La linea di divisione tra l'uomo e gli animali non puņ basarsi nč sull'intelligenza nč sulla capacitą di parlare: ne ha parlato il dott. Riccardo Ascoli dell'Universitą di Palermo
L'origine del rapporto uomo/animale si perde nella notte dei tempi, rapporto che all’inizio non era basato sulla drammatica divisione tra uomini e animali (i primi portatori di diritti e gli altri ridotti a cose) e che dopo consentì, e fino alla nostra era, lo sfruttamento di decine di miliardi di animali all'anno per scopi alimentari, scientifici o ludico-voluttuari.
Il pensiero ebraico-cristiano così esortava:
"Siate fecondi, moltiplicatevi e incutete paura e terrore a tutti gli animali della terra e a tutti gli uccelli del cielo [...] Tutto ciò che si muove e che ha vita vi sarà di cibo". (Genesi IX, 1-5).
Però: 'Poi Dio disse: ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la Terra, e ogni albero in cui è il frutto e che produce seme: saranno il vostro cibo. A tutte le bestie selvatiche, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri che strisciano sulla terra, e nei quali è alito di vita, io do in cibo ogni erba verde. E così avvenne.' (Genesi I, 29-31)
La convinzione che Dio non cercasse sacrifici animali è pure dei profeti:
Isaia: 'Che m’importa dei molti vostri sacrifici? Dice il Signore. Sono sazio degli olocausti degli arieti e del grasso dei vitelli; non gradisco il sangue dei buoi, degli agnelli e dei capri'.
Osea: 'Io voglio l’amore più che il sacrificio, la conoscenza di Dio più che gli olocausti'.
Geremia: 'In verità io non parlai né diedi comandi sul sacrificio ai vostri
padri quando li feci uscire dal paese d’Egitto'.
Il pensiero aristotelico rivelava che:
"Dove non vi è nulla di comune tra il comandante e il comandato non v'è amicizia e neppure giustizia ma vi sono rapporti quali quello dell'artista verso il suo strumento [...]. Nulla vi è di comune tra il padrone e lo schiavo: infatti il servo è uno strumento dotato di anima". (Etica Nicomachea).
"Le piante sono fatte per gli animali e gli animali per l'uomo. Quelli domestici perché ne usi e se ne nutra, quelli selvatici perché se ne nutra e se ne serva per gli altri bisogni [...] Perciò anche l'arte bellica sarà in un certo senso arte di acquisizione. La caccia ne è una parte e si deve praticare contro le bestie e contro gli uomini che, nati per obbedire, si rifiutano". (Politica).
Il pensiero romano così si esprimeva:
"Che funzione hanno le pecore se non quella di permettere agli uomini di rivestirsi dei loro velli, lavorati ed intessuti? [...] E che dire dei buoi? La stessa conformazione del dorso risulta inadatta a sostenere pesi, ma il collo appare nato proprio per reggere il giogo, e gli omeri ampi e vigorosi per trascinare l'aratro [...] Quanto al maiale non serve ad altro che a fornire carne da mangiare ". (Cicerone, De Natura deorum).
Il pensiero stoico induceva a riflettere che:
"Ci sarà nelle bestie un certo bene, una certa virtù, una certa perfezione, ma questo bene, questa virtù, questa perfezione non sono assoluti. L'assoluto è prerogativa dell'essere ragionevole, a cui è concesso sapere perché, entro quali limiti e in che modo bisogna agire. Così il bene non esiste se non nell'essere fornito di ragione". (Lucio Anneo Seneca, Lettere a Lucilio).
Il rappresentante più lucido del pensiero stoico è Crisippo che così interpreta la ragione d'esistere degli animali: "I cavalli per fare la guerra, i cani per la guardia a noi, le pantere, gli orsi, i leoni per esercitare il nostro coraggio. Quanto al maiale non fu generato che per essere ucciso [...] Perché noi avessimo brodi e contorni ci ha foggiato ostriche di vario genere, conchiglie di porpora e vari generi alati".
È interessante notare come su queste prospettive che vedono la natura in genere, e gli animali in particolare, bistrattati, vilipesi e al servizio dell'uomo, s’affacci l’occasione di svilire pure altri gruppi umani (gli indiani d'America, gli africani, gli ebrei) al fine di rendere più facile il loro asservimento o la loro eliminazione.
'La crudeltà verso gli animali è il tirocinio della crudeltà contro gli uomini' è la convinzione del poeta Publio Ovidio Nasone.
E Lev Tolstoj aggiunge: 'Dall’uccidere gli animali all’uccidere gli uomini il passo è piccolo, e anche dal far soffrire gli animali al far soffrire gli uomini. Fino a che ci saranno i macelli ci saranno anche i campi di battaglia'.
Gli esseri viventi sono perciò posizionati su una scala gerarchica alla cui cima stanno gli ateniesi, i romani, ma poi i bianchi, i tedeschi e dopo ancora gli ebrei, gli zingari, i poveri, gli handicappati e i migranti. Solo alla fine appaiono gli animali non umani.
E questo è il fondamento teorico di una società basata sullo sfruttamento dell'uomo sull’uomo attraverso il classismo, il razzismo e il sessismo, e dell'uomo sugli animali tramite lo specismo, pensiero che pone la specie umana al di sopra delle altre specie animali.
