L'avv. Enzo Miceli ha illustrato i punti chiave della concezione filosofica dell'ex frate domenicano che elaborò una nuova teologia dove Dio è intelletto e ordinatore di tutto ciò che è in natura.
Relatore: Avv. Vincenzo Miceli - Cassazionista
GIORDANO BRUNO, martire del libero pensiero
Il 19 febbraio 2013, quasi nel 413° anniversario della morte del filosofo nolano, arso vivo in Campo dei Fiori il 17 febbraio 1600, l’avv. Vincenzo Miceli ha tenuto una lezione sulla figura di Giordano Bruno, ripercorrendone i tratti salienti della vita, della filosofia e del processo, conclusosi con la condanna quale eretico impenitente e, come tale, consegnato al braccio secolare per essere condotto al rogo.
La filosofia del Bruno è in rotta di collisione con gli insegnamenti della Chiesa cattolica e con la concezione geocentrica dell’universo, ancora imperante nel XVI secolo.
Egli afferma che l’Universo è UNO ed INFINITO ed è in continuo divenire, grazie all’energia profusa dall’Anima Mundi. Bruno ha condiviso la rivoluzione eliocentrica copernicana, ma va oltre, perché, a differenza di Copernico, egli concepisce un’infinità di mondi ed in ciò si rivela precursore delle più recenti scoperte astronomiche. Se l’Universo è infinito, non esiste più un centro assoluto, ma ogni punto ed ogni individuo è al centro dell’Universo.
Il Bruno si rivela precursore dell’Illuminismo, perché la sua speculazione filosofica è fondata unicamente sulla ragione. E l’Eroico Furore, di cui parla in uno dei suoi famosi dialoghi italiani, non è l’estasi in Dio, bensì il fervido e travolgente dispiegarsi della ragione verso la verità assoluta nel concepire la vita, il mondo e Dio senza alcun pregiudizio e senza dogmi.
Per tale via il Bruno separa nettamente la filosofia della religione: solo la prima conduce alla verità per mezzo della ragione; mentre la seconda agisce unicamente nel campo delle virtù morali. Le religioni (cosiddette 'del volgo') sono buone per le masse ignoranti, che trovano in esse le regole pratiche per la convivenza sociale; mentre la religione del filosofo è la religione della natura, infinita e divina, perché Dio continuamente la crea e contemporaneamente la compenetra. Quindi il Bruno, per un verso, nega la trascendenza di Dio, che è in tutti noi e in tutte le cose, e, dall’altro, afferma che la creazione, lungi dall’essere già compiuta, come si desume dal libro della Genesi dell’antico testamento, è perennemente continua in un divenire inarrestabile.
Ebbene la profonda convinzione che la religione vada separata dalla filosofia ha indotto il Bruno ad illudersi che i ministri del Santo Uffizio, o quantomeno il Papa Clemente VIII, avrebbero alla fine compreso che il suo libero pensiero si moveva sul piano strettamente filosofico e pertanto non sarebbe stato considerato eretico. Grande fu quindi la sua delusione allorché gli imposero di ritrattare le sue tesi filosofiche. A quel punto il Bruno, con la fierezza che lo connotava, dichiarò che non voleva, né doveva ritrattare alcunché, non avendo nulla da ritrattare.
Un testimone oculare scrisse che Giordano Bruno ascoltò la sentenza in ginocchio e poi, lavatosi in piedi, pronunciò la celebre frase: 'Maiori forsan cum timore sententiam in me fertis, quam ego accipiam' (Forse con maggiore timore pronunciate contro di me la sentenza, di quanto ne provi io nel riceverla). Il 'timore' che i giudici avrebbero dovuto provare è il sordo rimorso di chi abusa del proprio potere e soffoca la libera voce del fiero contendente per non riconoscere la propria sconfitta.
Giordano Bruno è stato vittima dell’intolleranza, estremo assertore del diritto dell’uomo di elaborare liberamente il proprio pensiero, rifiutando di pensare ciò che l’autorità pretende che egli pensi. Ecco perché è un martire, nel senso etimologico di testimone, del libero pensiero.
Avv. Vincenzo Miceli
Inserito il 19 Febbraio 2013 nella categoria Relazioni svolte
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