Il dott. Giovanni Milazzo, studioso di filosofia etica, ha illustrato l'illuminismo francese con particolare attenzione al grande Rousseau
Relatore: Dott. Giovanni Milazzo
Tutti i temi dell’Illuminismo francese sono desunti da quello inglese, tranne uno, quello della Storia. L’elaborazione del problema della Storia, con la sua contrapposizione alla tradizione, è il contributo più notevole ed originale dell’Illuminismo francese al pensiero filosofico del XVIII secolo.
Montesquieu (gennaio 1689 – febbraio 1757)
Autore, fra gli altri, delle 'Lettere ai Persiani' e dello 'Spirito delle Leggi'. Sotto la diversità capricciosa degli eventi, la Storia ha un ordine che si manifesta in leggi costanti. Scrive nella prefazione 'Io ho posto i principi e ho visto i casi particolari piegarsi ad essi, le storie di tutte le nazioni ne derivano per conseguenza….la legge è il rapporto necessario che deriva dalla natura delle cose'.
L’uomo, come essere fisico, come tutti gli altri corpi è governato da leggi immutabili. E’ soggetto all’ignoranza ed all’errore come tutte le intelligenze finite e come soggetto sensibile è sottoposto alle passioni.
In tali condizioni può dimenticare il suo creatore e Dio lo chiama a sé con le leggi della religione.
L’uomo può dimenticare se stesso ed i filosofi lo avvertono con le leggi morali.
L’uomo fatto per vivere in società, potrebbe dimenticare gli altri ed i legislatori lo hanno chiamato ai suoi doveri con le leggi politiche e civili. Le leggi sono diverse come tante sono le attività umane. Esse riguardano l’educazione, l’amministrazione della giustizia, la vita familiare e l’intero assetto e costume di vita. Egli M. è stato il primo a mettere in luce l’influenza delle circostanze fisiche specialmente del clima sul temperamento, sui costumi, sulle leggi e sulla vita dei popoli. Ma l’uomo può reagire a queste influenze: quanto più il clima porta l’uomo al riposo, tanto più le cause morali, la religione e le leggi lo devono allontanare da esse.
Montaigne, sviluppando la sua riflessione sul concetto di libertà, sostiene che essa appartiene ai governi moderati, in cui ogni potere trovi il limite che gli impedisce di prevalere sugli altri. Ecco allora la separazione dei poteri legislativo, politico e giudiziario. La libertà del cittadino deve essere garantita dalla natura particolare delle leggi da cui come corollario ne discende la sicurezza nell’esercizio dei diritti di ogni cittadino.
Francois Voltaire (Parigi novembre 1694 - maggio1778)
Fra le opere citiamo il 'Filosofo Ignorante', 'Candido o dell’Ottimismo', ' Il Micromega 'e ' Il disastro di Lisbona'.
Caratteristica del voltarismo è l’ironia, il sarcasmo, la satira, l’irrisione. Combatte la massima che 'tutto è bene' considerandola come un insulto ai dolori della vita e vi contrappone la speranza in un superiore avvenire, dovuto all’opera dell’uomo.
Voltaire non è né ottimista né pessimista. Il male ed il bene sono due realtà del mondo non spiegabili con i lumi della ragione umana.
L’uomo deve convincersi che il mondo è come deve essere, senza lamentarsi, con la deduzione di una serena accettazione della realtà. L’uomo è imperfetto e se fosse perfetto sarebbe Dio. Inoltre non può astrarsi dagli altri uomini e deve pensare agli oggetti esterni con i quali ha un rapporto necessario. V. e Pascal riconoscono che l’uomo è legato al mondo, ma mentre il primo vuole che si riconosca ciò, il secondo vuole che l’uomo se ne liberi e se ne distolga.
V. riconoscendo che il creato e la materia sono organizzate da Dio, nega che egli intervenga su di essi: 'Dio ha messo gli uomini e gli animali sulla terra ed essi devono pensare a condursi per il meglio'.