Il passo della Politica di Aristotele giunge prima di altri all’interpretazione della scala degli esseri basata sulla netta separazione uomo/animale.
A questa logica non sfugge Platone che, sebbene iscritto nella tradizione animalista greca, dice nel Timeo: ' E gli animali pedestri e selvaggi sono nati da esseri che non si giovano della filosofia e non contemplano la natura del cielo [...] Dunque per queste abitudini curvarono a terra le membra anteriori e la testa attratte dalla parentela con la terra [...] E quelli di loro che sono più stolti, e che distendono tutto il corpo a terra, gli dei li generarono senza piedi e striscianti [...] La quarta specie, ch'è l'acquatica, deriva dai più ignoranti di tutti che gli dei [...] non credettero nemmeno degni della respirazione pura [...] e li spinsero nella torbida e cupa respirazione dell'acqua".
Però sa pure immaginare, nel Politico, che: " Gli uomini allora avevano grande disponibilità di tempo, e il potere di stabilire relazioni e conversazioni non solo fra uomini, ma anche con le bestie; facevano uso di tutte queste condizioni in funzione della filosofia, discorrendo appunto fra loro e con gli altri animali ed interrogando tutte le specie animate per sapere se una ve ne fosse che per una sua particolare capacità avesse mai potuto conoscere qualche cosa a tutto superiore nel procurare grande apporto al tesoro dell'intelligenza. È facile giudizio dire che quelli di allora incommensurabilmente eccellevano per felicità sugli uomini di ora".
E pure Ovidio pensa a un tempo passato: 'L’epoca che abbiamo definito come epoca d’oro offriva in abbondanza i frutti degli alberi e le erbe che la terra ha fatto crescere e la bocca degli uomini non era imbrattata di sangue. In quei tempi gli uccelli muovevano le loro ali al sicuro nell’aria e la lepre attraversava il campo senza timore'.
Ma le divisioni si accentuano sempre di più. Si cercano giustificazioni per lo sfruttamento dei non umani.
San Paolo, Lettera ai Corinti:
"Continuate a mangiare ogni cosa che si vende al macello senza informarvi a motivo della vostra coscienza poiché a Dio appartiene la terra e tutto ciò che la riempie. Se qualcuno dei pagani vi invita, e desiderate andarvi, mangiate di ogni cosa che vi è posta davanti ".
Tommaso d'Aquino, Summa Theologiae:
"Nessuno pecca per il fatto che si serve di un essere per lo scopo per cui è stato creato. Ora, nella gerarchia degli esseri, quelli meno perfetti son fatti per quelli più perfetti [...] E il più necessario dei servizi è quello di dare le piante in cibo agli animali, e gli animali agli uomini ".
Cartesio, Lettera alla Marchesa di Newcastle:
"So che gli animali fanno molte cose meglio di noi, ma questo non mi sorprende. Essi agiscono naturalmente e meccanicamente, come un orologio che segna il tempo meglio di quanto faccia il nostro giudizio. Senza dubbio quando le rondini arrivano in primavera agiscono come orologi. Le azioni delle api sono della stessa natura, come la disciplina delle gru in volo e delle scimmie in lotta".
Hegel, Filosofia della natura:
'L'uomo si distingue dall'animale perché sa di sé stesso. Egli è pensante".
Il marxismo classico, pur votato alla liberazione e all’eguaglianza, non supera la barriera biologica della specie.
Karl Marx, Manoscritto economico-politico del 1844:
"L'animale riproduce soltanto se stesso mentre l'uomo riproduce l'intera natura. Il prodotto dell'animale appartiene immediatamente al suo corpo fisico mentre l'uomo si pone liberamente di fronte al suo prodotto. L'animale costruisce soltanto secondo la misura e il bisogno della specie a cui appartiene mentre l'uomo sa produrre secondo la misura di ogni specie e sa predisporre le cose adatte a quel determinato oggetto".
Engels, Dialettica della natura:
"L'animale arriva al massimo a raccogliere. L'uomo produce, allestisce i mezzi necessari all'esistenza nel senso più vasto della parola, mezzi che senza di esso la natura non avrebbe prodotto'.
Da questa breve rassegna, è interessante notare che qualunque sia il punto di partenza, cristiano o meccanicista-scientista, il risultato è sempre identico: netta ed ingiustificata separazione tra animali umani ed animali non umani.
Ma come è possibile che coloro i quali hanno una chiara consapevolezza delle sofferenze e delle ingiustizie del mondo non riescono ad includere nella loro attenzione altri animali che hanno la stessa capacità di soffrire pur non avendo la parola per gridare la loro ribellione?
Certamente per l’antropocentrismo (l’uomo al centro di tutto) da cui sono affetti, per esempio, il Cristianesimo e il Marxismo.
L’Islam dice:
"Mangiate di ciò su cui è stato invocato il nome di Dio [...] Egli è Colui che ha prodotto giardini [...] Mangiatene i frutti quando fruttificano [...] Ha pure prodotto animali da carico e non da carico. Mangiate ciò di cui Iddio vi ha provveduti". (Sura VI Del Bestiame).
