Alla presenza di un foltissimo pubblico, il giorno 19 ottobre ha avuto luogo la cerimonia di inizio delle attività didattiche della Libera Università
Dopo l’allocuzione del presidente prof. Antonino Tobia, riportata più avanti, tutti i componenti del direttivo hanno rivolto un saluto di benvenuto all’Assemblea. Il prof. Leonardo Greco ha poi illustrato i moduli didattici che saranno oggetto dell’attività dell’Università, spiegando l’organizzazione e la logica della modularità.
L’esecuzione di alcuni brani musicali da parte del terzetto composto dal maestro Armando Alestra, Paolo Messina e il vocalista Alberto Noto ha chiuso la serata.
Prolusione introduttiva all’Anno Accademico 2013-2014
Gentili signore e signori, cari amici,
vi ringrazio di avere accolto il nostro invito per l’inaugurazione dell’anno accademico 2013-2014, il settimo da quando abbiamo intrapreso questa gratificante avventura. Oggi, 19 ottobre, riprendiamo il nostro cammino da dove l’abbiamo lasciato qualche mese fa.
La nostra attività culturale si avvia a percorrere un nuovo anno d’impegno accademico, che come per gli anni precedenti si presenta ricco di avvenimenti ed incontri culturali. L’obiettivo di ampliare gli orizzonti del nostro sapere, confrontandoci con esperti relatori di notevole spessore intellettuale, è certamente il più importante della nostra programmazione accademica, ma non è il solo, perché tale obiettivo non si pone come fine ma come strumento di socializzazione, di attivazione delle nostre capacità mentali, attraverso il confronto delle idee e la piacevole rivisitazione del bagaglio culturale acquisito in altri periodi della nostra esistenza.
La vostra attenta partecipazione costituisce per noi, componenti del consiglio direttivo, lo stimolo a fare di più e meglio.
Proporre argomenti sempre nuovi significa promuovere la curiositas, attraverso la quale si rinvigoriscono la mente e lo spirito, si corrobora la connessione funzionale fra le cellule nervose, si impedisce a ciascuno di noi di trasformarsi in sterile laudator temporis acti con lo sguardo rivolto al passato e incapace di guardare oltre la siepe, che ogni giorno si pone dinanzi a noi, come ostacolo da superare nel tentativo di cogliere un orizzonte più vasto.
Non dobbiamo fuggire il nostro tempo, se vogliamo partecipare del mondo in cui ancora ci è dato vivere. Questo nostro incontro, che segna l’inizio di una nuova esperienza, ha in sé una sua solennità: esalta per i sentimenti di affetto e di stima che esso esprime; commuove in quanto è la testimonianza di una sfida al tempo, che ciascuno di noi ingaggia per affermare eroicamente l’imperativo categorico: io esisto e finché esisto io penso ed elaboro concetti e mi apro al dibattito delle idee e al dialogo con il mio prossimo! Il Cogito ergo sum non implica sola l’attestazione della nostra esistenza, ma ancor più impone che la nostra presenza sia attiva all’interno del tessuto sociale, per cui l’essere e il pensiero sono funzioni imprescindibili della vita collettiva e dell’umanità nel suo insieme: essere per esistere.
