Davanti ad un folto pubblico, il dott. Giuseppe Abbita, col supporto di documenti inediti, ha presentato il falsario più enigmatico della storia
Relatore: Dott. Giuseppe Abbita - già Primario di medicina interna
L’argomento che sto per trattare riguarda una delle più tormentate vicende letterarie degli ultimi anni:il cosiddetto papiro di Artemidoro e la polemica sulla sua autenticità.
In particolare mi soffermerò sul presunto falsario, personaggio affascinante, sul quale ho avuto l’opportunità di attingere notizie di prima mano,e del quale cercherò di tratteggiare la complessa ed intrigante personalità.
Tutto ha inizio in una brumosa giornata di autunno: è il mattino del 5 Novembre 1820 sull’isola di Simi che soprannominerei (vedremo il perché) 'l’isola del mistero'.
L’isola di Simi è una piccola isola del Dodecaneso,vicina alle coste della Turchia e situata poche miglia a nord dell’isola di Rodi.
Sotto il dominio ottomano fino all’inizio del XX secolo, fu retta dal Regno d’Italia dal 1912 alla fine del secondo conflitto mondiale.Divenuta oggi di moda, viene scelta come località di villeggiatura da numerosi vip e famosi personaggi politici.Ebbene, il 5 di Novembre 1820,sulla nave da guerra Ares,mentre si dirigeva verso l’isola di Simi,la moglie di un medico dava alla luce un bimbo.Qualche anno più tardi l’isola di Simi fu al centro di un inquietante fatto di cronaca:un ragazzino,mostrando una precoce inclinazione al crimine,tentò di avvelenare con l’arsenico i propri genitori.Ed ancora ,nel 1849 ,un giovane archeologo pubblicava la traduzione di un’opera in greco antico,Symais,che lui affermava di avere scoperto ,in cui si dissertava di una scuola di Apollonio sull’isola di Simi.
Facciamo ora un salto nel tempo e trasferiamoci a Torino. Siamo nel Febbraio 2006 e a Torino vengono inaugurati i XX Giochi Olimpici Invernali. In quella stessa occasione, preceduta da una martellante campagna pubblicitaria, e approfittando di una irripetibile vetrina internazionale,viene presentata al grande pubblico la mostra :'Le tre vite del papiro di Artemidoro. Voci e sguardi dall’Egitto greco-romano'.
Ma perché questa mostra era così importante e perché i curatori della mostra,i papirologi Barbel Kramer e Claudio Gallazzi e lo storico dell’arte classica Salvatore Settis ci parlano di ben tre vite del papiro? E personalmente, io ne aggiungerei un’altra ancora:una quarta vita! Il cosiddetto papiro di Artemidoro,proveniente dal mercato antiquario, era stato acquistato all’inizio di questo secolo, dalla fondazione bancaria San Paolo e veniva ora ceduto in comodato d’uso al Museo Egizio di Torino per essere permanentemente esposto nella sezione dell’Egitto tolemaico romano.
Il papiro,databile tra la seconda metà del 1° secolo a.C. e la prima metà del 2° sec. d.C.,era contenuto,assieme ad altri documenti ,nel cartonnage di una mummia ,in un conglomerato cioè di cartongesso e colla ottenuto da carta destinata al macero,cartonnage che veniva utilizzato,tra l’altro, per imbottire le maschere funerarie.
Il rotolo, secondo i curatori della mostra, riporterebbe ,sul recto, un brano tratto dal II libro dei Geografumena, un’opera perduta del geografo Artemidoro di Efeso, a cavallo tra il II e il I secolo a.C.
L’eccezionalità del papiro, a parte le dimensioni davvero insolite, circa tre metri di lunghezza per 32 cm di altezza, sta nel fatto che avrebbe avuto, nell’arco di circa un secolo,tre successivi utilizzi.
Il testo del recto occupa 5 colonne, le prime tre delle quali sono separate dalle altre due da una mappa geografica. La prima colonna del testo è ben conservata,la seconda e soprattutto la terza sono ridotte a piccoli frammenti,la quarta e la quinta,pur con numerose lacune,sono abbastanza leggibili.
Il testo inizia con un proemio,di straboniana memoria, in cui l’autore paragona la geografia alla suprema filosofia.
Viene quindi descritto il periplo della penisola iberica, partendo dal Promontorio di Afrodite, sui Pirenei, per arrivare al Promontorio Sacro,nell’odierno Portogallo, al di là delle colonne d’Ercole e quindi già sull’oceano atlantico, oceano atlantico che gli antichi chiamavano mare esterno per distinguerlo dal Mediterraneo,che chiamavano invece mare interno.
Il brano ,che occupa la IV e la V colonna del testo, che conosciamo indirettamente perché citato da altre fonti, recita:' Partendo dai Pirenei e arrivando fin dalle parti di Gadeira e fino alle zone più interne, tutto il territorio è chiamato indifferentemente Iberia e Spagna. Esso è stato diviso dai Romani in due province. Alla prima afferisce tutta la regione che va dai Pirenei fino a Nuova Cartagine, a Castulo e alle sorgenti del Baetis. Alla seconda afferiscono, invece, le terre che arrivano fino a Gadeira e tutta quanta la Lusitania '.
Questa espressione 'tutta quanta' rappresenta una delle chiavi di volta di quanto andremo a dire tra poco.
Tra le prime tre colonne del testo e le altre due troviamo disegnata una mappa geografica attraversata da una linea tortuosa trasversale che dovrebbe rappresentare,secondo i curatori della mostra, il fiume Baetis, l’odierno Guadalquivir.
La mappa rappresenterebbe quindi la Betica,una regione sud-occidentale della Spagna.
Una seconda mappa avrebbe dovuto occupare lo spazio dopo la V colonna del testo.
La mappa è visibilmente incompleta e la seconda mappa non fu mai disegnata.
Perché? La mappa rappresenta,come abbiamo visto , una regione sud-occidentale della Spagna mentre ci saremmo aspettati la mappa di una regione nord-orientale,dal momento che la descrizione del periplo inizia dai Pirenei.
Il disegnatore,che aveva il compito di aggiungere le mappe, probabilmente fece un po’ di confusione ed invertì l’ordine di queste.
L’opera,che doveva rappresentare,per quei tempi, un’edizione geografica di lusso, fu rifiutata dal facoltoso committente o ,forse,fu ritirata dallo stesso copista.
Il rotolo rimase nella bottega del disegnatore e qualche tempo dopo fu riutilizzato, sul verso, che era completamente vuoto, per disegnarvi degli animali.
Inizia così la seconda vita del papiro.
Sul verso del papiro sono rappresentati 42 animali,in parte animali reali,in parte fantastici,ora isolati,ora in gruppo e,in qualche caso,in lotta tra di loro.
Le figure di animali sono accompagnate da didascalie con il loro nome in greco antico.