"Gli animali domestici devono essere nutriti in maniera appropriata, ricevere cure adeguate ed essere trattati gentilmente. Una donna andò all'inferno per aver segregato un gatto fino a farlo morire. Ella non gli diede da mangiare né gli offrì acqua da bere e nemmeno lo lasciò libero di vagare per mangiare gli insetti della terra" (Bukhari n° 5702)
L'Islam proibisce l'utilizzo di un animale vivo. E' stato riportato che Ibn Umar, passando accanto ad un gruppo di giovani, vide che usavano un uccello come bersaglio vivo. Dopo aver chiesto chi avesse fatto tale azione commentò: "Che Allah maledica chi utilizza un essere vivente come bersaglio" (Bukhari n.5196 Muslim n.1958)
L'Islam proibisce di fare del male agli animali.
"Eravamo in viaggio in compagnia del Messaggero di Allah quando egli si allontanò per un bisogno. Mentre era assente vedemmo un codirosso con due pulcini; glieli prendemmo e il codirosso ci venne dietro e prese a svolazzarci intorno. Venne il Profeta e disse: chi ha messo quest'uccello in angustia per i suoi piccoli? Restituitegli i piccoli! Poi vide che avevamo bruciato un formicaio, e così disse: chi l'ha bruciato? Noi, rispondemmo. Non conviene che a tormentare col fuoco sia altri che il Signore del Fuoco, osservò". (Abu Dawud n.5268)
L'Islam comanda di usare clemenza pure quando gli animali devono essere uccisi a scopo alimentare. Non è permesso infatti affilare la lama davanti all'animale che sta per essere sgozzato o alla presenza di altri capi di bestiame, come non è consentito uccidere tirando il collo dell'animale o battendolo. E' ugualmente vietato iniziare a scuoiare l'animale prima che sia definitivamente morto.
Però l'Islam ordina di uccidere gli animali e gli insetti pericolosi e dannosi al fine di proteggere l'essere umano, essendo la sua vita sacra agli occhi di Allah, il Quale ha fatto di lui la creatura più onorevole sulla Terra.
Il Messaggero di Allah raccontò: "Un uomo che percorreva un sentiero fu assalito dalla sete. Raggiunto un pozzo vi si calò dentro, bevve a sazietà e ne uscì. Poi vide un cane con la lingua penzolante che cercava nel fango qualche goccia per placare la sua sete. L'uomo, accortosi che il cane era assetato come lo era stato lui poco prima, discese di nuovo nel pozzo, riempì la sua scarpa d'acqua e fece bere il cane. Dio perdonò i suoi peccati per questa azione. Fu chiesto al Profeta: Messaggero di Dio, siamo ricompensati per la gentilezza verso gli animali? Egli disse: c'è una ricompensa per la gentilezza verso ogni essere vivente." (Bukhari n.5663)
L’Ebraismo stabilisce una connessione fondamentale tra gli esseri umani e gli animali. Permette all'uomo di mangiarli ma li protegge contro la macellazione crudele. La legge rabbinica impone che gli animali debbano essere uccisi nel modo meno doloroso possibile, vale a dire con un solo colpo di coltello.
Il teologo Max Von Sachsen commenta però che: 'Non si deve cercare una forma più mite di macellare, bensì la sua totale abolizione. Quanto più si cerca di rendere umano il macello tanto più si rafforza la causa della macellazione'.
E sempre per evitare loro sofferenze inutili la Torah vieta la cottura di un capretto nel latte di sua madre, e di prendere uova o pulcini da un nido mentre la chioccia è presente. E questo perché le madri non dovrebbero né vedere né partecipare alla uccisione dei figli.
Non si può battere il proprio animale per farlo lavorare troppo o in modo innaturale. Il comando biblico per lo Shabbat precisa: "Per sei giorni si deve fare tutto il lavoro, ma il settimo giorno è sabato di Dio, tu non farai alcun lavoro, né tu né tuo figlio o tua figlia, il tuo servo o il tuo animale".
I proprietari devono alimentazione, acqua e cure per i bisogni primari dei loro animali. Se se ne incontra uno che soffre il suo carico occorre togliere questo peso. Si deve alleggerire un animale anche se appartiene ad un nemico!
'Gli allevamenti su scala industriale, che riguardano milioni e milioni di esseri viventi ogni anno, sarebbero luoghi da abolire e invece sono catene di montaggio di esseri ridotti ad oggetto. L’animale che vive in cattività, in condizioni estreme e solo per essere ammazzato, inevitabilmente si ammala'. (Mario Fuà)
'Si sono convinti che l'uomo, il peggior trasgressore di tutte le specie, sia il vertice della creazione: tutti gli altri esseri viventi sono stati creati unicamente per procurargli cibo e pellame, per essere torturati e sterminati. Nei loro confronti tutti sono nazisti. Per gli animali', grida Isaac Bashevis Singer, ' Treblinka dura in eterno.'
Nelle Chiese Ecumeniche la consapevolezza del dolore che gli animali subiscono a causa dell’uomo, e il diritto alla vita di ogni essere, hanno fatto dei passi avanti rispetto al cattolicesimo.
Già nel 1983 l’Assemblea del Consiglio Ecumenico delle Chiese di Vancouver chiedeva un maggiore impegno per la giustizia, per la pace e per l’integrità del creato. Nel 1990 l’Assemblea del Consiglio Ecumenico delle Chiese di Seoul così s’impegnava: «Ci assumiamo il compito di essere al tempo stesso membri della comunità vivente in cui siamo semplicemente una specie'. Anche nella Carta Ecumenica di Strasburgo è stato affermato il valore intrinseco di ogni creatura.