Nietzesche raffigurava con un luogo geometrico la vita di un uomo, rappresentandola con una circonferenza. La vita non è vista come una retta formata da una serie infinita di punti, ma neppure racchiusa in un percorso rettilineo e finito come il segmento. Accettare la concezione lineare vorrebbe dire considerare il tempo come una catena finita di momenti, in cui ognuno ha senso solo in funzione degli altri. Questa concezione ci vedrebbe legati necessariamente al passato, che di certo non può essere cancellato, ma ci impedirebbe di guardare al futuro come all’inizio ogni volta di un nuovo viaggio. Si potrebbe vivere felici solo legati nostalgicamente al passato e continuando a percorrere i momenti esistenziali che ci stanno davanti guardando indietro? Il passato non può più arrecare nuove felicità, può solo farci rivivere nostalgicamente ciò che è stato vissuto. Alcuni teologi cristiani si soffermano a considerare il percorso della vita nella sua linearità, che va dalla nascita alla morte. Nel passato questo segmento della nostra esistenza è stato disprezzato o visto solo in funzione della seconda vita. La Chiesa cattolica ha superato il disprezzo del mondo, sostenuto nel medioevo da Innocenzo III e ha cominciato a guardare alla terra come ad una creatura, essa stessa espressione fenomenica della volontà di Dio, che dobbiamo amare, rispettare e conservare, come ci ha insegnato il fraticello d’Assisi. Non disprezzare la vita, quindi, in tutte le sue forme corrisponde ad una visione laica e religiosa allo stesso tempo. La visione circolare della vita per il laico si conclude con l’eterno ritorno in senso immanentistico, il ritorno alla natura; per il credente la vita terrena è anticipazione del suo ritorno al Padre, dove l‘esistenza non sarà segnata solo dalla contemplazione ma da una diversa volontà di agire verso nuove esperienze senza confine.
È bello, quindi, pensare che ogni nostro incontro avvii una nuova fase del nostro viaggio terreno, scandito da momenti di profonda meditazione, di intense riflessioni, liberi dall’angoscia dei negotia. La nostra Università è detta 'libera' perché professa il sapere per il sapere! L’orologio biologico ci invita, infatti, a gustare meglio i momenti del nostro otium, che per noi non è sinonimo di inattività, bensì di libertà dello spirito, nel senso che Cicerone e il Petrarca vi attribuivano. Se c’è un bene che va gelosamente conservato e speso con oculatezza, questo, c’insegna il filosofo Seneca, è il tempo che ci è stato concesso di vivere. Possiamo, infatti, cedere o perdere le nostre ricchezze e vederle subito dopo ritornare anche maggiori, ma il tempo che avremo sprecato scioccamente non ci tornerà indietro, se non come amaro rammarico e sofferta nostalgia di avere sprecato quanto dovevamo investire. Il servo che ha conservato gelosamente le monete ricevute dal padrone senza averle fatto fruttare è considerato un servo inetto, c’insegna il Vangelo. Non c’è alcun limite d’età per far fruttare i momenti della nostra vita. Se si sanno bene investire non s’invecchia nella solitudine e nell’ombra.
Chi definiamo vecchio? Chi non ha lo spirito della sua età, questo era il pensiero di Voltaire. Churchill aveva passato i settant’anni quando guidò la Gran Bretagna alla vittoria; Konrad Adenauer, uno dei padri fondatori dell’Unione Europea, ricevette in eredità nel 1949, all’età di settantatre anni, una Germania sconvolta e divisa e ne tenne il cancellierato fino al 1963, vale a dire fino a ottantasette anni. Il grande Vecchio, come lo chiamavano gli Americani, aveva un’etica irreprensibile nella vita privata e in politica. Assumeva solo gli impegni che potevano gratificare la sua vita e onorare la sua patria. La leggenda vuole che si cibasse di poco e che il suo pranzo consistesse in un uovo, una fettina di vitello, pochi grammi di pane nero, un bicchiere di vino, purché fosse di buona qualità. Pare che solo dopo gli ottant’anni fosse stato visto fumare una sigaretta durante un viaggio in USA. Anche De Gaulle fu presidente della Quinta Repubblica dal 1959 al 1969, cioè da settantanove a ottantanove anni e Picasso continuò a dipingere anche verso i novanta. E già novantenne Sofocle, per difendersi dalla cupidigia dei figli, che lo accusavano di demenza senile dinanzi ai giudici per entrare in possesso del patrimonio paterno, lesse in tribunale una delle sue migliori tragedie, l’Edipo a Colono, che poco prima aveva scritto. Non mi dilungo a parlare della vegliarda età di molti rappresentanti della nostra classe politica, contro cui qualcuno ha pensato di predisporre un difficile progetto di rottamazione. La rottamazione riguarda gli oggetti vecchi e fuori uso, non può riferirsi alle persone, se è vero che l’Italia negli ultimi decenni è stata ben rappresentata al Quirinale da Vecchi saggi e di provata onestà intellettuale. Non ultimo, l’attuale presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che è stato invocato dalle contrapposte parti politiche perché accettasse nell’aprile scorso un secondo mandato settennale. L’illustre uomo politico, prossimo agli anni novanta, si è sobbarcato ad un secondo, straordinario e gravoso incarico istituzionale in nome del bene pubblico.
