Relatore: Dott. Vincenzo Guzzo
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Chi fu Ermete Trismegisto? Ritenere che si tratti di un mito è la cosa più appropriata. Non è mai stata provata l’esistenza di un soggetto storico che possa rispondere alle caratteristiche e alle qualità che sono state attribuite a questo misterioso personaggio. Piuttosto varia e indefinita appare anche la paternità di tutti gli scritti che una lunga e variegata tradizione gli ha attribuito.Se, nell’esame di questo personaggio mitico, si usa il microscopio della ragione la sua figura reale non si ingrandisce ma, al contrario, sfugge, si assottiglia sempre di più man mano che si procede all’approfondimento dello studio storico e filologico delle fonti. Se invece si adopera il grandangolo dell’intuizione, allora si può davvero contemplare un panorama che ci consente di rilevare una pluralità di connotazioni sapienziali. L’elenco delle discipline attribuite al suo mitico magistero è davvero lungo: cosmogonia, astrologia, magia, terapia, alchimia, etica, teurgia, soteriologia, matematica, geometria,esoterismo, filosofia, ecc.,Tutto ciò, però, ci consente diricercare le fonti di questo mito in ambito ellenistico - alessandrino, a partire dai tre secoli che precedettero l’era cristiana sino a i tre secoli successivi, anche se la fama di questo prodigioso personaggio ne individuava le mitiche origini in periodi ben più arcaici, tanto da evocare l’inizio dei tempi.Il periodo ellenistico fu caratterizzato anche da una forte propensione al sincretismo, e quello di Ermete Trismegisto ne fu un riflesso importantissimo, un fenomeno che si sviluppò e si diffuse rapidamente nel bacino del Mediterraneo e nel Vicino Oriente assumendo, sempre più, le caratteristiche di un riferimento sapienziale capace d’immenso incantamento, divenendo paradigma di ogni conoscenza essoterica ed esoterica, delle cose visibili e invisibili.Per quasi due millenni sussistette il convincimento di una sua dimensione storica perché si ritenne che fosse stato reale destinatario di varie Rivelazionida parte di personaggi di immenso spessore mitico, religioso e filosofico, e precisamente daMosè, a Pitagora, a Platone,ad Orfeo,a Zoroastroe persino, ma soprattutto, a Thoth,uno degli dèi più importanti della religione dell’antico Egitto.Cercheremo di chiarire come e perché ciò sia stato possibile.Iniziamo con il chiederci perché Ermete e per di più Trismegisto?Malgrado la convinta attribuzione delle sue origini all’antica religiosità egiziana, il riferimento immediato alla divinità greca di nome Hermesè di primaria importanza.Si addice ai vari ruoli di Hermes una simbologia complessa.Protettore dei viandanti, colui che riesce a collegare l’alto e il basso, il nume delle opportunità e della rapidità di spostamento, il conduttore delle anime nelle regioni infere, la guida per gli iniziati, il conoscitore delle cose profonde,il sommo messaggero e signore del logos oltre che delle relazioni e degli scambi.Ma allora perché pure Tris-megisto? In greco Trismeghistòs vuol dire tre volte grandissimo. In latino si dice: Termaximus. Ma perché proprio tre volte?Vi è, di certo, un riferimento di tipo pitagorico che diviene maggiormente congruo se si pensa al ruolo vastissimo che l’archetipo triadico rivestì nell’ambito di tutte le religioni antiche d’Oriente e d’Occidente.Ma tanta grandezza fu dovuta soprattutto all’accostamento di Ermete con Thoth e con Mosè. Ne venne fuori una triade sapienziale che acquisì la potenza di un mito già nel Medioevo e, soprattutto, nel Rinascimento. Le vere antiche origini culturali dell’ermetismorisalgonoad un ambito squisitamente ellenistico, in quell’Alessandria d’Egitto(patria anche di Ipazia) che rappresentò una fucina spirituale d’inestimabile valore per il mondo antico e non solo.
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L’accostamento di Hermes a Thoth rende prevalente, anche dal punto di vista cronologico, il ruolo egizio del Trismegisto rispetto a quello ellenico.
