioni spesso invivibili, servizi assolutamente insufficienti riescono uniti a protestare energicamente con i vari governi per far valere i loro diritti.

Largo ai giovani, AFRICA.

La tendenza a posticipare la maternità ha portato ad una riduzione della fecondità della donna: più si ritarda la decisione di avere figli, più si riduce l’arco temporale a disposizione delle potenziali madri.

Abbiamo visto che nel 2023 l’età media al parto è stata di 32,5 anni.

Mi viene da pensare quando un giorno in ospedale il Professore Scio, mi chiamò in sala parto per assistere il neonato di una donna che definì 'primipara attempata'. Quando gli chiesi quanti anni avesse la madre, mi rispose 28 anni 'primipara attempata'.

Oggi le primipare attempate sono sempre più numerose ed anche il protocollo dei parti è cambiato.

I reparti di ostetricia abbondano di quarantenni per le quali i medici, in condizioni di normalità, optano per il parto naturale quando a questa età, in passato, era obbligatorio il parto cesareo.

Esiste un’[b]età per diventare padri e madri legata all’orologio biologico, ed è invece sempre più diffusa la tendenza a rinviare il momento di diventare genitori subordinandolo al raggiungimento di una stabilità economica o ad obiettivi di carriera.[/b]

Ma spesso gioca un ruolo non indifferente il volersi considerare sempre giovani e senza limiti di età.Esiste oggi una notevole distanza tra il momento dello sviluppo in cui c’è la possibilità di procreare e la reale condizione di diventare padre o madre.

In questo intervallo troppo lungo si consolidano sia per l’uomo che per la donna condizioni di benessere, di soddisfazioni di lavoro, di libertà, non favorevoli a cambiare stato.

Nella donna, anche la deformazione della propria immagine, il timore di perdere i connotati con la gravidanza gioca un ruolo non indifferente, insieme alla diffusione dei contraccettivi orali.

Inoltre la cosiddetta 'famiglia coniugale nucleare' (padre madre e figli che vivono da soli), attualmente la più diffusa nel nostro Paese rappresenta un fattore negativo perché non può contare sulla vicinanza e sul sostegno di parenti e amici.

E poi tutte le emozioni, le paure, le fragilità che accompagnano l’avventura di diventare madre perché un figlio è in primo luogo un’assunzione di responsabilità sine die.

La nascita di un figlio rivoluziona i nostri ritmi di vita (sonno, veglia, pasti), le nostre abitudini, le nostre libertà.

'Ogni figlio che mettiamo al mondo è un pezzetto della nostra libertà che se ne va' dicela Duchessa Spadafora Ingham a Giulia Florio nei Leoni di Sicilia.

Nessun bambino chiede di nascere.

Non esiste il dovere di fare un figlio, ma esiste il diritto di un bambino di avere una madre, possibilmente: serena, gioiosa,non sfinita, non trascurata, che non si senta poco amata e mai ringraziata.

[b]Forse è giunto il tempo di sentirci nuovamente umani. [/b]

Occorre sensibilizzare i giovani, anche in ambito scolastico, arrivando a creare una cultura del 'concepimento' e della 'genitorialità' che li metta nelle condizioni di potersi sentire sereni nel creare una famiglia.

La genitorialità deve essere vista come vantaggio e non come ostacolo perché garantisce alla società una ricchezza non solo demografica ma anche economica e sociale. Rappresenta il futuro.

Questo ha sostenuto Papa Francesco intervenendo alla IV Edizione degli Stati Generali della Natalità che si è tenuta a Roma il 09-10 maggio 2024.

Agli Stati Generali della Natalità partecipano numerosi esperti appartenenti al mondo della medicina, della politica, delle imprese e del giornalismo che cercano di identificare soluzioni condivise per affrontare l’emergenza del calo delle nascite.

Per favorire la natalità servono concrete politiche di sostegno.

In Italia oltre 700.000 famiglie con minori vivono in condizioni di povertà assoluta.

Gli interventi per migliorare la natalità non si dovrebbero limitare a fornire aiuti economici alle famiglie,

ma dovrebbero favorire in primo luogo la possibilità per le donne di conciliare il lavoro con la famiglia.

Una donna su cinque si dimette nel primo anno di vita del primo figlio.

La childpenalty, in America, quantifica quanta carriera si perde diventando madri.

-        44.669 sono le lavoratrici madri che hanno lasciato il lavoro nel 2022;

-        55%il tasso di occupazione delle donne tra i 25 e i 49 anni con figli sotto i 6 anni contro il 76%

delle donne della stessa età senza figli.

-        63% le donne che si dimettono per la fatica di conciliare lavoro e figli contro il 7% degli uomini.

-        Il tempo medio dedicato ogni giorno al lavoro di assistenza e cura in casa è di 5 ore per le donne contro 1.48 ore per gli uomini.

-         A parità di competenze e di mansioni le donne vengono retribuite meno dei colleghi uomini soprattutto nel settore privato.

-        11% è la differenza retributiva orarie media uomini/donne (tra i dirigenti sale al 13%).

La discontinuità lavorativa e il divario salariale hanno un impatto diretto anche sul reddito pensionistico.

La precarietà, figlia del pregiudizio che le aziende hanno nei confronti delle donne, comporta contratti a termine o part time o addirittura lavoro nero.