Nel 'Filosofo Ignorante': 'sarebbe strano che tutta la natura, tutti gli astri obbedissero a leggi esterne e che vi fosse un piccolo animale alto cinque piedi che, a dispetto di queste leggi potesse sempre agire come gli piace, solo secondo il suo capriccio'.
La filosofia, la storia ed il progresso.
Presso tutte le nazioni, la storia è sfigurata dalle favole e solo la filosofia illumina la mente dell’uomo. Quando la filosofia arriva, trova la mente degli uomini accecata da secoli di errori. Bisogna epurare ed eliminare i dettagli delle guerre e delle vicende umane, scegliere gli eventi più significativi e delineare la storia dello spirito umano. Fra la massa materiale informe e bruta occorre scegliere quello che occorre a costruire l’edificio.
A V. importa mettere in luce la rinascita ed il progresso dello spirito umano, con i tentativi della ragione di affrancarsi dai pregiudizi e di porsi come guida della vita associata dell’uomo. Il progresso è il dominio della ragione esercitato sulle passioni nelle quali sono radicati tutti gli errori. La storia per V. è l’essenza dell’Illuminismo, del rischiarimento progressivo dell’uomo. Quindi affermazione della storicizzazione dell’Illuminismo o nel suo riconoscersi nel passato. Il passato non intende annullare la problematicità della storia ed il nostro V. si sente egli stesso uno strumento di quella forza liberatrice della ragione.
Montesqieu aveva chiarito due principi importanti: 1) la presenza nella storia di un ordine dovuto a leggi ; 2) il carattere non necessario di queste leggi che condizionano gli eventi storici ma non li determinano.
Voltaire ed altri formularono altri due concetti: 3) l’ordine della storia è progressivo ma non necessariamente tale; 4°) il progresso della storia consiste nella crescente prevalenza della ragione come guida dell’attività umana.
Enciclopedia
Massimo strumento della diffusione del pensiero illuministico fu, senza dubbio, l’'Enciclopedia ovvero Dizionario ragionato delle scienze, delle arti e dei mestieri'.
Essa nacque dall’idea di un modesto libraio parigino di tradurre dall’inglese il Dizionario universale delle arti e delle scienze.
Diderot mutò il piano in un progetto più ambizioso, si circondò di validi collaboratori e ne rimase direttore durante la pubblicazione delle varie edizioni, avvenute fra alterne vicissitudini.
Il 1° Volume venne pubblicato nel 1751. Dopo il secondo volume, l’opera subi un arresto per lì opposizione degli ambienti religiosi e grazie all’intervento di Madame de Pompadour poterono venire alla luce le altre edizioni fino alla settima
L’opera non continuò per discordie interne ed opposizioni esterne. Da notare che gli esponenti più insigni della cultura illuministica non figurano fra i redattori o vi figurano in maniera marginale.
Montesqieu scrisse solo un articolo sul Gusto, lontano dal suo filosofare, Voltaire collabora ai primi due volumi e D’Alambert abbandona presto l’impresa. Occorre dire che l’Enciclopedia, in realtà, non è la grande opera che si vuole far credere e non è priva di errori ed incongruenze relative alla cultura del tempo. Le si deve merito di essersi diffusa in tutta Europa ed ebbe grande efficacia su uno dei capovolgimenti sociali e politici della società del tempo.
La figura dominante fu Diderot attorno a cui si coagularono figure come Grim, Helvetius e lo stesso Rousseau.
Denis Diderot ( ottobre 1713 – luglio 1784)
Spirito universale, fu filosofo, letterato, romanziere, matematico, critico d’arte. La sua dottrina illustra i temi fondamentali dell’Illuminismo: la fede nella Ragione e l’esercizio del dubbio radicale. La ragione è la sola guida dell’uomo e ad essa appartiene il giudizio sui dati dei sensi.