Ma a cosa servivano queste raffigurazioni di animali?
Molto probabilmente facevano parte,sempre secondo i curatori della mostra, di un libro di bottega,che veniva utilizzato come modello per realizzare affreschi o mosaici e come campionario da cui i committenti potevano scegliere le opere che volevano realizzate.
Questa era una pratica abbastanza diffusa nell’antichità e i cittadini più facoltosi facevano a gara per abbellire le loro dimore con questi mirabilia o taumastà.
Ma ad un certo punto cambiarono i gusti. I committenti non richiesero più scene con animali, preferirono altri generi come ad esempio scene di lottatori o scene tratte da commedie.
Il campionario,ormai desueto, fu messo da parte.
Ma il papiro aveva ancora ampi spazi vuoti. Uno di questi era l’agraphon,cioè la parte del rotolo che precedeva il testo, che assieme al protokollon,cioè al primo foglio del papiro,aveva la funzione di proteggere la parte iniziale del testo che era quella più sottoposta ad usura. Altro spazio vuoto era quello dopo la quinta colonna del testo,che avrebbe dovuto accogliere una seconda mappa.
Così, qualche tempo dopo,il rotolo fu riesumato e riutilizzato dagli allievi della bottega per esercizi di disegno. E questa fu la terza vita del papiro!
Secondo i curatori della mostra questi disegni ricalcherebbero degli schemi iconografici tipici di quel tempo, come la testa di un filosofo o la rappresentazione di un dio con il particolare del mantello che si ripiega sulla spalla destra.
Il rotolo fu,ad un certo punto,definitivamente abbandonato, e quindi inviato al macero e conglomerato in un cartonnage.
Il resto è storia recente: il papiro, estratto dal cartonnage,ripulito, disteso e restaurato, è ritornato a rivivere quella che potremmo definire la sua quarta vita.
Fin qui la descrizione e la storia di questo straordinario papiro presentato nel febbraio 2006 a Torino,che rappresentava,a detta dei curatori della mostra,un esempio unico,anzi tre volte unico. Unico esempio di testo geografico dell’antichità classica corredato di mappa geografica,unico esempio di quaderno di bottega ed unico taccuino di esercizi di disegno del periodo classico,a noi pervenuto.
Ma c’erano avvisaglie di tempesta e tanto tuonò che piovve.
Così, sul finire dell’estate del 2006, Luciano Canfora, insigne filologo delle lingue classiche, nonché storico e saggista, sul n° 64 dei Quaderni di Storia,rivista da lui diretta,in aperto contrasto con Salvatore Settis, afferma che il papiro non è autentico.
Perché Canfora afferma che il papiro non è autentico?
I primi dubbi riguardano gli animali del verso.
Qui si riscontrano incongruenze nelle didascalie,lapsus ortografici,una impressionante serie di hapax legomenon,cioè di termini che compaiono una sola volta in tutto quanto il panorama letterario dell’antichità, e nomi attestati da fonti successive al papiro.
Ma questi animali disegnati sul verso del papiro hanno un qualche collegamento con il testo o,ancora meglio,con l’ autore del testo,l’Artemidoro geografo?
Strabone ci fa sapere che Artemidoro ,nell’VIII libro dei suoi Geografumena sulla Trogloditica, corrispondente alla fascia costiera dell’Africa sul Mar Rosso, descrive diversi animali fantastici raffigurati nel papiro.
Ma c’è un altro Artemidoro ,anche lui di Efeso,anche se preferiva essere chiamato di Daldi,vissuto nel II sec. d.C.,e quindi ben tre secoli dopo l’Artemidoro geografo, del quale ci è pervenuta un’opera,l’Onirocriticon,sull’interpretazione dei sogni.
E nel cap.56 del IV libro spiega cosa significa sognare due pesci che troviamo raffigurati e nominati nelle figure V41 e V42,cioè la 41^ e la 42^ del verso del papiro.
Stranamente questi due pesci,attestati in pochissime occasioni in tutta la letteratura greca, li troviamo vicinissimi e nel disegno del papiro , e nel testo dell’Onirocriticon.
Ma un’altra chiave di lettura potrebbe essere quella cosmografica.
In una figura è raffigurato un cane maculato la cui didascalia riporta astrokuon. Astrokuon è infatti il nome con cui gli antichi indicavano Sirio,la stella più luminosa della costellazione Canis Major.
Ed anche il kamelopordalis è riferibile ad una costellazione:il Camelopardalus.
Nella figura V8 è rappresentata invece un’oca con la didascalia kenalopex,nome composto da ken,oca,e alopex,volpe.
In latino corrisponde ad anser et vulpecula,una piccola volpe con un’oca.
E nella mappa delle costellazioni, la costellazione della Volpetta- anser et vulpecula-, è rappresentata da una piccola volpe con un’oca in bocca.
Un piccolo particolare: la costellazione della Volpetta fu introdotta,assieme ad altre ,da Hevelius,soltanto nel 1690.
Prenderebbe pertanto consistenza un’interpretazione delle figure di animali in chiave cosmografica e tra l’altro sappiamo, da Seneca,dell’esistenza di un terzo Artemidoro, stavolta proveniente dalla città di Pario,cosmografo.
Ora, fino alla fine del XIX secolo si pensava i tre Artemidoro fossero un unico autore e solamente allora furono inquadrati cronologicamente e distinti tra di loro. Evidentemente chi ha disegnato questi animali del verso era convinto che i tre Artemidoro fossero la stessa persona.
Ma ciò che ha portato Canfora ad affermare che il papiro è falso è stata soprattutto una scrupolosissima indagine filologica.
Esaminando il testo non sfuggono citazioni inesatte delle fonti,mostri sintattici,e una successione interminabile di riscontri lessicali di epoca tarda e ancor più di epoca bizantina. Ed ancora incongruenze geografiche e inesattezze storiche.
Per esempio,il brano che occupa l’inizio della IV colonna del papiro, sembra modellato non sull’originale,bensì su un’edizione del XIX secolo in cui Meineke aveva aggiunto alcuni ritocchi.
E,nel copiarlo,l’autore non disdegnò di copiare anche qualche errore di stampa!
L’opera originale,sulla quale è modellato il testo del papiro, non sarebbe comunque la Geografia completa di Artemidoro,ma una epitome,cioè un riassunto,o addirittura un riassunto del riassunto.
Non si potrebbero altrimenti spiegare le parole del proemio:ton epiballomenon geografia,cioè colui che si accinge alla geografia, che sembrano più adatte all’inizio di un trattato piuttosto che all’inizio del secondo libro,quale è appunto quello della descrizione della Spagna.
E non sfugge neanche un problema di ordo verborum,cioè della disposizione delle parole. Un autore classico avrebbe preferito anticipare il sostantivo rispetto al participio: ton te geografia epiballomenon!