In occasione della Pasqua 2008 Karl Bopp, docente di teologia pastorale, ha parlato del legame che unisce tutte le creature e che quindi proibisce un antropocentrismo assoluto per il quale la natura viene percepita solo come una risorsa per interessi utilitaristici.
Il francescano Mons. Gianfranco Girotti, ha recentemente parlato di 'peccato ambientale commesso dall’uomo', concetto nuovo nel vocabolario ecclesiale.
Mons. Luigi Negri, vescovo di San Marino e Montefeltro, obietta però che l’uomo postmoderno comincia a cadere in una sorta di idolatria della natura la quale finisce per avere una dignità superiore a quella del soggetto umano.
L’enciclica Caritas in Veritate di Benedetto XVI denuncia con chiarezza che gli eccidi perpetrati ai danni della natura sono l’espressione di una volontà di dominio assoluto, ma pure che la risposta non può essere l’idolatria della natura stessa.
E poi se tanti si battono per salvaguardare gli animali molti tacciono sulla difesa della vita degli uomini accettando il libero aborto oppure le manipolazione genetiche. Sembrerebbe che oggi non ci si scandalizzi nella giusta maniera per un bambino gettato nella spazzatura rispetto a quanto ci si irrita e ci si mobilita per gli animali gettati pure loro nei cassonetti, o prigionieri degli zoo e dei circhi o abbandonati.
De Gregori canta che 'Delle bombe che sembrano dei giocattoli ammazzano le persone ma risparmiano gli scoiattoli.'
Su un blog si leggeva che 'Calpesterai tanti morti di fame mentre andrai a salvare una balena spiaggiata.'
Ci sono poi sacerdoti che firmano manifesti sulla coscienza degli animali.
San Tommaso parlava già di una capacità cogitativa, di ordinamento delle sensazioni, di interiorizzazione del pericolo.
Nel XVIII secolo, nell’opera 'Introduzione ai principi delle morali e delle leggi' il filosofo utilitarista Jeremy Bentham dice: "Verrà il giorno in cui il resto degli esseri animali potrà acquisire quei diritti che gli sono stati negati dalla mano della tirannia. Si potrà un giorno giungere a riconoscere che il numero delle gambe, la villosità della pelle o la terminazione dell'osso sacro non sono motivi sufficienti per abbandonare a se stesso un essere sensibile. E quale dovrebbe essere la linea invalicabile? La facoltà di ragionare? Il linguaggio? Ma un cavallo o un cane adulti sono di certo più razionali e comunicativi di un bambino di un giorno, di una settimana o perfino di un mese. La domanda non è "Possono ragionare? Possono parlare?" ma "Possono soffrire?".
Tali intenti vengono ripresi nel 1975 quando il filosofo Peter Singer pubblica "Animal Liberation" . Questo saggio, che diventerà la bibbia dell'ecologismo più estremo e della fuoriuscita degli animali dalla schiavitù, parte dalle considerazioni di Bentham: "L'importante non è se siano intelligenti, con quattro zampe, o possano parlare. Ma se possono soffrire".
Una reazione forte contro Spinoza, che senza rispetto e carità verso la sofferenza dell’animale non umano dice: "Non nego che i bruti sentano, ma nego che per questo non sia lecito provvedere alla nostra utilità e servirci di essi a piacere e trattarli come più ci conviene.[…] Anche se gli animali soffrono, a noi, in fondo, non deve interessare granché'. (Ethica more geometrico demonstrata)
Ma anche verso il convincimento di Malebranche: 'Se Dio esiste non può far soffrire delle creature innocenti non coinvolte nel peccato originale. Dunque, poiché è certo che Dio esiste, gli animali non possono avere capacità di soffrire".
E contro le argomentazioni del gesuita Bougeant: 'Sono demòni in attesa del giudizio universale. Pertanto non solo noi non abbiamo alcun dovere nei loro confronti, ma addirittura è un atto di fede il farli soffrire!'
E pure contro quelle dell’altro gesuita Katherin che scriveva:
'L'uomo non solo non ha verso i bruti dei doveri giuridici ma nemmeno doveri di altro genere (...) Come dovremmo avere dei doveri verso creature che possiamo a nostro capriccio fare a pezzi, arrostire e mangiare? Gli animali non hanno diritti perché il diritto è una prerogativa dell'essere spirituale. Perciò gli animali, che non sono esseri spirituali, non hanno diritti'.
Merita però sottolineare che nella Chiesa Cattolica un cambiamento nei confronti degli animali comincia ad apparire. Probabilmente sull’onda dello slancio che Questa ha preso contro la schiavitù, il razzismo, lo stato precario della donna e la pena di morte, e verso l’accettazione dell’esistenza di altre religioni.
Però Schopenauer e la scrittrice animalista Nelly Moia non si tirano fuori dalla storia.
Il primo asserisce che: 'La morale cristiana ha limitato le proprie norme di vita riferendole esclusivamente all’uomo e lasciando tutto il mondo animale senza alcun diritto. È sufficiente vedere come la plebe si comporta nei confronti degli animali, uccidendoli senza scopo e ridendo, oppure mutilandoli, facendoli soffrire'.
E la scrittrice protesta perché 'Oggi, in un tempo in cui è di moda la protezione per gli animali, i propagandisti della Chiesa saltano sul treno in corsa mettendo in primo piano San Francesco per significare che è stata la Chiesa ad inventare l’amore per gli animali mentre in realtà per duemila anni li ha traditi, ha giustificato il loro sfruttamento ed ha ignorato o guardato con indifferenza le loro sofferenze'.
