Enzo Guzzo ha relazionato sul recupero dell'antichissima tradizione della Grande Dea Madre
Relatore: Dott. Vincenzo Guzzo - Studioso di cultura esoterica
L’Anima Mundi è un’idea che rappresenta un parziale ma significativo recupero dell’antichissima tradizione della Grande Dea Madre e le sue origini riposano forse nell’antico Oriente laddove si diffuse il convincimento che ogni forma del reale, anche se appariva inanimata, contenesse una presenza spirituale (e quindi non meccanicista), collegata all’anima del tutto.
In ambito induista si affermò l’idea che l’universo fosse animato da una forza compatta e unitaria considerata in due proiezioni, una è l’Ātman, principio del Sé individuale e interiore, unito indissolubilmente a Brahman, principio cosmico. (Vi è notevole somiglianza con l’assunto fondamentale dell’Alchìmia occidentale che afferma: come è in alto così è in basso).
In Cina l’idea di Anima Mundi è rintracciabile nel Tao, nell’attività unificatrice del dualismo cosmico yin e yang che si manifesta secondo una visione armonica, unitaria e organica dell’universo intero.
In ambito occidentale, questa idea matura nel pensiero filosofico antico presso i pitagorici, i platonici e i neoplatonici. Essa prende in considerazione le energie vitali presenti in ogni realtà e assimila la natura ad un unico immenso organismo vivente. Pertanto vige un principio unificante da cui prendono forma le cose esistenti che, pur manifestandosi secondo le proprie specificità, risultano legate tra di loro da una comune Anima universale.
- Platone (428–348 a.C.) nel Timeo afferma « Pertanto, secondo una tesi probabile, occorre dire che questo mondo nacque come un essere vivente davvero dotato di anima e intelligenza secondo il volere divino».
Questa visione si affina poi nel pensiero alessandrino e neoplatonico e trova ampia affermazione nel pensatore egiziano ellenizzato, Plotino di Licopoli (204 – 270).
- Plotino (205-270 d.C.) nelle Enneadi scrive:
« ... risulta che ogni essere che si trova nell’universo, a seconda della sua natura e costituzione, contribuisce alla formazione dell’universo col suo agire e con il suo patire, nella stessa maniera in cui ciascuna parte del singolo animale, in ragione della sua naturale costituzione, coopera con l’organismo nel suo intero, rendendo quel servizio che compete al suo ruolo e alla sua funzione. Ogni parte, inoltre, dà del suo e riceve dalle altre, per quanto la sua natura recettiva lo consenta. » (IV, 4, 45)
- Plotino afferma che il semplice è ciò che sta alla base della vita. Ciò avviene perché l’anima di un organismo è e vale molto più di tutte le sue parti messe insieme: ogni organismo è un’unità, una totalità indivisibile, qualcosa di straordinariamente semplice pur essendo a prima vista composto. Questo "semplice" che sta alla base del composto non può essere un’entità materiale, perché qualunque cosa materiale può essere pensata o divisa a metà, anche solo concettualmente. La molteplicità di anime presenti nel mondo è a sua volta comprensibile solo ammettendo che tutte abbiano una comune origine. Questa unità è ciò che spiega il senso dell’Anima Mundi.
Nell’Anima del mondo postulata da Plotino sussistevano anche le divinità del politeismo pagano e quindi della tradizione mitologica greca. Queste non erano viste in contrasto con l’idea di Uno, essendo espressione di una medesima natura. L’Uno restava trascendente in sé mentre le singole divinità erano concepite come forze immanenti al creato, oggi diremmo come energie, ed erano, pertanto, partecipi della stessa Anima del Mondo che diventa una summa archetipica ed energetica.
Per Dionigi l’Areopagita (V-VI sec), l’Anima Mundi, esattamente come l’Uno di Plotino e lo Spirito Santo cristiano, è dispensatrice di vita e 'distribuendosi non si divide'. Come, del resto, anche l’idea trinitaria che non viene scalfita anzi rafforzata nella comparazione con la precedente e diffusissima propensione alla triade recuperata dal pitagorismo, dal neoplatonismo e da Proclo.
Guglielmo di Conches (1080-1145 c.a), uno dei maggiori esponenti del platonismo della famosa scuola di Chartres, nelle sue: Glosse al Timeo di Platone, afferma: « L’Anima del Mondo è un’energia naturale degli esseri per cui alcuni hanno soltanto la capacità di muoversi, altri di crescere, altri di percepire attraverso i sensi, altri di giudicare. … Ci si chiede cosa sia quell’energia. Ma, come mi sembra, quell’energia naturale è lo Spirito Santo, cioè una divina e benigna armonia che è ciò da cui tutte le realtà hanno l’essere, il muoversi, il crescere, il sentire, il vivere, il giudicare. »
Nicola Abbagnano, nella sua Storia della filosofia, ha sostenuto che gli umanisti erano 'convinti dell’essenziale identità di filosofia e religione e della unità di tutte le religioni, pur nella diversità dei loro culti'.