Inoltre nel testo figurano riferimenti lessicali riferibili ad epoche più tarde,successive al papiro,come espressioni presenti negli atti del Concilio Ecumenico di Costantinopoli tenutosi nell’anno 681.
E veniamo ad alcune curiosità semantiche.
Nell’evoluzione di una lingua un termine che inizialmente ha un dato significato,si arricchisce nel tempo di altri significati,talora completamente diversi da quello originario. Ciò è successo anche per la lingua greca.
Nella frase del proemio-il geografo dovrà conoscere la superficie del paese che gli sta attorno-il termine kutos sta ad indicare la superficie.
Ma al tempo di Artemidoro non era così e il termine kutos acquisì tale significato solo molto più tardi.
Infatti inizialmente il termine kutos indicava una cavità o un oggetto cavo destinato a contenerne un altro. Nella Pace di Aristofane sta ad indicare la corazza del guerriero,nell’Elettra di Sofocle una piccola urna,in Platone la testa destinata a contenere il cervello.
Solo molto più tardi acquistò il significato di superficie come parte esterna e il significato di dimensione,grandezza.
In quest’altra frase-dopo avere in precedenza soppesato l’anima-viene utilizzato il verbo talanteuo,in una costruzione transitiva,col significato di pesare.
Il verbo talanteuo, però ,tra gli autori classici,aveva una costruzione intransitiva ed aveva il significato di ondeggiare ,stando ad indicare,per esempio,il movimento delle onde del mare,l’alternarsi delle maree o ancora l’alternarsi della fortuna nello scontro tra due eserciti.
Successivamente questo ondeggiamento venne riferito ai piatti della bilancia e il verbo acquisì una costruzione transitiva con il significato di pesare che troviamo nel papiro.
Ma in quest’ultima frase possiamo scorgere anche un anacronismo concettuale:il peso dell’anima!
Il tema della pesatura dell’anima è antichissimo.
lo troviamo nel libro dei morti nell’antico Egitto,in cui viene raffigurata una bilancia che pesa il cuore del defunto.
La troviamo ancora nel XXII libro dell’Iliade e in una tragedia di Eschilo andata perduta : Psicostasia.
Ma in questi casi la bilancia non agisce secondo un concetto di valore. Essa è regolata da un capriccio del destino .Il concetto di valore secondo cui agisce la bilancia nella tradizione cristiana è ben lontano dall’immaginario classico.Ma è da questa metafora,ben radicata nella tradizione cristiano-bizantina,che Artemidoro si lascia guidare quando raccomanda al geografo di 'soppesare la propria anima'.
Ma oltre a questi anacronismi lessicali, semantici e concettuali, a metterci in allarme sono alcune incongruenze nelle distanze geografiche riportate nel papiro.
Errori ingiustificabili, perché Artemidoro,per ammissione dello stesso Strabone, aveva una conoscenza autoptica dei luoghi, per esserci stato di persona.
Ed infine una fondamentale e rivelatrice inesattezza storica.
Costantino Porfirogenito,riportando i frammenti di Artemidoro,ci descrive la Spagna,sotto il dominio romano,divisa in due eparchie,la Hispania Citerior che si estende fino a Nova Cartago e alle sorgenti del Baetis,e la Hispania Ulterior che si estende fino a Gades e alla Lusitania.
Nel testo del papiro compare invece un aggettivo:l’aggettivo panta-tutta quanta –kai ta katà ten lusitanian panta- Nella Hispania Ulterior viene così compresa tutta quanta la Lusitania.
Ma al tempo di Artemidoro la Spagna Ulterior non comprendeva ancora tutta quanta la Lusitania,l’odierno Portogallo,e il controllo completo della Lusitania si ebbe solo con le campagne augustee del 27 a.C.,quando l’autore dei Geographoumena era già morto.
Se questi dubbi linguistici,geografici,storici fossero davvero fondati,chi sarebbe allora l’autore del papiro?.Proviamo a tracciarne un ideale identikit!
Questo personaggio deve essere vissuto nel 1800. Infatti conosce di sicuro una edizione del Meineke del 1849. Deve essere stato un esperto paleografo,profondo conoscitore delle scritture antiche e dei materiali per imitarle. Deve essere stato anche un abile disegnatore che conosceva i grandi maestri del Rinascimento e deve avere avuto a disposizione materiali antichi,come per esempio rotoli di papiro vergini.
Di sicuro non doveva avere con la sintassi greca del periodo classico una eccessiva dimestichezza,mentre conosceva molto bene il modo di scrivere degli autori bizantini. Ed infine,doveva avere una certa predisposizione al crimine! Ma chi poteva essere questo personaggio?
Ricordate quel ragazzino di cui vi ho parlato all’inizio e che aveva tentato di avvelenare i propri genitori? Ebbene questo ragazzino si chiamava Constantinos Simonides ed era nato sulla nave da guerra Ares,in prossimità dell’isola di Simi, il 5 Novembre 1820.
E ricordate quel giovane archeologo che millantava di avere scoperto e tradotto un testo in greco antico riguardante l’isola di Simi? Era sempre lui: Constantinos Simonides,che d’ora in poi,per comodità, chiamerò Simonidis. Simonidis fu un personaggio che ebbe grande notorietà attorno alla metà del XIX secolo. Dottore in teologia e filosofia,fu anche archeologo ,paleografo,pittore,un avventuriero,ma soprattutto un abilissimo autore di falsi ,che riuscì a vendere ai più grandi musei e collezionisti di Europa.
Ecco come ce lo descrive un suo contemporaneo:
'L’uomo è straordinario:è uno degli uomini più notevoli che abbia mai visto. Ha enormi baffi,sopracciglia folte e nere,capelli ricci,naso adunco,barba fluente,occhi penetranti,sguardo ardente e pungente,grandi labbra finemente intagliate, ma è la testa di lui che ci impressiona. Ha una testa che non si dimentica facilmente,ma la cosa più notevole è la sua fronte,divisa in due tratti.'
Verrebbe quasi naturale definirlo un uomo bifronte e non saremmo tanto lontani dal vero!
S. ha infatti un personalità bipolare, maniaco-depressiva,tipica delle persone geniali,e alterna scoppi improvvisi di furiosa creatività a lunghi periodi di silenzio e apatia.
Il padre, durante l’infanzia di S.,era rimasto vedovo e si era risposato. La matrigna,complice il padre, privilegiava i figli di secondo letto e S.,che avrebbe voluto continuare i suoi studi ad Atene, vide sconvolti i suoi progetti dal nuovo assetto familiare. Così era maturato in lui il proposito di avvelenare i genitori. Dopo quell’inquietante episodio,il padre pensò bene di mandarlo in un monastero e lo affidò allo zio Benedetto che era a capo dei monaci del monastero Vatopedi, sul monte Athos.
Qui Simonidis si trovò a contatto con una grande quantità di manoscritti di diverse epoche,opere dell’età classica e di quella bizantina, imparò a copiarli e ad amarli, e soprattutto acquisì una straordinaria capacità di imitare nei minimi particolari i vari tipi di scrittura.
