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Il mutuo soccorso nel pensiero dei protagonisti del Risorgimento

Il mutuo soccorso è nato nel 1848, nel segno della libertà di associazione sancita dallo Statuto albertino

Relatore: Avv. Maurizio Pipitone

Immagine riferita a: Il mutuo soccorso nel pensiero dei protagonisti del Risorgimento         Il mutuo soccorso nasce nel 1848, nel segno della libertà di associazione in quell’anno sancita dallo Statuto albertino. A questo testo si richiamarono infatti espressamente gli atti costitutivi delle prime 'società', sorte nel Regno di Sardegna. Nel cinquantennio che seguì il fenomeno si irrobustì quantitativamente, manifestando però mutazioni alla cui illustrazione la relazione è dedicata. Anzitutto, già dai primi anni ’60 si assiste al progressivo arretramento del m.s. 'neutrale', e cioè apolitico e aconfessionale, rispetto a forme sempre più caratterizzate dall’impegno politico — le mazziniane società 'operaie' e, in seguito, i primi nuclei del nascente partito socialista —; e, a partire dalla fine degli anni ’70, dall’attivismo ispirato al pensiero cristiano sociale.

Immagine riferita a: Il mutuo soccorso nel pensiero dei protagonisti del Risorgimento      Per altro verso, alcune delle originarie finalità, quali la fondazione di magazzini per la vendita agli associati di generi di prima necessità o la costituzione per gli stessi di case 'popolari', erano dal Codice di commercio del 1882 attribuite alla sfera di attività di istituzioni affini, per la prima volta disciplinate da quella legge: le società cooperative, raramente improntate al principio della mutualità, quasi sempre operanti indifferentemente con soci e con terzi. In altri casi la finalità è assunta direttamente dallo Stato e dà luogo alla legislazione sociale. Ciò avviene, dalla metà degli anni ’80, per quelle forme di tutela dell’'operaio' rispetto ad eventi — quali malattie o infortuni sul lavoro, temporanea disoccupazione e definitiva cessazione per vecchiaia dell’attività lavorativa — che in diversa misura ne compromettevano in parte o irrimediabilmente la capacità di guadagno. Sul tema dei limiti dell’intervento dello Stato nell’economia, segnatamente in ordine al complesso di rapporti che vanno sotto il nome di 'questione sociale', si confrontarono pensatori, economisti ed esponenti politici prima e dopo l’Unità d’Italia. Rileva, in questo contesto, la figura di Giuseppe Mazzini, il < >, fautore del libero associazionismo quale soluzione al problema del conflitto fra capitale e lavoro, dell’affermazione della dignità della persona grazie all’educazione morale, civile e professionale. Camillo Cavour sostenne anch’egli il movimento del mutuo soccorso, ma in più realizzò una politica economica che riuscì a coniugare riforme liberali e misure di sostegno dei ceti deboli (c.d. carità legale) e fece approvare una legge istitutiva di una Cassa pensioni per gli operai. Per il tramite di Marco Minghetti, che ne era stato collaboratore, le idee di Cavour penetrarono nella classe dirigente dello Stato unitario. E’ del 1869 la costituzione presso il Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio, di una 'Commissione consultiva sugli istituti di previdenza e sul lavoro', alla quale è affidata la produzione di studi e la formulazione di schemi di legge sull’intera materia. L’organo, che presenta una composizione trasversale (ne fanno parte, ad esempio, un Quintino Sella e un Agostino Depretis), è controllato dai liberali riformatori, propugnatori di un sistema misto, basato sulla libera previdenza e su una prudente e graduale legislazione sociale. Contro il programma di quegli uomini, ironicamente chiamati <>, Francesco Ferrara muoverà, inutilmente, un’aspra battaglia. Venti anni prima egli aveva criticato, in nome del principio di libertà, la politica sociale di Camillo Cavour, col quale aveva pur stretto un intenso sodalizio intellettuale. Non si pensi, però, che alla legislazione sociale si siano opposti i soli liberisti puri. Ad essa furono contrari, in un primo tempo, gli stessi congressi operai; così come questi non vollero una regolamentazione per legge delle società di m.s., per il timore di ingerenze governative nella loro attività. Contrari ad essa furono, anche, personalità della levatura di un Alessandro Rossi, l’industriale laniero economista e sociologo, che pur aveva realizzato a servizio dei propri dipendenti e presso le fabbriche cooperative e società di m.s., immagine di una città ideale alla cui fondazione lo Stato doveva essere tenuto estraneo. Maurizio Pipitone

Autore Prof-Greco

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Inserito il 22 Maggio 2012 nella categoria Relazioni svolte