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TuttaviaHermes fu considerato integralmente connesso, sul piano simbolico, alla figura mitico-religiosa di Thoth, dio della parola, della comunicazione e soprattutto della scrittura sacra, in quanto scriba di Osiride e, pertanto, fortemente collegato pure con la dimensione ctonia, come l’Hermes greco. Lo stesso soprannome di Trismegisto deriverebbe da una specifica invocazioneriservata al dio Thoth che veniva definito: 'Grande, Grande, Grande'.Si ricordi che già Erodoto aveva indentificato il dio egizio Thoth con il dio greco Hermes e ulteriori assimilazioni simboliche sono riscontrabili in Platone (nel Fedro e nel Cratilo) e risultano poi consolidate anche in ambito latino da Cicerone nel: DeNatura Deorum, da Plutarco nel De Iside et Osiride e da Marziale che gli dedica un epigramma che si conclude così: 'Hermes omnia solus et ter unus', ossia: Ermes tu solo tutto e tre volte uno'. Inoltre nella Tabula Smaragdina, che è lo scritto paradigmatico attribuito ad Ermete, è chiaramente detto che l’appellativo di Trismegisto deriva dalla capacità di tutto il pensiero che gli viene attribuito di indagare sulle cose celesti, terrestri e ctonie.A tal proposito, davvero stupefacente può apparire che uomini di elevato profilo culturale e filosofico abbiano potuto considerare come del tutto credibile, oltre che sommamente preziosa, la sua esistenza storica. Ma occorre precisare che ciò avvenne soprattutto perché fu considerata autentica la vasta mole di scritti che erano stati a lui attribuiti, a cominciare dalla Tabula Smaragdina sino all’imponente Corpus Hermeticum che tanta influenza ebbe nell’ambito del pensiero medievale e rinascimentale assieme alla riscoperta e alla rivalutazione dell’idea di Anima Mundi e alla diffusione della simbologia alchemica. Gli scritti attribuiti al Trismegisto avevano destato interesse sin da subito anche nell’ambito ebraico-cristiano, tanto che fu accettato l’accostamento con Mosè.Fu sempre in ambito alessandrino che si sviluppò l’Ermetismo come vastissima e flessibile forma di pensiero tale da coinvolgere poi anche l’attenzione di dotti mussulmani che accostarono il Trismegisto ad Idris, un profeta della tradizione islamica da taluni identificato con il biblico Enoch, citato nel Corano oltre che nel Viaggio notturno di Maometto, opera in cui entrambi i profeti si incontrato in cielo. A Idris spettava il compito di comunicare la volontà divina ed era ciò che lo rendeva simbolicamente simile ad Ermete.Inoltre, i dotti bizantini, conoscevano da molto tempo gli scritti ermetici e ne erano già stati custodi ed esegeti. Pure la tradizione cristiano-latina ritenne di potere riconoscere un congruo valore precristiano a questa tradizione pagana.Chi entra nel magnifico duomo di Siena resta subito colpito da ciò che viene rappresentato nella pavimentazione. Si tratta di tante figure dal ruolo spirituale ben definito che rappresentano la Sophia precristiana e appaiono per prime quelle di Ermete Trismegisto e altre due figure che rappresenterebbero: la sapienza d’Oriente e quella d’Occidente.Si pone spontaneamente una liberaassociazione con la simbologia dei Re Magi. Tris-megisto fu considerato, tra le altre numerose attribuzioni, archetipo del Mago (e 'Magi' amarono pure farsi definire i sommi protagonisti del nostro Rinascimento, come i componenti della famiglia de’ Medici e molti uomini di pensiero, d’arte e di cultura di quel tempo, compresoGiordano Bruno).Un concetto, ben diverso da cosa intendiamo oggi per mago.Ermete, nel duomo di Siena, apre un multiforme corteo di figure magico-sapienziali, tra cui le Sibille, e il fatto che sia il primo ad apparire rivela l’immensa importanza che anche la Chiesa del XV secolo annetteva a questa figura tradizionalmente