E alcuni anni dopo,quando andò via dal monte Athos,portò con sè materiale da scrittura vergine e numerosi manoscritti originali,tra cui alcune pagine del Pastore di Erma.
Il battesimo del fuoco S. lo ebbe con la pubblicazione,nel 1849, di Symais.
In quest’opera,180 pagine finemente stampate, si narrava della Scuola di Apollonio sull’isola di Simi,scuola che tra il 401 e il 450 d.C.,sotto l’imperatore Teodosio ,sarebbe stata una fucina di filosofi,matematici,ingegneri. Scuola che era stata poi del tutto dimenticata.
Autore di questo squisito lavoro sarebbe stato un monaco di nome Melethios,vissuto nel 13° secolo.
Ad un certo Sebastus viene attribuita l’invenzione della carta e del telescopio. Un altro maestro di questa scuola,Peristratos di Rodi,avrebbe creato una rudimentale forma di stampa. Anastasios di Mileto avrebbe inventato lo scafandro e micidiali armi da guerra che ricordano quelle di Leonardo da Vinci: catapulte,macchine d’assedio,lanciafiamme.
Andreas Mustoxidis, storico e filologo greco,che aveva assunto la direzione dell’istruzione pubblica nella Grecia liberata,e al quale S. aveva dedicato l’opera, gli rispose sulla rivista letteraria Pandora che'per l’onore della causa del popolo greco sarebbe stato utile dimenticare in fretta il lavoro del monaco Melethios.'Melethios e S. erano infatti la stessa persona!
L’anno successivo,nel 1850, S. pubblica ad Atene ' Geograficà te kai nomikà ten kefallonian aforonta',frammento di una grande opera in 24 libri,composta da Eulyrus Pilareus, geografo vissuto nel IV sec.d.C,riguardante i luoghi,le leggi e le usanze dell’isola di Cefalonia.
Il contenuto di Cefalonia non ha niente di spettacolare. Dopo gli eccessi di Symais S. prende una strada diversa: riporta distanze tra luoghi,altezza dei monti,lunghezza dei fiumi, ecc. Non dimentichiamoci infatti che S. aveva una particolare predilezione per le opere geografiche!
Ad un certo punto però irrompe il suo furore creativo. E ci parla di una città ,Pikrogamia,nome fittizio che significa 'nozze amare'.
Un cittadino di nome Crisippos era stato sfortunato con le sue mogli. Le prime quattro erano morte dopo la prima notte di nozze. Con la sua quinta moglie sembra andare tutto bene. Fino a quando sua moglie si innamora di Eurymedon ,il suo migliore amico.
Crisippos scopre la tresca,cattura i due,li tortura e li uccide .
In seguito,preso dal rimorso,da un nuovo nome alla sua città: Pikrogamia -nozze amare.
Sulla rivista Nea Hellas il prof Koumanudis,dopo una dettagliata analisi dello stile,arriva alla conclusione che Eulyrus non è mai esistito e che Cefalonia è soltanto una pura invenzione di S.
Nel frattempo S. aveva avuto il tempo di fare scoppiare un incidente diplomatico tra la Grecia e gli Stati Uniti. Si vantava infatti di avere liberato la Grecia dalla sozzura degli pseudo apostoli americani,guidati da un missionario protestante . Nel 1847 ,su un autorevole giornale, erano stati pubblicati documenti esplosivi -'Le orge del Re'-Il re in effetti era il missionario americano Jonas King e il giornale riportava dettagliati resoconti di un testimone oculare di riti orgiastici che si svolgevano nella casa del missionario. Non starò qui a dirvi chi era il testimone oculare:l’avrete già intuito. King fu processato,e seguirono le proteste e l’intervento diplomatico degli Stati Uniti.
Dopo un soggiorno a Costantinopoli e dopo un lungo viaggio che lo aveva visto approdare a Malta,in Sicilia,in Spagna,in Portogallo e nelle isole Canarie,lo troviamo,nel 1854,a Parigi.
S. ha intenzione di frequentare la Biblioteca Imperiale e vuole donare alla Biblioteca alcune sue pubblicazioni. Cosa che gli riesce dopo alcuni tentativi grazie ad una lettera di presentazione di St. Beuve.
Incontra,tra l’altro, il Conte di Marcellus ,colui che aveva fatto trasportare la Venere di Milo a Parigi.Al conte S. presenta una falsa opera di Nonno di Panopoli,poeta greco del V secolo d.C., vissuto in Egitto. E a corredo del falso offre,miracolo della preveggenza, anche una falsa biografia dello stesso autore,biografia scritta da Dionisio di Magnesia ,vissuto ben sei secoli prima di Nonno di Panopoli.
A Parigi ha inoltre modo di seguire un corso di disegno tenuto da Vidal , allievo di David.
Il disegno e la pittura erano infatti un altro pallino del nostro S.
Nel Luglio del 1855 approda in Sassonia,ospite del suo vecchio amico Alexander Likurgo, che gli aveva dato in passato lezioni di sintassi e stilistica greca.
Ma si tratta di un’amicizia che non è destinata a durare a lungo e Likurgo diventerà ben presto uno dei suoi principali nemici.
S. ha un piano ben preciso! E’ lì,in Prussia, che si annidano i suoi nemici!Qui presenta una serie di manoscritti autentici tra cui alcuni frammenti biblici riguardanti il Pastore di Erma che lui aveva portato via dal Monte Athos. Il prof. Dindorf ne è entusiasta e la biblioteca di Lipsia acquista il manoscritto originale per 100 talleri. Il debutto non può essere migliore!L’antipasto è servito!Tutto è pronto per la stangata!
Così, quando qualche mese dopo, S. presenta un palinsesto con la storia dei re egizi scritta da Uranio, Dindorf e Lepsius,il più famoso egittologo del tempo,non stanno più nei loro panni. Un palinsesto,come saprete, è una pagina manoscritta che è stata cancellata e scritta nuovamente. Nel medioevo infatti la scarsità di pergamene costringeva gli amanuensi a riscrivere su manoscritti antichi. La scrittura sottostante però,col tempo, veniva a riaffiorare e così abbiamo avuto la fortuna di recuperare importantissime opere dell’antichità ritenute disperse.
S. afferma quindi di avere scoperto un antico palinsesto. Sotto uno scritto di Giuseppe Flavio sui Maccabei ,con caratteri di scrittura dell’XI-XII secolo, ha scoperto una Storia dei re egizi di Uranio in scrittura onciale del V secolo d.C. Quel furfante di S. era riuscito a sovrapporre,imitandoli alla perfezione, due tipi di scrittura di epoche diverse!
Vengono quindi fatte delle perizie e viene proclamata l’autenticità del palinsesto.