Concludendo, alla fine, è certo che come linea di divisione tra noi e gli altri animali non possiamo scegliere l'intelligenza, la capacità di parlare o un'altra qualità. E questo perché non tutti gli esseri umani sono al di qua di tale linea. I bambini, i portatori di handicap, i cerebrolesi sono sicuramente meno intelligenti di molti animali. La linea di divisione non può essere allora che la capacità di soffrire.
La Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Animale è stata proclamata il 15 ottobre 1978 presso la sede dell'UNESCO a Parigi. Il suo testo è stato redatto da personalità appartenenti al mondo scientifico, giuridico e filosofico e alle principali associazioni mondiali di protezione animale.
Tale Dichiarazione costituisce una presa di posizione filosofica riguardo ai rapporti futuri tra la specie umana e le altre specie.
Così Goethe sembra introdurla: 'Il profondo rispetto religioso per le creature che si trovano al di sotto di noi include naturalmente anche il mondo degli animali e impone agli uomini il dovere di rispettare e proteggere le creature al di sotto di loro'.
E poi il Mahatma Gandhi: 'Per me la vita di un agnello non vale meno della vita di un uomo. E non toglierei mai la vita ad un agnello per soddisfare il corpo umano. Un essere vivente quanto più è indifeso tanto più ha il diritto di essere protetto'.
L’oncologo Umberto Veronesi ci fa notare che: 'Quando a tavola ci si trova davanti a una bistecca non si pensa che quella parte apparteneva a un animale da accarezzare, da amare'.
Ma Leonardo da Vinci se n’era già andato molto avanti: 'Verrà un tempo in cui considereremo l’uccisione di un animale con lo stesso biasimo con cui consideriamo oggi quella di un uomo. Sarà il tempo in cui il fatto di cibarsi di animali l’osserveremo con lo stesso biasimo con cui oggi condanniamo chi si ciba dei nostri simili, ossia un cannibale'.
Grande delicatezza c’è in Paul Mc Cartney: 'Non si può mangiare ciò che ha un viso'. E in Sven Hedin: 'Non sono mai riuscito a spegnere una vita perché non ho mai avuto il potere di riaccenderla'.
Nei 14 articoli della Dichiarazione si raccomanda:
il rispetto per gli habitat e per gli animali selvatici (rinuncia di caccia e pesca);
la rinuncia ad animali per divertimento o pseudocultura (zoo e circhi);
la rinuncia all'addomesticamento autoritario di alcune specie
a) per fini alimentari (allevamenti intensivi, trasporti, macellazioni)
b) per fini commerciali e sportivi (cani, gatti, cavalli e altri animali)
c) per l'abbigliamento (animali da pelliccia);
la rinuncia all'uso di animali per la ricerca
a) biomedica,
b) industriale,
c) cosmetica;
la rinuncia ai maltrattamenti, agli abbandoni, alle crudeltà;
la rinuncia all'uso, alla tortura, all'uccisione di animali per divertimento in
a) corride,
b) combattimenti di cani e altri animali,
c) rodei.
Adesso gli stati più civili hanno inasprito le loro poche leggi al riguardo o ne hanno create di nuove. Sono sorti organismi che si sono affiancati ai pochi già esistenti. Ricordiamo:
la WAZA e l’EAZA (Associazioni Mondiale ed Europea degli Zoo e degli Acquari)
la LAV (Lega Anti Vivisezione)
la AMICI ANIMALI DELL’ARMA DEI CARABINIERI (aiuta a gestire un cane)
l’ENPA (Ente Nazionale Protezione Animali, storica associazione nata nel 1871)
la LIPU e la BLF (Leghe Italiana e Internazionale per la Protezione Uccelli
la IWC (controlla e regolamenta la caccia)
la COMMISSIONE EUROPEA PER LA SANITÀ E LO SVILUPPO DEGLI ANIMALI (ne evidenzia le politiche e le tendenze a livello europeo)
Continuano le crudeltà e le violenze gratuite, ma certamente il mondo sta volendo sempre di più bene a questi nostri fratelli diversi.
E alle nostre sorelle diverse:
LE PIANTE
Noè, forse nessuno glielo aveva raccomandato, non mise nell’Arca le varie specie delle piante acciocché si salvassero dal mondiale allagamento.
Erano creduti esseri senza movimento, per il che il pensiero aristotelico le aveva posizionate accanto ai minerali, al confine fra la vita e la non vita, lasciando loro il possesso d’un’anima di serie B.
Oggi invece hanno fatto un balzo verso la nostra curiosità perché è stato scoperto che ragionano, e in un certo senso parlano.
Nel Polo Universitario di Sesto Fiorentino è nato il Laboratorio Internazionale di Neurobiologia Vegetale, il primo al mondo specializzato nello studio dell'intelligenza verde. Lo dirige uno dei massimi esperti della materia, il professor Stefano Mancuso, associato di Fisiologia delle Specie Arboree alla Facoltà di Agraria, l'uomo che ha portato la scienza su un terreno fin qui sconosciuto. Si deve infatti a lui e alla sua équipe aver dimostrato che le piante possiedono una loro specifica forma di razionalità e di linguaggio.
