Nel centenario della scomparsa, il prof. Antonino Tobia ha intrattenuto i numerosi soci presenti sul tema “Giosue Carducci: l'uomo e il poeta
Relatore: Prof. Antonino Tobia - Letterato
Il Carducci alla Libera Università
Giovedì 29 novembre 2007, il prof. Antonino Tobia ha intrattenuto i numerosi soci presenti all’incontro, sul tema 'Giosue Carducci: l’uomo e il poeta, premio Nobel, nel centenario della scomparsa (!835-1907).
Il relatore, attraverso un’ampia e documentata esposizione, ha passato in rassegna i diversi momenti della formazione politica, culturale, poetica del poeta di Val di Castello. In premessa, ha esposto le motivazioni di tale scelta: Carducci muore nel 1907 e, pertanto, ricorre il centenario della sua scomparsa; Carducci è il primo premio Nobel, che ha onorato le lettere italiane.
La vita del poeta maremmano segnò un’epoca nel mondo letterario dell’Italietta, pervenuta faticosamente alla sua unificazione politica nel 1861, attraverso il suo lungo magistero di oltre quarant’anni presso l’università di Bologna; e la sua evoluzione ideologica seguì lo stesso modus agendi, che segnò il processo di involuzione di tutta quella classe politica, che la Sinistra storica aveva espresso.
Il Carducci crebbe in un ambiente familiare fortemente legato ai valori della democrazia e del mazzinianesimo, in particolare. Sebbene non avesse partecipato all’impresa garibaldina, seguì con entusiasmo le vicende risorgimentali. Ma l’Italia sognata dai padri da Dante al Petrarca, da Machiavelli al Foscolo si era rivelata una delusione. I sogni rivoluzionari giovanili, alimentati dalle grandezze che la storia di Roma aveva tramandato attraverso le sue rovine, si erano scontrati con i compromessi politici, gli scandali finanziari e la corruzione dell’amministrazione pubblica.
Carducci, a differenza dell’atteggiamento velleitario e inerte di molti Scapigliati, grida la sua protesta, denuncia, polemizza contro l’Italia postunitaria, stigmatizzando, in particolare, l’atteggiamento rinunciatario dei governi della Destra Storica nei confronti di Roma, che non era entrata a far parte ancora del regno d’Italia. Da qui il suo giacobinismo di tradizione rivoluzionaria e soprattutto la sua feroce posizione anticlericale che nell’Inno a Satana esprime tutto il suo furore polemico. L’Inno a Satana è simbolicamente l’inno al progresso, al positivismo, alla scienza di contro al conservatorismo e all’antimodernismo di Pio IX. Ma la mitizzazione giacobina del popolo 'la santa canaglia' e lo stesso anticlericalismo si stemperano dopo il 1870, con la conquista di Roma, con la fama che andava sempre più riscuotendo dalla cattedra che teneva a Bologna e con l’incontro con la regina Margherita, la cui regale bellezza gli ispirò un’ode. I suoi giovanili ideali repubblicani diventano un lontano ricordo, anzi il Carducci assume il ruolo prestigioso di poeta vate della monarchia dei Savoia e della Terza Roma. Anche le sue idee politiche subiscono un processo involutivo, sposando la politica conservatrice e reazionaria del governo, soprattutto nei confronti delle regioni meridionali.
Il Carducci amava definirsi 'lo scudiero dei classici', sostenendo fin da giovane una vibrata polemica antiromantica. Si trattava di contrapporre al Romanticismo sentimentaleggiante e lacrimoso di Prati e Aleardi, poeti cari alla delicata quanto superficiale sensibilità piccolo-borghese, i valori trasmessi dai classici greci e latini e dai grandi poeti italiani da Dante al Foscolo. Spesso, però, il poeta finì con l’essere contagiato dalla stessa sensibilità romantica nelle poesie in cui rivela più liberamente le sue emozioni, le sue tristezze, le sue malinconie, al di là di quell’immagine del poeta 'artiere dai muscoli d’acciaio' che aveva amato costruirsi addosso. Se meritano attenzione i suoi tentativi di riportare la gravitas e la compostezza della metrica quantitativa nella metrica accentuativa italiana, attraverso l’operazione ammirevole delle Odi barbare, il Carducci che amiamo è quello di Davanti san Guido, del Pianto antico, di Funere mersit acerbo, di Traversando la Maremma toscana, di Sogno d’estate e di tante altre che hanno arricchito la nostra lingua, affinato la nostra sensibilità, rincuorato i nostri propositi con il messaggio di pace e di speranza che il poeta sa leggere nelle bellezze naturali, di cui fu un pittore inestimabile.
Il relatore, alla fine, ha accennato alla fede massonica del Carducci, sostenendo che essa fu profonda e sincera, ma non tale da suggerire una sorta di simbologia massonica che taluni avventati hanno voluto intravedere tra i versi del Nostro.
La lezione sul Carducci si è trasformata, ad un certo punto della serata, in una corale partecipazione dei presenti, che hanno ricordato gli anni della loro adolescenza chini a studiare i testi carducciani e con sentita nostalgia hanno accompagnato la lettura delle poesie più note, commentate dal conferenziere.
Inserito il 29 Novembre 2007 nella categoria Relazioni svolte
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