Il suo amico Licurgo ha però dei dubbi: conosce bene il suo pollo e si stupisce del fatto che nel palinsesto sembri affiorare la lingua corrente dei Greci moderni. Un esempio per tutti - kat’emen idean- a mio parere-,che appare come una traduzione in greco classico di un’espressione greca moderna. K.T.,filologo e biblista ,personaggio sul quale torneremo tra poco,è nettamente contrario all’acquisto del palinsesto. Dindorf ,invece , ne rimane ammaliato e lo paga 2000 talleri.
Lo stesso Dindorf cede quindi il palinsesto all’Accademia delle Scienze di Berlino per 5000 talleri,approntati dal re di Prussia.
Il palinsesto di Uranio comprendeva,secondo S., tre libri sui re d’Egitto,tre libri sui sacerdoti,due libri sulle leggi egiziane,e sei libri sulle città e sulle zone residenziali.
La fantasia di S .aveva avuto modo di sbizzarrirsi :un faraone avrebbe regnato per 128 anni,ma sappiamo che c’è qualcuno che recentemente ha tentato di battere questo record,un altro sarebbe stato avvelenato dalla moglie,(S. ne sapeva qualcosa di avvelenamenti),un altro ancora sarebbe rimasto ucciso, calpestato da un ippopotamo. Nel Gennaio del 1856 ,ad Oxford ,esce un’anteprima di Uranio.
In Germania intanto scoppia uno scandalo. Lepsius,dapprima convinto dell’autenticità del palinsesto, dichiara che si tratta di un falso. Vengono frettolosamente ritirate le copie già stampate,ma ad Oxford ne rimarranno in circolazione ancora 15. E’ uno smacco epocale per gli accademici berlinesi,i quali giurano a S. di fargliela pagare!
Cosi la mattina del 1° Febbraio 1856 giunge a Lipsia il direttore della polizia politica di Berlino,Steiber,accompagnato dal prof. Lepsius. S. viene arrestato mentre si prepara alla fuga e i suoi beni vengono confiscati. Viene sequestrato materiale necessario per fabbricare falsi,tra cui pergamene vergini e diversi inchiostri chimici. S. viene tenuto 17 giorni in carcere e viene ripetutamente interrogato. Le accuse sono: furto,perché gli si contesta che i fogli di Uranios li ha rubati dalla biblioteca del Sultano di Costantinopoli,falsificazione e inganno.
E’ la seconda volta che S. sperimenta il carcere.
Uno dei suoi primi scritti,S. infatti non scrisse solo falsi, riguardava la pittura del Monte Athos e in particolare il pittore bizantino Panselinos,soprannominato il'Raffaello della pittura bizantina'.
S. attribuiva a Panselinos l’invenzione dell’eliografia,e quindi la primogenitura della fotografia alla Grecia!
Sulla rivista Pandora Alexander Rangabè,archeologo,diplomatico e capo del sistema scolastico greco,attacca violentemente S.
S.,d’altra parte, ritiene che Rangabè sia un intrigante e un collaborazionista. Nella fantasia tentacolare del falsario il diplomatico avrebbe voluto lasciare ai francesi il merito della scoperta della fotografia.
Falsifica quindi una lettera in cui R. gli offre la considerevole somma di 5000 dracme se avesse ritirato le copie del Panselinos. S. risponde sdegnato alla lettera da lui stesso scritta:'Anche se ci pagaste 10.000 pezzi d’oro non vi daremmo mai queste opere' L’affare si conclude per S. con una breve pena detentiva.
Ma ritorniamo al processo di Berlino per il falso palinsesto di Uranio. S. viene ripetutamente interrogato e risponde con una autodifesa degna di Socrate,che conclude con queste parole: 'Se fosse vero,tuttavia,che io ne sono l’autore,avrei fatto tutto quanto con tanta maestria da meritare di essere elogiato come il più sapiente degli uomini'. S. è un monomane,un mitomane e un megalomane.
E’ un monomane. Ha un chiodo fisso:falsificare antichi manoscritti! O meglio creare nuove opere. Egli non si limita a copiare:egli crea ex novo. E non si limita a creare nuovi testi. Spesso inventa anche l’autore!
Elias Toumassatos nel saggio'Una frode letteraria nella Grecia del 19° secolo' scrive:' Simonidis aveva indubbiamente le capacità per diventare uno scrittore di talento. Sfortunatamente decise di diventare un grande filologo. Così grande da non avere bisogno di fonti. Egli era abbastanza intelligente per fabbricarsele'.S. è un mitomane. Mentisce in maniera spudorata. Crea una verità parallela ,alla quale crede, o vuole credere. E’ permaloso, vendicativo. Non accetta critiche. Crede di essere perseguitato e Inventa storie inverosimili,come quelle che scrive alla sorella Anna,l’unica della famiglia cui rimase legato. Per esempio le scrive che gli è stata affidata una missione diplomatica che lo ha portato dapprima a Parigi e poi a Londra e che il servizio segreto bavarese ha attentato ripetutamente alla sua vita.
Ed è anche un megalomane!Abbiamo visto come si è difeso davanti al Tribunale di Berlino! E,come vedremo,scrisse,sotto falso nome, ben due autobiografie.
E si pavoneggia con definizioni date dai suoi estimatori (o forse sono sue invenzioni?):calligrafo d’oro, mente e penna infaticabile,personificazione del genio.
La vera preoccupazione di S. non è quella di essere scoperto,ma quella si stupire il pubblico,di suscitare l’ammirazione dei suoi contemporanei. I suoi falsi possono essere scoperti,ma debbono essere scoperti il più tardi possibile,dopo essere stati accettati per autentici,in modo da ridicolizzare coloro che si ritengono infallibili. Così, come Hitchcock, nei suoi 'cameo ', si immortala in alcune scene dei suoi film,anche S. fa capolino nelle sue opere,lascia sempre un sigillo personale nei falsi che confeziona,talora delle espressioni che ricordano il greco moderno,talora l’invenzione di personaggi nuovi in opere già conosciute,come Pempele,la moglie di Ponzio Pilato,personaggio da lui coniato nel suo Vangelo di Matteo.
S. lascia sempre una sorta di firma,a sottolineare che le sue non sono delle semplici copie,ma vere e proprie opere originali!A Berlino intanto sorge un conflitto di competenza. In quella città S. non ha commesso alcun reato e a Lipsia nessuno è disposto ad accusarlo. Dindorf si troverebbe seriamente in imbarazzo nel dovere spiegare la cresta fatta sul compenso del palinsesto. S. torna un uomo libero e lascia i territori sassoni.
Dopo aver lasciato Berlino S. si reca in Inghilterra. A Londra,ad Oxford, a Liverpool!
Vende manoscritti autentici al Br.Mus. e frequenta,tra l’altro, la Badleian Library di Oxford,quella resa famosa dai film di Harry Potter.