I dubbi che la ragione pone, anche in materia di religione, non possono che essere benefici e lo scetticismo più radicale è il solo metodo cui bisogna attenersi. Tuttavia Diderot riconosce i limiti della ragione umana. Negli studi delle scienze astratte, le parole si sono moltiplicate senza fine e la vera conoscenza delle cose è rimasta indietro. La filosofia deve dedicarsi allo studio dei fatti. Profetizza che da li a 100 anni la matematica verrà sostituita dalla morale, dalle belle arti, dalla fisica e dalla storia della natura.
Nel 'De Interpretation de la nature' sostiene che il mondo è un grande animale e Dio è l’anima di questo animale. Dio 'anima mundi'. Paragona Dio ad un ragno la cui tela è il mondo e che attraverso i fili percepisce tutto ciò che è a contatto con la tela. Tutti gli esseri della terra sono animati, tutti gli organismi viventi si sviluppano e si trasformano gli uni negli altri. Riaffiora la teoria dell’Evoluzionismo ed il suo pensiero oscilla tra deismo e panteismo. Nell’uomo Dio agisce come nella natura attraverso gli istinti e le passioni. Nei 'Penseés philosophiques' scrive che
'il colmo della follia è di proporsi la rovina delle passioni. Bel progetto quello di un devoto che si tormenta come un forsennato per non desiderare niente, per non amare niente, per non sentire niente e che finirebbe per diventare un vero mostro se vi riuscisse'.
L’equilibrio morale consiste nella giusta armonia fra le passioni: se la speranza è bilanciata dal timore, il punto d’onore dall’amore per la vita, la tendenza al piacere dall’interesse per la salute, non ci saranno né libertini, né temerari, né vigliacchi. Per Diderot sostanzialmente un ritorno alla natura.
Nel 'Supplemento al viaggio di Bougainville' egli descrive un’ isola della fantasia nella quale la vita umana si abbandona agli istinti primitivi indipendentemente da ogni prescrizione morale e religiosa e fa vedere come tali istinti garantiscano la felicità degli individui e della loro comunità.
Rousseau
Un posto a parte nell’Illuminismo occupa Rousseau.
L’illuminismo non aveva fatto della ragione la sola realtà umana; ne aveva riconosciuto i limiti ed aveva riconosciuto la forza, il valore dei bisogni, degli istinti e delle passioni. Aveva tuttavia posto nella ragione la vera natura dell’uomo, cioè l’ordine normativo al quale la vita umana va ricondotta nella molteplicità dei suoi elementi costitutivi. Da questo punto sembra che R. abbia infranto l’ideale illuministico: la natura umana non è ragione; è istinto, sentimento, impulso, spontaneità. I suoi prodotti e le sue maggiori creazioni non impediscono il traviamento dell’uomo, se essa non si riporta all’istinto e non si adegua alla spontaneità naturale. L’Illuminismo vuole portare l’istinto alla ragione, R. la ragione all’istinto.
La vita
Jean Jacques Rousseau nacque a Ginevra il 28 giugno 1712 e morì a Ermenoville il 2 luglio 1778, all’età di 66 anni ed ancora la rivoluzione non era esplosa.
Figlio di un orologiaio, ebbe una infanzia disordinata e fantastica.
A soli 14 anni scappa da Ginevra e dopo numerose peripezie approdò a Chambery da Madame de Warens che le fu madre, amica, amante e dove potè istruirsi e dove trascorse gli anni più felici della sua vita.
Nel 1741 si recò a Parigi dove venne a contatto con gli uomini più colti e dove conobbe Diderot che andò a trovare in carcere e del quale lesse subito nel 'Mercure de France' il tema proposto dall’Accademia di Digione per il concorso 'Il progresso delle scienze e delle arti ha contribuito al miglioramento del costume?'
Tale argomento – scriverà R. fu motivo della sua illuminazione e dell’orientamento della sua dottrina. Nel 1750 pubblicò il 'Discorso sulle Scienze e le Arti' che gli procurò molto successo e che finalmente gli consentì di essere accolto nei circoli culturali più esclusivi di Parigi.