Le ricerche fin qui condotte hanno scoperto che alle estremità delle radici esiste una 'zona di transizione', non più spessa di un millimetro, che possiede cellule con caratteristiche neuronali capaci di trasmissioni sinaptiche analoghe a quelle del cervello di un animale inferiore, insetto o celenterato che sia. «Ormai», dice Mancuso, «è chiaro che anche le piante ragionano. Con i piedi, ma ragionano. In sostanza si arrovellano per risolvere lo stesso identico problema di tutti noi, quello di sopravvivere. Per questo, benché non si veda, si muovono molto con le estremità delle radici perennemente alla ricerca di cibo. Proprio come noi, si difendono e aggrediscono. Abbiamo anche capito che dormono, allevano i figli, comunicano, imparano. Riescono a risolvere un problema in modo sempre più efficiente e sono capaci perfino di autocoscienza.
La difesa, l’aggressione
Anche i vegetali hanno istinti bellicosi.
Una delle più sorprendenti scoperte è che in effetti che le radici di piante diverse si fanno guerra se si avvicinano troppo l'una all'altra. Ma cooperano se la pianta è la stessa.
Alcune attraggono i nemici naturali degli insetti o altri agenti patogeni facendo in modo che si eliminino a vicenda.
La foglia distingue le zampe del bruco dalle innocenti gocce di pioggia, e si copre di sostanze sgradevoli che la difendono.
Le foglie delle acacie costituiscono il cibo abituale delle antilopi, e alcuni naturalisti avevano deciso di allevare in cattività questi animali per salvaguardarli dall’estinzione.
Nel recinto protettore che li accoglieva c’erano acacie le cui foglie venivano brucate intensamente dagli animali. Ma dopo un po’ di tempo questi cominciarono a deperire, e molti di loro a morire come se fossero stati sottoposti a un prolungato digiuno. L’ autopsia scoprì che lo stomaco conteneva sì delle foglie di acacia, ma non digerite. Paradossalmente quelle antilopi erano morte di fame a pancia piena. Qualcosa aveva reso quelle foglie invulnerabili ai succhi gastrici. Si finì per capire che erano letteralmente infarcite di tannino, una sostanza del tutto indigeribile. E questo perché quando un’acacia viene aggredita da più erbivori contemporaneamente decide di metterli alla fame, e comincia così a impregnare di tannino le foglie. Ma non si limita a questo, invia pure alle acacie vicine un segnale di allarme liberando nell’atmosfera una sostanza volatile, l’etilene, un vero e proprio SOS chimico, e così le piante circostanti nel giro di quindici minuti riescono a tannizzare le proprie foglie!
Il sonno
Il sonno agisce sulle funzioni più nobili del cervello quali l’apprendimento e la razionalizzazione. Ne consegue che soltanto gli uomini e pochi animali superiori possono esserne dotati. Questa è stata per anni la posizione ufficiale della scienza, ma oggi il sonno sembra essere un fenomeno assai comune. Se fino a pochi anni fa i mammiferi e gli uccelli erano i soli ritenuti capaci di dormire, a questa ristretta schiera si sono ormai aggiunti anche gli insetti.
E cosa fanno le piante?
Linneo aveva ricevuto in dono da Sauvage, celebre botanico di Montpellier,
un esemplare di lotus corniculatus di cui desiderava studiare la fioritura.
La pianta, trasportata fin nella fredda Uppsala, impiegò diversi mesi per adattarsi alle nuove condizioni climatiche e finalmente in una mattina di maggio poté fiorire. Linneo tornò a visitarla nel tardo pomeriggio e con sua grande sorpresa non trovò più i delicati fiori gialli di poche ore prima. Questi però l’indomani mattina erano riapparsi. Il fenomeno a cui Linneo aveva assistito era un tipico esempio di 'nictinastia' e cioè la capacità comune a molte piante di cambiare atteggiamento fra giorno e notte. Nel caso del lotus corniculatus lo studioso non tardò ad accorgersi che all’approssimarsi della notte la pianta sollevava le foglie distese e le riuniva intorno a ciascun gruppo di fiori che diventavano così invisibili agli sguardi più attenti.
Ma nel quarto secolo prima di Cristo lo scriba di Alessandro Magno aveva già notato che le foglie del tamarindo erano aperte durante il giorno e si chiudevano durante la notte.
Nel 1260 Alberto Magno parlava del movimento periodico giornaliero delle foglie di alcune leguminose.
Nel XVII secolo Ray per la prima volta descriveva i fenomeni 'fitodinamici' delle piante fra giorno e notte mentre Jean Jacques d’Ortous de Mairan, studiando la mimosa che apre e chiude le sue foglie con un ritmo di circa 24 ore, concludeva che doveva possedere un certo orologio interno che ne controllava il movimento.
Fu però Linneo ad occuparsi compiutamente di queste evidenze, intuendo che fosse la luce e non la temperatura la causa del fenomeno. Tale movimento, distinguibile più facilmente in piante dalle foglie delicate, lo ritenne analogo al sonno degli animali dove l’anatra nasconde la testa sotto l’ala, il bue si corica su un fianco, il riccio si raggomitola come una palla. E pure i vegetali hanno la propria posizione di riposo: lo spinacio di notte raddrizza le foglie, il fagiolo flette le foglie verso il basso, i trifogli riuniscono le foglie intorno ai fiori mentre i lupini, per quanto della stessa famiglia, dirigono il fogliame verso il basso.