Le politiche a sostegno della natalità devono riguardare complessivamente diversi aspetti del contesto sociale ed economico:

-        Il lavoro;

-        Il reddito di lavoro;

-        Le agevolazioni fiscali;

-        L’accesso alle abitazioni;

-        La disponibilità di servizi per l’infanzia;

-        Il rafforzamento della rete degli asili nido soprattutto nei territori più carenti assicurando la copertura dei posti e condizioni di accessibilità eque e compatibili con la potenzialità di spesa delle famiglie garantendo rette basse o nulle;

-        La disponibilità di scuole di qualità.

-        Un sistema sanitario efficiente e tempestivo nel rispondere ai bisogni

-        Una parità di genere sia nell’autonomia economica sia nella responsabilità di cura.

-        Politiche migratorie accoglienti, che portino lavoro per gli stranieri, sostenute da un’adeguata programmazione.

L’esperienza di altri paesi come la Francia o la Svezia indica che l’indice di fecondità è più alto dove l’occupazione femminile è maggiore.

Sostenere la maternità delle dipendenti è uno degli investimenti più remunerativi per la competitività

delle aziende.

Assecondare le esigenze di salute e benessere dei propri dipendenti rispetto alle scelte riproduttive giocherà sempre di più un ruolo fondamentale nell’attrarre e nel trattenere una forza lavoro di alta qualità e diversificata.

E anche se l’avvento dell’intelligenza artificiale può fare paura, sono le persone con le loro competenze e motivazioni a fare la differenza nello sviluppare il potenziale delle macchine.

[b]Qualità della vita, non sfruttamento sul lavoro, no gender gap nei salari.[/b]

Tutto questo è auspicabile.

 In questo clima di stanchezza generale che è sempre più diffuso nella società attuale ci sono sempre più padri che si prendono cura dei figli piccoli. Sembra che non si tratti solo di un fenomeno culturale ma sia

 

 

 

una condizione biologica tipica dell’uomo e non degli altri mammiferi evolutasi nei millenni come una sorta di 'selezione sociale Darwiniana 'che ha creato nel cervello degli uomini un potenziale materno pronto ad affiorare al momento giusto.

 

E il momento giusto è già iniziato nel XX secolo grazie a innovazioni sociali come l’emancipazione femminile, e a conquiste pratiche come il biberon con tettarella.

Ma il boom dei padri accudenti si è avuto in questi ultimi anni grazie ad ulteriori innovazioni come il congedo di paternità pagato, il telelavoro ed una maggiore fluidità culturale nei ruoli di genere.

Ci sono più uomini che si occupano dei neonati oggi che in tutta la storia della nostra specie e le statistiche rilevano il fenomeno in incremento.

Recenti ricerche hanno evidenziato come la precoce intimità con il neonato provochi nell’uomo cambiamenti ormonali molto simili a quelli che avvengono nella madre che hanno rilevanza nel favorire l’attaccamento e la cura.

L’[b]istinto materno è stato sempre considerato una predisposizione innata delle donne all’accudimento dei figli, una sensibilità estrema tipicamente femminile alle esigenze e ai bisogni dei figli.[/b]

Oggi il mito dell’istinto materno è crollato.

Ci sono sempre più studi di medicina, di storia e di antropologia che affermano che l’istinto materno non è un concetto scientifico ma una [b]costruzione sociale che ha influenzato nel tempo la percezione e la rappresentazione della femminilità e della maternità.[/b]

Abbiamo già detto come per molte donne emancipate l’identificazione con la natura è di tipo svalutativo.

ScriveSB Ortner che 'la cultura è considerata superiore alla natura perché ha la capacità di trasformare, di 'socializzare' e 'culturalizzare'  la natura stessa.

E giàPascal aveva affermato che 'la cultura è la nostra natura'.

La natura umana si realizza quindi mediante la cultura.

Quindi genitori non si nasce ma si diventa, la cultura della [b]mascolinità accudente sta portando nuovi modelli positivi di COGENITORIALITA’.[/b]

In mancanza anche di quella comunità accudente che esisteva e che si è persa.

A questo punto dopo aver considerato tutte queste situazioni alle quali forse non avevamo mai pensato, ma che il pittore Lino Tardia, cinquanta anni fa aveva forse intuito, dobbiamo prendere atto che la [b]maternità è stanca, e lo è forse a ragione; e che questa stanchezza, nelle condizioni attuali, può essere giustificata.[/b]

Rivolgiamo il pensiero anche a quelle donne che fanno di tutto per avere un figlio e non ci riescono.

Ogni singola donna può diventare madre seguendo la sua natura e la sua cultura, anche se a volte la scelta può essere faticosa e dolorosa, senza farsi condizionare come in passato dalla [b]TRADIZIONE, dalla RELIGIONE e dal POTERE POLITICO,entità che contrastano con ogni forma di LIBERTA’ personale.[/b]

E come diceva Lady Violet, indimenticabile personaggio della famosa serie televisiva DOWNTON ABBEY:

 

[b]SONO UNA DONNA E POSSO AVERE TUTTE LE CONTRADDIZIONI CHE VOGLIO.[/b]

Autore Rocco

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Inserito il 17 Dicembre 2024 nella categoria Relazioni svolte