Ma è a Liverpool che stabilisce il suo quartier generale. A Liverpool si costituisce inoltre un sodalizio molto stretto tra S, Joseph Mayer ed altri ambigui personaggi.
A Liverpool conosce infatti il collezionista Joseph Mayer che gli sottopone dei manoscritti da decifrare. La reputazione di S. cresce e si conquista la piena fiducia di Mayer. In questi anni S.,che finora si era dedicato principalmente ai codici e ai palinsesti,comincia ad occuparsi di papiri.
E misteriosamente,mentre studiosi sul campo trovano ,in Egitto e in Palestina, modesti frammenti,la raccolta Mayer si arricchisce con facilità di papiri interi.
Così,nell’estate del 1860 ,S. si imbatte in un Vangelo di Matteo,datato 15 anni dopo l’Ascensione di Cristo e dettato dallo stesso Matteo,divenuto cieco, al diacono Nicolaus. Si tratta del più antico documento scritto della storia cristiana!Ben trecento anni più antico del Codex Sinaiticus, il testo più antico fino allora conosciuto della Bibbia!
S. ne ricava un successo ed una notorietà enormi. Il Vangelo di Matteo viene dato alle stampe con in copertina un ritratto di S. Matteo copiato dallo stesso Simonidis da un originale affrescato sul monte Athos.
Curatore della raccolta Mayer era John Eliot Hodgkin, alleato di Simonidis. In una lista spese firmata da Hodgkin si legge di numeroso materiale da scrittura (inchiostri,pennini,ecc.) che probabilmente serviva a Simonidis.
Altro compare di Simonidis era il reverendo Stobart. Costui si faceva passare i falsi confezionati da S. e li vendeva a Mayer dicendo di averli rinvenuti e acquistati a Tebe.
Successivamente S. veniva convocato per scoprire e decifrare le meraviglie che l’inconsapevole M. aveva acquistato e che lo stesso S. aveva fabbricato.
Ma J. M. fu veramente una vittima inconsapevole, oppure era anche lui un complice di S.?
E’ naturale pensare che tra S. M.,St. e H. si facesse un gioco di squadra e che lo stesso M.,venuto a conoscenza della vera natura dei papiri,si fosse trasformato in un collezionista proteso ad arricchire consapevolmente di falsi la propria collezione.
Un anno prima intanto,nel 1859, era stato pubblicato a Londra un libro a firma di Charles Stewart dal titolo:'Biografia di C.S.,dottore in filosofia,stagirita,e difesa dell’autenticità dei suoi manoscritti.' Quasi una risposta agli accademici di Berlino che avevano decretato l’inautenticità del palinsesto di Uranio e che avevano fatto arrestare S.
Sul frontespizio delle memorie compare questo motto:'I più grandi doni che gli dei hanno fatto agli uomini sono la verità e la carità'.Un ponte ideale tra la filosofia classica e l’etica cristiana. Non dimentichiamo infatti che S. era dottore in filosofia e in teologia,e che nell’ultimo scorcio della sua vita aveva presentato domanda per occupare il posto vacante di Vescovo di Etiopia!
L’autore di queste Memorie,Ch .St., spiega che:'Il solo scopo delle pagine seguenti è quello di salvaguardare la reputazione di un buon amico che è stato oggetto di una indecente calunnia'.
Tra le altre notizie biografiche ci riferisce del padre di S.,eroe ferito e pluridecorato nella lotta greca di liberazione,che aveva attrezzato a sue spese una nave per la guerra contro i turchi, la nave da guerra Ares,sulla quale era nato il nostro S. E riporta anche alcune date ,come la data di nascita dello stesso S.
S. ringrazia Ch. St. per questo libro, scritto a sua insaputa,scritto con le migliori intenzioni,ma che contiene alcune imprecisioni come il luogo e la data della sua nascita.
Ma in tutto ciò c’è qualcosa che non ci convince!Innanzitutto la lingua:le memorie non sembrano scritte in un inglese originale ma come se fossero state tradotte in inglese da un’altra lingua.
Ci sono delle iniziali che si ripetono in questa storia!
CS le iniziali di Charles Stewart,l’autore della biografia di S.
Ma chi era questo Charles Stewart?.Nessuno lo conosceva!Tregelles,uno dei più accaniti nemici di S., sostiene che Charles Stewart è la parziale traslitterazione dal greco di Scharlatus Sturdza, un funzionario russo la cui famiglia aveva aiutato S. durante i suoi studi a Mosca e ad Odessa.
Ma C.S. sono anche le iniziali di Costantino Simonidis.
Simonidis e Stewart sono più vicini di quanto, a prima vista, possa sembrare. Le memorie si rivelano ben presto come una autobiografia. Le memorie di Charles Stewart erano state scritte dallo stesso Simonidis.
Ma C.S. sono anche le iniziali del Codex Sinaiticus.
E qui è d’uopo raccontarne un’altra di Simonidis!.
Il Cod.Sin è un manoscritto in greco onciale (cioè maiuscolo) contenente testi biblici,datato tra il 330 e il 350 d.C., e quindi il più antico manoscritto ,a noi pervenuto ,della Bibbia.
Il Codex Sinaiticus fu ritrovato e trafugato dal teologo tedesco Konstantin von Tischendorf presso il Monastero di Santa Caterina sul Monte Sinai, in Egitto.
K.T.,uno dei principali avversari di Simonidis nella faccenda del falso Uranio, fu sul Sinai, ben tre volte.
Durante il suo ultimo viaggio ,in qualità di rappresentante ufficiale dello zar di Russia, riuscì a farsi dare in prestito il manoscritto , per trascriverlo al Cairo.
Il prestito però si trasferì a S.Pietroburgo dove rimase fino al 1933,quando Stalin lo vendette,per una cifra astronomica, alla British Library.
La scomparsa del manoscritto venne poi ricompensata con un 'dono di ritorno' di 900 rubli d’oro al monastero di S. Caterina. Questa è la versione raccontataci da T. nel suo diario del Viaggio in oriente.
La chiesa ortodossa d’oriente però si è sentita da sempre derubata da T.
D’altra parte il suo racconto non è per niente chiaro, ha qualcosa di fiabesco e lascia ampie zone d’ombra.
E qui il colpo di teatro di S.
Il 3 Settembre 1862,sul Guardian di Londra, S. pubblica una lunga lettera .La tesi è semplice e sconvolgente:lui,il greco S., ha scritto il cosiddetto Codex Sinaiticus. Un attacco formidabile al suo avversario e una disarmante confessione. L’uomo che è sempre stato sospettato di essere un falsario, ammette pubblicamente di avere scritto lui quelle antichissime scritture bibliche.
E dice di avere commesso questa frode epocale per difendere la scienza e la fede.