Allevare i figli
La Nidilarium Innocenti, robusta pianta sempreverde da appartamento, va a fioritura una sola volta nella propria vita per cui la pianta non potrà più ripetersi. Ma lo potranno fare, ogni primavera, i polloni, i figli che produce e che vanno staccati quando hanno almeno cinque foglie.
Li alleva fornendo loro, attraverso la rete radicale, gli alimenti fino a quando non sono in grado di essere autonomi.
L’Intelligenza, l’Autocoscienza, la Sensibilità
Alcuni scienziati affermano che le piante sono abbastanza intelligenti da analizzare l’ambiente, speculare sul futuro, conquistare il territorio, difendersi dai nemici e capaci di previdenza. Ma non tutti concordano sul fatto che questa sia intelligenza. La considerano piuttosto una reazione programmata e non un pensiero cosciente. Ma se l'intelligenza viene definita come "la capacità di acquisire ed applicare la conoscenza, allora le piante sono intelligenti" dice Leslie Sieburth della University of Utah.
Il precursore delle ricerche sulla "coscienza" dei vegetali è stato Cleve Backster, che incuriosito dalla constatazione che le foglie della pianta, seppur con minime variazioni, rispecchiavano quanto accadeva davanti a loro, decise di iniziare una serie di esperienze.
Applicate delle lamine metalliche ad alcune foglie della pianta le collegò ad uno strumento in grado di registrare piccolissime variazioni di corrente e di riportarle su un nastro di carta in continuo movimento. Con suo grande stupore constatò come la pianta emettesse debolissime correnti che indicavano come essa fosse continuamente in ascolto e pronta a reagire ai pensieri ed alle azioni delle persone presenti. Compì allora degli esperimenti, e i due più famosi sono stati:
a) Tre piante opportunamente preparate furono poste in stanze diverse pronte a recepire eventuali fenomeni. Un congegno ad orologeria, posto in un'altra stanza, faceva cadere a tempi determinati, davanti a tutte e tre, dei gamberetti vivi in acqua bollente in modo da ottenerne la morte immediata.
Backster ed i suoi assistenti, rimasti fuori dai locali, al loro ritorno riscontrarono che le piante avevano emesso un impulso in corrispondenza delle ore e dei minuti in cui i gamberetti avevano incontrato la morte.
b) In un’altra occasione furono scelti sei studenti universitari a cui fu chiesto di entrare, uno dopo l'altro, in una stanza dove erano stati collocati due filodendri. Ad uno studente fu chiesto di maltrattare una delle due piante togliendole gemme e foglie, strappandole rami ed infine rompendola in pezzi lasciati sparsi sul pavimento. Cosa che egli fece così come gli era stato richiesto.
Dopo qualche tempo fu chiesto ai sei studenti di passare davanti alla pianta sopravvissuta. Essa riconobbe immediatamente l'assassino emettendo un forte impulso di corrente che fece sobbalzare gli aghi dello strumento e che venne interpretato come un vero grido di terrore.
Negli anni 60-70 ci furono ricercatori che fecero degli esperimenti con la musica e il rumore. Scoprirono che le piante sono molto sensibili alla musica, e che quelle fruttifere producono frutti più dolci se sono sottoposte a certa musica mentre soffrono con il rumore o con brani violenti. Le onde sonore hanno effetto su ogni cellula vivente, comprese quindi quelle vegetali.
Il Brunello di Montalcino dell’azienda Paradiso, di Frassina, è il primo vino 'fono-biologico' del mondo.
«L’idea è stata di Giancarlo Cignozzi», ricorda il prof. Mancuso, «che ha iniziato a far ascoltare Mozart alla sua vigna. La scienza ha confermato il fenomeno notando che l’uva prodotta dalle piante che ascoltano musica arriva a maturazione prima e ha qualità chimiche e organolettiche migliori. Fa pure un ricorso inferiore ai pesticidi perché la musica disorienta gli insetti. Va però detto», spiega ancora Mancuso, «che le piante non sono in grado di distinguere la musica classica dagli altri tipi di musica. Possono riconoscere solo le frequenze sonore. Alcune di queste favoriscono la germinazione dei semi, l’accrescimento delle piante o l’allungamento delle radici. Stanno nei toni bassi, fra i 100 e i 400 Hz. Le piante sentono e distinguono le vibrazioni trasmesse dalla terra, come un serpente o una talpa. E poi, per capirne l’effetto. Basta pensare alla discoteca e alla sensazione provata quando il nostro organismo viene scosso dai bassi profondi.»
Dopo la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, del 1948, e la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Animale, del 1978, la venezuelana Avepalmas ha lanciato, nel 2004, la Dichiarazione dei Diritti delle Piante per riaffermare che il comprensorio vegetale fa parte della biosfera, e che le ricerche rivelano sempre più che possiede una qualche forma d’intelligenza.
La Costituzione dello stesso Venezuela nell'articolo 127 afferma che: «È un diritto e un dovere di ogni generazione proteggere e conservare l'ambiente a beneficio di se stessa e del mondo futuro. Lo Stato proteggerà l'ambiente, la diversità biologica, genetica, i processi ecologici... Il genoma degli esseri viventi non potrà essere brevettato...».
Con lo stesso spirito nasce a Rio de Janeiro, nel 1992, la Convenzione sulla Biodiversità, perché il vento è ormai cambiato e sul mondo vegetale aleggia una nuova cultura.