Con il neoplatonismo dell’Umanesimo e del Rinascimento non vi fu più un contrasto insanabile tra mondo naturale e dimensione spirituale: il cosmo agli occhi dei Neoplatonici non era più un insieme di elementi passivi, bensì un essere, un tutto, dotato di anima: così si rafforzò l’idea di Anima Mundi.
Marsilio Ficino affermava, nella sua Theologia Platonica, che l’anima: 'è il più grande di tutti i miracoli della natura. Tutte le altre cose al di sotto di Dio sono sempre un essere singolo, l’anima invece è tutte le cose insieme'...'il centro della natura, il termine intermedio di ogni cosa, la catena del mondo, il legame e la giuntura dell’universo, il volto di tutto'.
Sempre Marsilio Ficino (1433-1499)
- nella sua Theologia Platonica, Libro III, Cap. I , afferma che l’Anima Mundi è lo specchio delle realtà divine, la vita di quelle mortali e il nesso di entrambi.
- E nel De vita afferma: « L’Anima mundi... secondo i Platonici più antichi, per mezzo delle sue ragioni, ha costruito in cielo, oltre gli astri, le figure astrali e le parti delle figure, tali che esse stesse diventano figure; ed ha impresso in tutte queste figure determinate proprietà… E precisamente essa ha posto in cielo quarantotto figure universali, cioè, dodici nello Zodiaco, trentasei fuori dello Zodiaco. »
Nel Cinquecento, il concetto vitalistico dell’Anima del mondo affiorò soprattutto in Giordano Bruno, il quale concepì la presenza del divino nella natura in una visione più vicina al pan-enteismo che al panteismo per cui venne arso vivo; e poi in Tommaso Campanella, secondo cui tutti gli elementi della realtà sono senzienti e pertanto hanno una sorta di coscienza.
Nei secoli successivi, pur restando latente, l’idea di Anima Mundi venne ostacolata dal diffondersi del meccanicismo e della scienza newtoniana.
Ma da Goethe in poi il concetto di Anima Mundi riemerse nuovamente. Schelling riprese la concezione neoplatonica che vede il principio intelligente presente già nella natura in forme embrionali o potenziali. La natura, per Schelling, è un’«intelligenza sopita», uno «spirito in potenza». La natura non potrebbe evolversi fino a produrre l’uomo se non avesse già dentro di sé lo spirito divino. Gli organismi inferiori sono solo limitazioni o aspetti minori dell’unico organismo universale che nell’essere umano trova piena realizzazione. L’anima del mondo diventa infatti pienamente autocosciente soltanto nell’uomo, che rappresenta così il vertice, il punto di passaggio dalla natura verso Dio, che in essa si riflette. Nella natura è presente dunque un’intenzionalità finalistica, che si specifica in organismi via via più complessi a partire però da un principio semplice e assolutamente unitario.
Schopenhauer, poi, affermò che le singole anime degli individui sono espressione di un’unica Volontà di vita che opera tuttavia in maniera inconsapevole e solo nell’uomo può diventare cosciente di sé.
In Bergson (filosofo del primo Novecento) il vitalismo venne contrapposto al meccanicismo. Bergson torna infatti ad affermare che la vita biologica, come del resto la coscienza, non è un semplice aggregato di elementi composti riproducibile artificialmente. La vita invece è una continua e incessante creazione che nasce da un principio assolutamente semplice.
L’idea di Anima Mundi riemerge in modo cogente in Carl Gustav Jung, nella nozione di inconscio collettivo e soprattutto in James Hillman (1926-2011), uno de più grandi e originali seguaci di Jung, che rivaluta la validità dell’idea di Psiche non come mente deputata al mero razionale, ma come Anima (traduzione più corretta del significato originale della parola Psiche) ed esalta pure le idee e il ruolo prezioso dei filosofi del nostro Rinascimento per quanto riguarda il loro modo di rappresentare l’Anima Mundi.
Khalil Gibran (1883-1931), poeta e artista libanese, cristiano-maronita. Da giovane si trasferì negli USA. A proposito dell’idea di Anima Mundi, scrive:
< Non dite, "Ho trovato il sentiero dell’anima",
dite piuttosto, "Sul mio sentiero ho incontrato l’anima in cammino"
poiché l’anima cammina su tutti i sentieri.
L’anima non va su di una linea, e non cresce come una canna.
L’anima si svolge in mille petali come un fiore di loto >.
Inserito il 26 Marzo 2013 nella categoria Relazioni svolte
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