Ma il suo carattere scontroso, timido e sospettoso non era fatto per le relazioni sociali. In precedenza aveva sposato Teresa Levasseur, donna grossolana ed incolta alla quale rimase legato fino alla morte.
Tornato a Ginevra dove le sue stranezze e la scontrosità del suo carattere gli procurarono antipatie ed ostilità, ritornò a Parigi ospite di Madame d’Epinay, presso la foresta di Montmorency e successivamente fu ospite del Maresciallo di Luxemburg. Questo ( 1758 -1762) fu il periodo più fecondo durante il quale scrisse 'La Nouvelle Heloise', 'l’Emile' ed il 'Contratto Sociale'.
'L’Emilio' fu l’opera considerata empia e blasfema e R. fu costretto a lasciare la Francia e divenne ospite in Inghilterra di Davide Hume. Litigò pure con il suo ospite, accusato di complottare con i suoi nemici e ritornò a Parigi dove trascorse gli ultimi anni inquieti e tormentati descritti nei 'Sogni inquieti di un viandante solitario'.
I suoi resti mortali riposano in un grande ed austero sarcofago, solenne e solitario nel Pantheon degli uomini illustri di Francia, non lontano dalle spoglie dei coniugi Curie, a pochi passi dalla Sorbona.
Nell’opera di R. l’entusiasmo e l’oratoria prevalgono di gran lunga sull’unitarietà del pensiero, sul ragionamento e la dimostrazione. Si è perfino dubitato se i vari aspetti del suo pensiero si possono ricondurre ad una coerenza che garantisca l’unità della sua personalità di filosofo. Mentre, soprattutto nella 'Nuova Eloisa' e nei 'Discorsi', si fa propugnatore di un individualismo radicale per il quale l’uomo non può e non deve riconoscere altra guida che il suo sentimento interiore; dall’altro lato, nel 'Contratto Sociale' bandisce un intransigente assolutismo politico, per il quale l’individuo è interamente sottoposto alla volontà del corpo politico. Nelle prime due opere citate egli considera la società umana una costruzione artificiosa che limita e distrugge la spontaneità della vita umana, nel 'Contratto Sociale' pone lo stato civile al disopra dello stato naturale e ne fa vedere i vantaggi. Questo contrasto, a prima vista dicotomico ed insuperabile, forse può essere eliminato e risolto con un chiarimento dei rapporti che intercorrono – secondo R. - tra lo stato naturale e lo stato attuale e reale dell’uomo.
Lo stato di natura
Il motivo dominante dell’opera di R. è il contrasto tra l’uomo naturale e l’uomo artificiale: l’altruismo – per esempio- nasce dall’amore che si ha per se stessi, dall’obbedienza discende il potere di dirigere.
R. certamente non ignorava i rapporti dialettici tra termini contrapposti solo apparentemente. Hengel riteneva il Discorso sull’Enegualianza un modello di ragionamento dialettico. Per il Lanson, le contraddizioni di R. derivano dal fatto che la ragione è dominata dalla sua sensibilità. D’altronde la risoluzione dialettica della contraddizione costituisce elemento dominante del ragionamento sistematico che si ritrova in Hegel e Marx. Un esempio: R. dopo aver dimostrato i gravi pericoli delle religioni rivelate e la superiorità della religione naturale, emotivamente delinea i meriti del cristianesimo.
Nel 1° libro dell’Emilio scrive: 'tutto è bene quando nasce nelle mani dell’Autore delle cose, tutto degenera fra le mani dell’uomo.'
Di questa degenerazione fa un’analisi spietata e amara che richiama quella di Pascal. I beni che l’umanità ha acquisito, il sapere, l’arte, la scienza, le comodità non hanno contribuito alla felicità dell’uomo, ma lo hanno allontanato ed estraniato dalla natura, contribuendo alla ineguaglianza, da cui nascono tutti i mali sociali. Il lustro che la civiltà ha dato all’uomo è soltanto apparenza. Rifugiandosi nel mondo l’uomo tenta di sfuggire alla sua povertà interiore.