Accade però che un ricercatore che volesse creare in Svizzera un Ogm, vale a dire un 'organismo geneticamente modificato' (che per questo risulta protetto da infestazioni e mostra una maggiore produttività) è costretto a non offendere la dignità della pianta in questione...
«È l'ennesima restrizione sulla ricerca genetica.», dice un biologo dell'Universita' di Zurigo, «Il tutto e' stato inserito nella costituzione. Questa surreale situazione e' dovuta alla convinzione che le piante sono dotate di valore morale intrinseco per cui e' disdicevole disturbarne le funzioni vitali, lo stile di vita o decapitare fiori selvatici al bordo di una strada senza un motivo. Ma questo non è un attacco che si rivolge contro chi raccoglie un mazzolino di comuni margherite, ma soprattutto contro il settore delle biotecnologie agrarie».
Partite dal desiderio di prevenire il trattamento crudele degli animali, e la perdita di biodiversità, le Organizzazioni Governative del settore ottengono sempre più successi. Allora si sono prefisse nuovi obiettivi, e quello dei diritti delle piante rientra in questa categoria, come pure dotare di diritti umani le grandi scimmie, fatti che però sminuiscono l'eccezionalità dell’Uomo.
Quando alcuni anni fa gli svizzeri hanno aggiunto alla loro Costituzione una norma che richiede di tenere conto della dignità della creazione durante la manipolazione degli animali, piante e altri organismi, nessuno sapeva cosa significasse. La Commissione Federale d'Etica per la Biotecnologia non Umana precisò allora che gli esseri viventi hanno dignità morale perché sono vivi e perciò devono essere inscritti in una visione biocentrica. La Commissione ha così semplificato: un contadino taglia il suo campo per un motivo razionale: il fieno deve alimentare la sua mandria. Ma se invece decapita alcuni fiori di campo questo è un atto immorale.
Le piante comunicano
Comunicare vuol dire scambiarsi informazioni con la comprensione del significato del messaggio. E per la pianta è di vitale importanza comunicare con altre piante soprattutto per metterle in allarme all’approssimarsi d’un pericolo.
I mezzi utilizzati sono sostanzialmente di due tipi: impulsi elettromagnetici e messaggeri ormonali. Le radici, per esempio, sono attraversate da una debole corrente di ioni idrogeno, che crea un campo elettrico. Ogni variazione all’interno di questo campo viene immediatamente avvertita dalle radici delle piante vicine, che in questo modo vengono messe in allarme. Ma i vegetali comunicano anche per via aerea: alcune specie, se subiscono un danno, rilasciano nell’aria sostanze volatili che è in grado di allertare i vicini non appena la captano nell’aria.
Le piante imparano
Le piante devono continuamente decidere come rispondere all’ambiente naturale all’interno del quale vivono, come e dove trovare i nutrienti, come predisporre le difese appropriate contro gli attacchi patogeni e quali segnali chimici inviare agli organismi circostanti. Tutte queste scelte, che devono essere prese nel contesto di un ambiente continuamente mutevole, richiedono una attività cellulare coordinata e la possibilità di acquisire e conservare informazioni.
Numerosi esempi di immagazzinamento (memorizzazione) di segnali ambientali, sono stati esplicitamente o implicitamente provati
nelle piante. Queste sono soggette a una moltitudine di stimoli simultanei, e poiché intervengono in tempi diversi una risposta integrata della pianta richiede di discriminare, memorizzare, richiamare e processare i segnali indotti dai differenti stimoli.
Il primo a intuire che le piante possedessero qualcosa di simile a un cervello fu Charles Darwin, che nel 1880 pubblicava The power of movement in plants e scriveva: 'Non è una esagerazione dire che la punta delle radici, avendo il potere di dirigere i movimenti delle parti adiacenti, agisce come il cervello di un animale inferiore'.
Quello che impressionava maggiormente Darwin era l’abilità di queste strutture nel percepire contemporaneamente molteplici stimoli ambientali, nell’essere in grado di prendere una decisione e nel muoversi in funzione di questa. È fondamentale, quindi, che le piante siano in grado di archiviare delle informazioni e abbiano la possibilità di richiamarle quando se ne presenti l’occasione, anche a distanza di tempo.
E se l'intelligenza viene definita come "la capacità di acquisire ed applicare la conoscenza, allora le piante sono intelligenti" ha detto Leslie Sieburth della University of Utah. C’è ancora però da capire come facciano le piante a procurarsi le informazioni dall’ambiente che le circonda ed elaborino questi dati in modo da sviluppare un comportamento coerente.
Tutto questo, però, già basta a far crescere la consapevolezza che le piante sono esseri viventi estremamente complessi da cui dipende la vita sulla Terra.
E poi…
Molto spesso si fa notare che l’uomo ha circa il 98,4 % di DNA in comune con lo scimpanzè o col bonobo, ma quasi mai si fa notare che ne ha circa il 25 % in comune con la margherita!
E poi ancora si ritiene che l’essere più grande del mondo sia la Balenottera Azzurra quando invece, con un peso che supera le 5000 tonnellate, lo è un sequoiadendrum giganteum (la sequoia General Sherman) del National Park della California. Riccardo Ascoli
Inserito il 16 Marzo 2012 nella categoria Relazioni svolte
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