Leggiamo le sue parole:
'Nel fare questa affermazione,io so perfettamente le conseguenze che me ne deriveranno,ma sono così abituato alla calunnia che sono cresciuto nell’indifferenza ad essa,ed ora solennemente dichiaro che l’unico motivo di pubblicare questa lettera è quello di portare avanti la causa della verità,in modo da proteggere le sacre scritture dagli impostori!'
E ci racconta la sua versione. Il Codex l’avrebbe copiato nel 1839,sul monte Athos,su commissione dello zio Benedetto. Una copia di lusso,quella sua, da donare allo zar Nicola I il quale aveva fatto alcuni favori al monastero. Il Codex Sinaiticus non sarebbe altro quindi che una raffinata e sapiente copia dell’originale,originale ancora segretamente e gelosamente custodito dai monaci in qualche monastero. Ed aggiunge che la sua intenzione non era quella di creare un falso! E’ nella tradizione del Monte Athos copiare manoscritti con caratteri di scrittura antichi. La colpa di quanto è successo è pertanto di coloro che hanno agito per ignoranza ed avidità. Il riferimento al suo nemico T. è evidente. S.,quando vuole, sa essere ferocemente vendicativo!
A ben vedere ,però, i personaggi in grado di confermare la versione di S.,tra cui lo zio Benedetto e lo zar Nicola I, nel 1862 erano già morti da un pezzo.
Si vengono a creare due gruppi contrapposti di tifosi,uno a favore di T. e uno a favore di S. e a Londra addiritura i bookmakers accettano scommesse su chi è il vero autore della Bibbia del Sinai.
Nell’arco di circa 10 mesi , sui perodici londinesi ,appaiono ben quattordici saggi sul falsario. La sua notorietà è al culmine.
Le definizioni di S. si sprecano. Ma,forse, la definizione più appropriata, e non certo la più lusinghiera, fu quella data dal naturalista e patriota Alexander von Humboldt che lo definì:'enigma vivente e inestricabile nodo gordiano'.
Nel 1863 ,intanto, l’autenticità del Vangelo di Matteo viene messa in discussione dalla Regia società letteraria. I musei,le biblioteche e i collezionisti d’Europa vanno in fibrillazione. S. è costretto a lasciare precipitosamente l’Inghilterra.Poco dopo sarà visto aggirarsi in Alessandria dove sbarca il lunario offrendosi come interprete e guida ai turisti. Nell’avviarmi alla conclusione di questa mia presentazione mi sono chiesto:perché lo fece?
Che cosa spingeva Simonidis a creare dei falsi?
Era ambizione smodata o era il miraggio di facili guadagni?
S .fu indubbiamente un megalomane e un narcisista. Ma non fece mai della sua attività una miniera di danaro,come avrebbe potuto. Spesso donava le sue creazioni a musei e biblioteche,e morì in miseria.
Oppure lo spingeva il sadico piacere di ingannare?
O ancora l’odio per determinati personaggi politici?
Jacob Burckhardt,in una delle sue lezioni ,diceva:'Non si dovrebbe mai trascurare l’irresistibile impulso interiore che anima l’autore di un falso'. Un falsario infatti non è necessariamente un malvagio e un criminale. Il falsario ha sempre un movente,ma questo non è sempre ignobile!
E sicuramente non ignobile fu il movente che spesso spinse S. a creare i suoi falsi!
La Grecia ebbe anch’essa il suo risorgimento per affrancarsi dall’odiato dominatore turco.
Fondamentale,a tal proposito fu il sostegno degli stati europei. Il 20 ottobre 1827 navi da guerra britanniche,francesi e russe, sconfissero in poche ore, nella baia di Navarino,la flotta ottomana. La Grecia era finalmente libera!
Il nazionalismo però continuò a covare sotto la cenere. Non tutta la Grecia era stata infatti liberata e molti greci si trovavano ancora sotto l’impero ottomano.
Inoltre l’Inghilterra,la Francia e la Russia avevano imposto la loro protezione ed avevano collocato un tedesco sul trono della Grecia. A capo della neonata nazione greca ,nel 1832, venne messo Ottone I principe di Baviera, in quanto lontanissimo erede della dinastia imperiale bizantina dei Comneni. Ottone si comportò come un ferreo monarca assoluto e fu largamente odiato dai greci. Aveva portato con sé un esercito di bavaresi e si era circondato di consiglieri anch’essi bavaresi. Sotto il suo regno I greci si trovarono,per certi versi, ad essere oppressi ancor di più che sotto il governo turco. Inoltre Ottone,cattolico, rifiutò di adottare l’ortodossia come religione di stato, e i suoi ministri tentarono di sopprimere i monasteri e di confiscarne i beni .
E’ in questo clima irredentista e soprattutto anti prussiano che visse il giovane S. il quale,ad Atene,entrò anche nei circoli nazionalisti. Inoltre la Grecia era stata per tanti anni ,e lo era ancora ,depredata dei suoi capolavori e delle sue opere,da parte di avventurieri e collezionisti europei.
All’inizio dell’800 lord Elgin aveva,con il beneplacito dei turchi, spogliato il Partenone delle più belle sculture di Fidia,oggi al B.M. Nel 1821 il Conte di Marcellus aveva trafugato la Venere di Milo,oggi al Louvre.
Nel 1837 Lord Curzon aveva lasciato il monte Athos con le borse piene di antichi codici illustrati, e sappiamo benissimo come Tischendorf era venuto in possesso del codice sinaitico.
S. volle quindi porsi nel solco di una tradizione erudita e patriottica di una Grecia oppressa. Volle dimostrare l’ enorme debito che l’Europa aveva nei riguardi della Grecia. E forse sarebbe giusto ricordare a questi signori capi di stato, che guardano oggi la nostra Italia con aria di sufficienza,e a questi banchieri che rozzamente si permettono di nominarci tra gli stati PIIGS-maiali-Portogallo, Irlanda,Italia,Grecia,Spagna,sarebbe giusto,dicevo, orgogliosamente ricordare a costoro che l’Europa in cui oggi viviamo e tutta la civiltà occidentale non sarebbero tali senza la cultura e i valori tramandatici dai nostri antenati,di Atene e di Roma!
Filomusos kai filoghenestatos. Amanti delle Muse e Patrioti! Questa è quasi una parola d’ordine tra i nazionalisti greci. E’ un grido di battaglia che riecheggia costantemente nei loro scritti!
Così infatti iniziano le lettere che si scambiano tra di loro:- Signore amante delle muse e patriotissimo- come in questa lettera inviata da Londra da S. ad un patriota serbo.
Le muse,per questi neoellenici,significano semplicemente cultura. Essere amante delle muse,in Grecia,nella prima metà dell’800, significa rispondere a un richiamo per una nuova causa nazionale.
E non è certo per caso che l’aggettivo filomusos si accompagna ,in questi scritti,al superlativo dell’aggettivo filogenes,patriota,filogenestatos.
Amare le Muse significa amare la patria.