Casi accidentali che hanno rovinato la originaria natura umana sono in primo luogo la nascita della proprietà, poi l’istituzione della magistratura, infine il mutamento del potere legittimo in potere arbitrario; alla prima si deve la condizione di ricco e di povero, alla seconda quella di potente e di debole ed al terzo quella di padrone e schiavo che è l’ultimo stadio di ineguaglianza.
Certamente l’uomo può risalire dallo stato di crisi in cui si trova verso lo stato originario. Infatti la decadenza è dovuta a cause accidentali ed estranee sulle quali può agire la volontà umana. Ne discende per R. che il progresso è il ritorno alle origini, cioè alla natura, meta ideale. Ma – ed è importante- questa condizione non è uno stato di fatto: 'Essa- egli dice nella prefazione del 'Discorso sull’Eneguaglianza'- è uno stato che non esiste più, che probabilmente non esisterà mai, ma di cui è necessario tuttavia avere nozioni giuste per ben giudicare del nostro stato presente'. Lo stato di natura o la natura originaria umana è dunque soltanto una norma di giudizio, un criterio direttivo per sottrarre l’uomo al disordine ed alla ingiustizia della sua presente condizione e riportarlo all’ordine ed alla giustizia che gli devono essere propri e che gli appartengono. Lo stato naturale non è ma deve essere nel senso che l’uomo ha la possibilità e l’obbligo di tendere ad esso.
'La Nuova Eloisa', 'l’Emilio' ed il 'Contratto Sociale' sono le opere nelle quali R. stabilisce le condizioni per le quali la famiglia, l’individuo e la società possono tornare alla loro condizione naturale, uscendo dalla degenerazione artificiale nella quale sono caduti.
'La Nuova Eloisa'
E’ la storia di due giovani amanti contrastati nel loro amore dalla volontà dei parenti, dal loro egoismo e dalle convenienze sociali.
'La Nuova Eloise' è l’affermazione della santità del vincolo familiare, fondato sulla libera scelta degli istinti naturali. Così R. fa parlare un personaggio che difende la coppia, Milord Eduard: 'Il legame coniugale non è forse il più libero, come il più sacro degli impegni? Sì, tutte le leggi che lo mortificano sono ingiuste, tutti i padri che osano fermarlo sono tiranni. Questo casto nodo della natura non è sottomesso né al potere sovrano, né alla autorità paterna, ma alla sola autorità del Padre comune che sa comandare i cuori e che, ordinando loro di unirsi, li può costringere ad amarsi……'
'Che il rango sia regolato dal merito e l’unione dei cuori dalla loro scelta, ecco il vero ordine sociale; coloro che lo regolano con la nascita o la ricchezza sono i veri perturbatori di quest’ordine e sono essi che vanno condannati o puniti' (Nouv. Hel.cap II., lett.2°).
Per il vincolo coniugale il ritorno alla natura vuol dire quindi la libertà della scelta guidata dall’istinto.
'Le Contrat Social'
Il Contratto vuole essere per la politica ciò che la 'Nuova Eloise' è per la famiglia: il riconoscimento delle condizioni per le quali la comunità può ridursi alla natura, cioè ad una norma fondamentale di giustizia.
L’opera delinea una comunità etico - politica, nella quale ciascun individuo non ubbidisce ad una volontà estranea, ma ad una volontà generale che egli riconosce come propria, in ultima analisi a se stesso. L’ordine sociale non è un ordine naturale; nasce tuttavia per necessità naturale quando gli individui non sono in grado di vincere le forze che si oppongono alla loro conservazione. Il problema che si pone è il seguente, dice R.: ' trovare una forma di associazione che difenda e protegga con tutta la forza comune la persona ed i beni di ciascun associato e per la quale ciascuno, unendosi con tutti, non obbedisca tuttavia che a se stesso e rimanga libero come prima'.