Nell’antica Sparta un giovane si alzava dinanzi ad un anziano per cedergli il posto. Al contrario la nuova paideia, esasperata eredità sessantottina, spinge i giovani a considerare chi è avanti con gli anni un oggetto museale, con il triste risultato che la comunicazione generazionale s’è interrotta.
Eppure, 'si può nascere vecchi e morire giovani', amava osservare il poeta e drammaturgo francese Jean Cocteau. E il barone Guy de Rothschild, che scrisse il suo primo romanzo a ottantasette anni, Buon viso alla fortuna, sugli orrori dell’olocausto, esordiva dicendo che 'bisogna proibirsi di essere vecchi'. Un appello questo che noi volentieri accettiamo, convinti che la vita vada vissuta come una naturale esperienza, attraversata da momenti ora belli ora difficili.
Ciò che spinge l’homo sapiens a vivere è una forza arcana che i greci chiamavano Eros e Schopenhauer Volontà. La nostra, prima ancora di essere una specie pensante, sottolinea E. Scalfari, è una specie desiderante. E’ vero che tutte le specie viventi desiderano, ma i desideri dell’animale sono coatti e ripetitivi, quelli della nostra specie sono invece evolutivi e da un desiderio appagato ne nasce immediatamente un altro. Questo processo dialettico è il motore della storia e del progresso umano.
Il magistero di papa Francesco è ispirato all’eros, nel senso cristiano del termine: Eros come amore verso se stessi e verso il prossimo. Gesù non escludeva l’amore per sé, ma invitava a parificare l’amore per il prossimo all’amore verso se stesso. Questo è il messaggio di Cristo uomo che, nell’amore verso il prossimo, includeva il richiamo alla giustizia, alla libertà, alla dignità, al diritto al lavoro. Ma, in quanto figlio di Dio, Cristo ha voluto testimoniare sulla croce che l’amore verso se stessi deve soccombere dinanzi all’amore verso il prossimo. Nell’edificazione di una società più giusta il messaggio cristiano e i valori del pensiero illuministico s’incontrano e si completano nel nome della dignità della persona umana nella sua duplice natura di materia e spirito.
Spero di non avervi tediato con le mie riflessioni, che mirano a rimarcare le linee fondamentali del nostro impegno e a rinsaldare i vincoli di stima e di affetto che da tanti anni ci tengono uniti.
Ringrazio con viva gratitudine i miei amici del Direttivo, che con me hanno condiviso sotto la calura estiva la fatica della programmazione del nuovo anno accademico. Un sentito e caloroso applauso sento debba essere dedicato al dirigente di questo Istituto, il preside prof. Erasmo Miceli, col quale siamo onorati di collaborare attraverso una reciproca e proficua attività culturale.
Grazie per l’attenzione che avete dedicato alle mie parole, sicuro di trovare la vostra comprensione, anche in virtù dell’intervento musicale, che il Trio Non solo Folk vi proporrà con gli amici Paolo Messina alla tastiera, Armando Alestra alla chitarra e il vocalist Alberto Noto.
Trapani 19. X .2013 Aula Magna I.T.I. Il Presidente
Prof. Antonino Tobia
Inserito il 23 Ottobre 2013 nella categoria Relazioni svolte
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