Abbiamo visto come questo greco dalla vita misteriosa, nel 1864 lasciò precipitosamente l’Inghilterra per recarsi ad Alessandria di Egitto. Della sua morte non abbiamo notizie certe. Come la sua vita anche la sua morte è avvolta nel mistero. Nel 1867,braccato e senza un soldo,S. sarebbe morto,di lebbra, in Egitto. Ma abbiamo le prove che dopo il 1867 era ancora vivo e che, di tanto in tanto, da Alessandria, faceva arrivare ancora nuovi falsi in Europa tramite i suoi compari inglesi.
La notizia della sua morte era stata pubblicata da un personaggio realmente esistito,un greco di nome Rhodokanakis. Ma chi era questo Rhodokanakis? Egli si presentava come Demetrio II,duca Comneno Paleologo Rodokanakis,discendente in linea diretta dagli imperatori di Costantinopoli. Nel 1895 si scoprirà l’imbroglio:le carte che documentavano la sua discendenza dagli imperatori bizantini erano false . E’ inutile che vi dica chi le aveva contraffatte . D’altra parte Rhodokanakis era anche il capo della massoneria greca e sappiamo che S.,a Londra ,era stato introdotto in una loggia massonica. Un impostore,il Rodokanakis, aveva dato una mano ad un falsario!
Il 20 Ottobre 1890 sul Times compare un necrologio di S.
E nel numero di Maggio-Giugno del 1891 della Revue des Etudes Grecques S. viene commemorato assieme ad un altro grande personaggio dell’800, Heinrich Schliemann, morto a Napoli. A testimonianza di un talento che non solo i suoi estimatori ma anche i suoi avversari non potevano che riconoscergli.
Non conosciamo esattamente il luogo della sua morte.
Sicuramente le ultime fasi della sua permanenza in Inghilterra erano state la causa di un irreversibile logoramento intellettuale. Lo scandalo del Sinaiticus diventò così il suo addio al palcoscenico. S. sentì il bisogno di ritirarsi dalla vita pubblica. Secondo il Times fu visto aggirarsi ,negli ultimi tempi, in una piccola città dell’Albania.
Ci fu invece chi giurava di averlo visto in un monastero. La pista non era poi così sbagliata. In una lettera a sua sorella Anna ,S. aveva una volta menzionato la possibilità di ritirarsi in un monastero a causa dell’ingratitudine del mondo. Ma dove andare? Non poteva tornare sul monte Athos dove sarebbe stato subito riconosciuto,né tanto meno andare sul Sinai,dopo lo scandalo del Codice. Rimaneva un terzo centro dell’ortodossia monastica: le Meteore in Tessaglia,nel Nord della Grecia.
E qui l’ odissea di Simonidis potrebbe essere giunta al termine.
Mi piace immaginarlo e ricordarlo così :un uomo anziano si trascina per una strada tortuosa. Dopo una ripida salita raggiunge il monastero. Bussa chiedendo ospitalità. L’odore gli è familiare. Forse ha trovato finalmente la pace a lungo cercata. Ma la sua indole ha un ultimo sussulto. Dovrà mentire un’ultima volta! Ai monaci che l’accolgono stanco e trasandato racconta di essere un greco,di essere un orfano di guerra e di non ricordare nulla della sua infanzia. E, Identificandosi con l’autore di quella che potrebbe essere stata la sua ultima creatura,dice di chiamarsi Artemidoro.
Ormai questo greco randagio non ha più bisogno di mentire. Non passerà più notti insonni col timore di essere scoperto. Quest’uomo dalla natura artistica irrequieta,dotato di una sensibilità non comune e di una intelligenza straordinaria,facilmente irritabile,profondamente solitario,che aveva vissuto una fanciullezza traumatica( vedi la morte della madre ,l’emarginazione a favore dei fratellastri,e che forse aveva subito anche degli abusi),quest’uomo che, ramingo,aveva trascorso un’esistenza travagliata nelle capitali dell’Europa,accusato , riabilitato e di nuovo accusato,vituperato e ammirato , è approdato finalmente nella sua Itaca,nella sua Itaca ideale.
Fra i suoi amati libri ha trovato finalmente la sua identità e,ricco delle esperienze fatte, ha scoperto finalmente la verità, 'il dono più grande che Dio ha fatto agli uomini ',come aveva egli stesso impresso sul frontespizio delle sue Memorie. Non la verità fittizia che aveva a lungo immaginato e creato,ma la verità che incosciamente aveva invano per tanti anni cercato.
E sembrano quasi dedicate a lui le parole di un altro grande greco,guarda caso un altro
Costantino,Costantino Kavafis, in questa struggente poesia sul senso della vita,vita concepita come viaggio verso una meta, meta che si identifica con il cammino stesso,ricco di conoscenze, per raggiungerla. Isaki,Itaca.
Σα βγείς στον πηγαιμό για την Ιθάκη,
να εύχεσαι νάναι μακρύς ο δρόμος,
γεμάτος περιπέτειες, γεμάτος γνώσεις.
Τους Λαιστρυγόνας και τους Κύκλωπας,
τον θυμωμένο Ποσειδώνα μη φοβάσαι,
τέτοια στον δρόμο σου ποτέ σου δεν θα βρεις.
e così via…
Se per Itaca volgi il tuo viaggio,
fa voti che ti sia lunga la via,
e colma di vicende e conoscenze.
Non temere i Lestrigoni e i Ciclopi
o Poseidone incollerito: mai
troverai tali mostri sulla via,
se resta il tuo pensiero alto e squisita
è l’emozione che ci tocca il cuore e il corpo.
Né Lestrigoni o Ciclopi
né Poseidone asprigno incontrerai,
se non li rechi dentro, nel tuo cuore,
se non li drizza il cuore innanzi a te.
Fa voti che ti sia lunga la via.
E siano tanti i mattini d’estate
che ti vedano entrare (e con che gioia
allegra) in porti sconosciuti prima.
Fa scalo negli empori dei Fenici
per acquistare bella mercanzia,
madrepore e coralli, ebani e ambre,
voluttuosi aromi d’ogni sorta,
quanti più puoi voluttuosi aromi.
Recati in molte città dell’Egitto,
a imparare dai sapienti.
Itaca tieni sempre nella mente.
La tua sorte ti segna a quell’approdo.
Ma non precipitare il tuo viaggio.
Meglio che duri molti anni, che vecchio
tu finalmente attracchi all’isoletta,
ricco di quanto guadagnasti in via,
senza aspettare che ti dia ricchezze.
Itaca t’ha donato il bel viaggio.
Senza di lei non ti mettevi in via.
Di più nulla ha da darti
E se ti appare povera all’arrivo,
Itaca non t’ha ingannato.
Ricco di saggezza ed esperienza
avrai capito Itaca cos’è.
Sit tibi terra levis,Simonides! Giuseppe Abbita
Inserito il 15 Novembre 2011 nella categoria Relazioni svolte
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