Questo problema è risolto dal patto che è alla base della società politica. La clausola fondamentale di questo patto è la alienazione totale di ciascun associato, con tutti i suoi diritti a tutta la comunità. In cambio della sua persona privata, ciascun contraente riceve la nuova qualità di membro o parte del tutto; si genera così un corpo morale collettivo, composto di tanti membri quanti voti ha l’assemblea, corpo che ha il suo io comune, la sua vita e la sua volontà.
Con il passaggio dallo stato di natura allo stato civile, l’uomo sostituisce nella sua condotta la giustizia all’istinto e dà alle sue azioni la moralità che prima mancava. Parole testuali 'Allora solamente la voce del dovere succede all‘impulso fisico ed il diritto succede all’appetito e l’uomo che fino ad allora aveva considerato solo se stesso, si vede costretto ad agire su altri principi ed a consultare la ragione prima di ascoltare le sue tendenze'.
Il passaggio dallo stato di natura allo stato civile non è dunque una decadenza dell’uomo, se lo stato civile è, come deve essere, la continuazione ed il perfezionamento dello stato di natura.
Tutta l’opera di R. è dedicata ad illustrare le condizioni per le quali esso sia o si mantenga tale.
La volontà del corpo sociale è la volontà generale che non è la somma delle volontà particolari ma quella che tende all’utilità generale e quindi non può sbagliare.
Le leggi sono emanazioni di tale volontà e non sono gli ordini di un uomo o più uomini, ma le condizioni per la realizzazione del bene pubblico.
Il governo è intermediario fra i sudditi ed il corpo politico sovrano. I governi tendono a degenerare opponendosi alla sovranità del corpo politico con la volontà particolare che si oppone alla volontà generale.
I depositari del potere politico non hanno nessuna autorità legittima verso il popolo che è il vero sovrano. 'Essi non sono i padroni del popolo, ma i suoi ufficiali ed il popolo può stabilirli e destituirli quando gli piace.. Non è questione per essi di contrattare, ma di obbedire'.
Un patto sociale stabilito a tali condizioni garantisce, secondo R. la libertà dei cittadini perché garantisce che ciascuno dei suoi membri non obbedisce che a se stesso.
Perciò, R. afferma la preminenza della volontà generale nelle decisioni che in linea di fatto il popolo prende, esigendo la completa subordinazione dell’individuo alla volontà generale, perché al di fuori di essa, non può avere che interessi ingiusti.
In altri termini la vera natura dello Stato non è quella di dare agli individui un sostituto della libertà naturale, bensì un’altra forma di libertà che garantisca all’individuo ciò che la libertà naturale gli garantiva con la felicità. Assunta la necessità di una vita associata, il ritorno alla natura di questa vita associata è per R. come ordine e disciplina razionale dell’istinto. Anche qui la natura non vale se non come norma cioè come un criterio di ordine e giustizia.
L’Emilio
Nella 'Nuova Eloise' e nel 'Contratto Sociale', R. ha chiarito il significato del ritorno alla natura rispettivamente della società familiare e di quella politica. Nell’Emilio egli chiarisce le stesse condizioni per l’individuo.
Qui tutto dipende dall’educazione: all’educazione tradizionale che opprime e distrugge con una soprastruttura artificiale la natura originaria, bisogna sostituire un’educazione che si proponga come unico fine la conservazione ed il rafforzamento di tale natura. L’Emilio è la storia di un fanciullo educato appunto a questo fine. Rispetto al quale, l’opera dell’educatore deve essere, almeno in primo tempo, negativa: non deve insegnare la virtù e la verità ma guardare il cuore dal vizio e la mente dall’errore. L’azione dell’educatore deve essere unicamente diretta a far sì che lo sviluppo fisico e spirituale del fanciullo avvenga in modo del tutto spontaneo, che ogni sua nuova acquisizione sia una creazione, che nulla avvenga dall’esterno, ma tutto dall’interno cioè dal sentimento e dall’istinto dell’educando. Nell’individuazione di questo sviluppo spontaneo R. segue l’indirizzo sensistico; è stato detto giustamente che lo sviluppo di Emilio segue quello della famosa statua di Condillac. 'Le prime facoltà, dice R., che si formano e si perfezionano in noi sono i sensi, che dovrebbero quindi essere coltivati per primi e che invece o si dimenticano o si trascurano del tutto. Esercitare i sensi non vuol dire soltanto usarli, ma imparare a giudicare bene attraverso di essi, imparare, per così dire, a sentire, perché non sappiamo né toccare né vedere né udire che nel modo in cui abbiamo imparato'.
L’ impulso ad apprendere, cioè a trasformare i dati sensibili in conoscenze intellettuali, deve venire ad Emilio dalla natura; ed il criterio che deve orientarlo nella scelta delle conoscenze da acquistare è l’utilità. 'Appena il nostro allievo si sarà fatto un concetto della parola utile, avremo un nuovo mezzo validissimo per guidarlo, perché tale parola avrà per lui il senso di qualcosa che interessa immediatamente il suo benessere attuale.'
Emilio avrà la prima idea della solidarietà sociale e degli obblighi che essa impone imparando un lavoro manuale; e sarà portato all’amore degli altri dallo stesso amor di sé, che, quando non è artificiosamente deviato o gonfiato, è la fonte di tutti i sentimenti benevoli.
Quando nell’adolescenza le sue passioni comincieranno a spuntare, bisogna lasciare che si svolgano da sé affinchè abbiano modo e tempo di equilibrarsi via via e così non sarà l’uomo a ordinarle, ma la natura stessa che assesterà la sua opera. Dalla stessa disciplina naturale delle passioni che nascono in Emilio le valutazioni morali. 'Formare l’uomo della natura non vuol dire farne un selvaggio da relegare in mezzo ai boschi, ma una creatura che, vivendo nel turbine della società, non si lascia trasportare né dalle passioni né dalle opinioni degli uomini, che vede coi suoi occhi e sente con il suo cuore, e che non riconosce altra autorità fuori della propria ragione'.
Il principio che tutto debba nascere con perfetta spontaneità dall’interno dell’educando fa contrasto, nell’opera di R., con tutto l’insieme di accorgimenti, di artifici e di finzioni che il precettore ordisce da ogni parte intorno a lui per procurargli l’occasione favorevole di determinati sviluppi.
Il motivo di questo contrasto è che l’educazione non è, secondo R., il risultato di una libertà disordinata e capricciosa ma di una 'libertà ben guidata'. 'Non bisogna allevare un bimbo quando non si sa condurlo dove si vuole mediante le sole leggi del possibile e dell’impossibile, le cui sfere, essendogli egualmente sconosciute, si possono ampliare o stringere intorno a lui come meglio piace. Lo si può incatenare, spingere o trattenere senza che egli se ne dolga, solo attraverso la voce della necessità; e si può rendere mite e docile solo attraverso la forza delle cose senza che nessun vizio abbia occasione di germinare nel suo cuore, perché mai le passioni si accendono quando sono vane nei loro effetti'. D’altronde, secondo R., la vera virtù non nasce nell’uomo se non attraverso lo sforzo contro gli ostacoli e le difficoltà esterne. Quando, alla fine dell’Emilio, s’immagina che il giovane si sia innamorato di Sofia, il precettore gli impone un lungo viaggio e, quindi, la separazione da lei per insegnargli a dominare le proprie passioni. 'Non c’è felicità senza coraggio, né virtù senza lotta: la parola virtù deriva dalla parola forza; la forza è la base di ogni virtù… Ti ho cresciuto piuttosto buono che virtuoso, ma chi è soltanto buono si conserva tale unicamente fino a quando prova piacere ad esserlo, fino a quando la sua bontà non è annientata dalla furia delle passioni….Finora tu sei stato libero solo in apparenza, hai fruito unicamente della libertà precaria di uno schiavo a cui nulla sia stato comandato. Ora è tempo che tu sia realmente libero, epperò sappi essere padrone di te stesso, sappi comandare al tuo cuore: solo a questo patto si guadagna la virtù'.
Così anche nell’Emilio la natura umana non è l’istinto o la passione nella sua immediatezza, ma piuttosto l’ordine razionale e l’equilibrio ideale dell’istinto e delle passioni. Perciò non è una condizione primitiva di cui l’uomo sia in possesso, ma una norma da riconoscere e da far valere; non è un fatto ma un dover essere.
E si spiega come Kant abbia potuto ispirarsi a Rousseau nella sua dottrina morale e riconoscere in lui il Newton del mondo morale.
La religione naturale
La religione naturale è esposta nella Professione di Fede del Vicario Savoiardo (Em. Libro IV). Pur facendo appello al sentimento ed all’istinto, R. si indirizza alla ragione la quale può illuminare e chiarire ciò che l’istinto ed il sentimento testimoniano.
Il Vicario Savoiardo si serve del metodo d’interrogare il lume interiore, analizzando le diverse opinioni e dando assenso a quelle che presentano carattere di massima verosimiglianza.
Questo lume interiore non è che la ragione intesa come equilibrio ed armonia degli interessi spontanei dell’anima.
Il primo dogma è l’esistenza di Dio ricavata dalla necessità di ammettere una causa del movimento della materia e spiegare l’ordine e la finalità dell’universo.
Il secondo dogma è la spiritualità e l’attività libera dell’anima.
Rispetto a tutti gli illuministi, egli si oppose al concetto che la materia possa pensare. Con Condillac afferma l’immaterialità dell’anima e la sua conseguente immortalità.
L’immortalità giustifica il credo nella provvidenza divina.
La religione naturale è una conquista che ognuno deve fare da se e non la si può imporre: 'Ora tocca a Voi giudicare – dice il Vicario – cominciate a mettere la vostra coscienza in condizione che sia rischiarata'.
Tuttavia nel 'Contratto Sociale' ammette che vi sia una professione di fede civile di cui appartiene al sovrano fissare gli articoli non come dogma di religione ma come sentimenti di socialità, senza i quali non ci può essere né un buon cittadino, né un buon suddito.
Lo Stato non può obbligare ad accettare e credere in questi articoli, ma può bandire chiunque non vi creda non come empio, ma come animale asocievole.
Gli articoli di questo credo civile sono gli stessi, coincidono con la religione naturale con in più 'la santità Del contratto sociale e delle leggi' con l’aggiunta del dogma negativo della intolleranza.
Con meraviglia e disappunto si può notare il contrasto tra l’assoluta libertà religiosa, che sembra il presupposto dell’ 'Emilio' e la obbligatorietà del credo civile del 'Contratto Sociale'.
Ma nel Contratto R. suppone che sia stato già realizzato, in tutte le sue conseguenze l’ordine naturale della natura umana, il cui organo è la volontà generale.
La religione civile non fa, quindi, che rendere esplicita le condizioni di questa realizzazione.
Il venir meno al credo civile, comportandosi come se non lo si ammettesse è, per R., il crimine più grave perché significherebbe avere mentito di fronte alla legge ed a se stressi, reato punibile con la morte.
Così R. si salda alla principale corrente dell’Illuminismo e si rivela come la voce più appassionata e profonda di tale corrente.
La sua polemica contro la ragione è, in realtà, contro una ragione fredda, che tende ad eliminare istinti e passioni, per sostituirvi una struttura artificiale.
Di una ragione siffatta l’Illuminismo, come si è visto, non sa che farsene.
Rousseau ha dato la forma più viva, energica e palpitante dell’Illuminismo francese: l’ideale di una ragione come ordine ed equilibrio di tutti gli aspetti ed atteggiamenti dell’uomo e, quindi, come condizione del ritorno e restituzione dell’uomo a se stesso. Dott. Giovanni Milazzo
Trapani, 22.02.2019
Inserito il 22 Febbraio 2019 nella categoria Relazioni svolte
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