ritenuta come la summa del pensiero e della conoscenza del periodo precristiano.La dicitura che si nota ai piedi del Trismegisto, non appena si entra nel duomo di Siena, afferma esattamente: 'Ermis Mercurius Trimegistus contemporaneus Moysi'. Ermete Mercurio Trismegisto contemporaneo di Mosè. Si riteneva, in effetti, che Ermete avesse composto i suoi scritti al tempo in cui Mosè scriveva la Genesi.A determinare l’equivoco era stata la forte somiglianza, in ambito cosmogonico, tra la Genesi biblica e le origini del mondo secondo i contenuti degli scritti attribuiti ad Ermete, equivoco in cui caddero anche i filosofi del Rinascimento che ebbero tuttavia la capacità di intrecciare, con grande abilità sincretistica, il portato della filosofia ermeticacon le ricerche umanistiche, alchemiche, cabalistiche, gnoseologiche e artistiche che fiorirono a quel tempo. Ma, come si è detto, si giunse persino a identificarlo con il dio Thoth, lo scriba divino del sommo Osiride, cosa rendeva la figura del Trismegisto ben più antica rispetto al periodo in cui era vissuto Mosè e con caratterizzazioni simboliche connesse a una dimensione spirituale egizia che si perde nella notte dei tempi.Davvero pochi, lungo quelperiodo, erano stati i dubbi manifestati in ordine al pieno valore precristiano dell’insegnamento di Ermete ma una netta e molto autorevole manifestazione di perplessità fu quella resa esplicita da Sant’Agostino che non ritenne affatto riconducibili al senso cristiano alcuni degli assunti contenuti negli scritti attribuiti al Trismegisto.In particolare, nel De Civitate Dei, opera terminata nel 426 e pertanto circa due secoli dopo la maggior affermazione in ambito alessandrino del mito di Ermete Trismegisto, egli confuta la cosiddetta arte della telestikè.Di questa si parla nel dialogo intitolato: Asclepio (lo stesso nome del dio greco della salute), e si trattava di un’arte magica volta ad evocare o a rinchiudere spiriti all'interno di statue al fine di render vivi questi simulacri e di ottenere che parlassero e divinassero. L’arte magica di creare gli dèi!Bisogna pure dire che Agostinonon escluse, tuttavia, che alcune affermazioni contenute nel Corpus richiamassero principi di fede cristiana.Tra i personaggi illustri che, in vario modo, sostennero la rilevanza del ruolo dell’Ermetismo, abbiamo Clemente Alessandrino(150-215) che non fu un grande teologo ma un curioso indagatore delle varie dottrine religiose del suo tempo e, riguardo ad Ermete, sosteneva che i suoi scritti sacri fossero quarantadue e contenessero il nucleo degli insegnamenti iniziatici dell’antico sacerdozio egiziano.Si pensi chequarantadue eranoanche le divinità assise presenti alla cerimonia della pesatura del cuore, la psicostasia, rappresentata in tutti quei papiri che sono detti: Libri egiziani dei morti. Di queste divinità i defunti dovevano ricordare il nome e gli dèi di primissimo piano che procedevano al rito, al cospetto di Osiride, erano Thoth, Anubis e Maat.Chilo cita a piene mani nelle sue Divinae Institutiones, come latore di una visione che anticipa il Cristianesimo è Lattanzio (250-317) che divenne consigliere dell’imperatore Costantino il Grande.Lattanziovenne definito,nel Rinascimento, il 'Cicerone cristiano' per l’eleganza dello stile della sua scrittura. In una delle sue più note citazioni afferma: '(…) il famoso Mercurio Tre volte Grande… designa Dio non solo come senza madre, alla stregua di Apollo, ma pure come senza padre (…) E infatti non può essere stato generato da nessuno colui che ha generato la totalità delle cose'.Ma la più pregnante riscoperta di Ermete Trismegisto, quella che comportò la più intensa stagione ermetico-alchemica della nostra storia, ebbe inizio più di mille anni dopo, a Firenze grazie alla genialità di Cosimo de’ Medici che usò il prestigio politico suo e della sua famiglia, per convincere il papa Eugenio IV a far sì che continuasse a svolgersi a Firenze quel concilio ecumenico che si poneva come obiettivo principale la ricerca dell’unità tra le chiese d’Oriente e d’Occidente. Questo Concilio, iniziato a Basilea nel 1431,fu trasferito a Ferrara nel 1437e poi a Firenze, nel febbraio del 1439, e divenne punto d’incontro ma anche occasione di confronto e di scambio tra grandi uomini di pensiero e di cultura d’Oriente e d’Occidente. In città giunsero, oltre al Papa e ai vertici ecclesiastici della chiesa di Roma, sia l’imperatore d’Oriente, Giovanni VIII Paleologo con la sua corte, sia i patriarchi delle chiese orientali, tra cui Giuseppe II, patriarca di Costantinopoli che morì prima che si concludessero i lavori del Concilio e che venne ed è sepolto a Firenze in Santa Maria Novella.Ciò che in questa sede maggiormente ci interessa è che al seguito dell’imperatore d’Oriente giunse, anche l’ultraottantenne Giorgio Gemisto Pletone, nato a Costantinopoli tra il 1355 e il 1360, anima vibrante della più ricca e rigorosa tradizione platonica in area greco-bizantina, di cui Moreno Neri parla diffusamente nella sua preziosa introduzione al pletoniano 'Trattato delle virtù'.Il giovane Pletone, nel 1393, si era trasferito a Mistràs (vicino l’antica Sparta), cittadella mistico accademica, ricca di chiese e monasteri, consacrata al sapere antico, fucina di studi classici e neoplatonici. Pletone, in questa cittadella, divenne maestro di varie generazioni di uomini di sapienza e tenne scettro sino alla sua morte avvenuta, quando era già quasi centenario (intorno al 1452).Giunto, dunque, al Concilio con alcuni dei migliori discepoli, si fermò in Italia per un biennio e incontrò i maggiori uomini di cultura latina. Quella non fu solo l’occasione di un delicato incontro tra le chiese d’Oriente e d’Occidente ma un evento storico cruciale, un vero riavvicinamento e, per molti aspetti, una fusione tra visione greca e latina circa le modalità del concepire e dell’intendere le cose del cielo e della terra, dell’alto e del basso.Questa visione unitaria trovava ampio sostegno nell’ideale mistico di quella sorta di onniscienza che il mito attribuiva ad Ermete Trismegisto consolidando, nel profondo, quei due modelli culturali (quello greco e quello latino) da troppo tempo separati e malgrado l’opposizione dei teologi più intransigenti di entrambi gli schieramenti, la tendenza spirituale dei tempi, il pensiero vincente in quel momento, era quello di conciliare la visione classica con quella cristiana, il pensiero della scuola che si ispirava a Platone con il punto di vista di chi si riconosceva in Aristotele.Inoltre è anche evidente che il gusto dell’arte greca tornava al centro dell’attenzione generale.Senza questa immensa sintesi spirituale non si sarebbero potuti ottenere quei risultati assolutamente unici sul piano artistico di cui seppe rendersi protagonista il nostro Rinascimento.Quando nel 1453 i turchi conquistarono Costantinopoli mettendo fine all’Impero bizantino, Gemisto Pletone era morto da circa un anno o poco. Si può dire che il passaggio di molti preziosissimi documenti del platonismo, del neoplatonismo, dell’ermetismo e di altri importanti scritti filosofici e mistici dell’Oriente e della cultura greco-alessandrina era avvenuto appena in tempo.Tuttavia ancora nel 1459 il monaco Leonardo da Pistoia, incaricato dai Medici di cercare ancora altri antichi manoscritti in lingua greca, riuscì a fare una scoperta straordinaria in Macedonia, e cioè il testo greco originale in quattordici libri (su diciassette complessivi) del Corpus Hermeticum, appartenuto ad uno dei più raffinati uomini di cultura dell’impero bizantino: il monaco Michele Psello, vissuto a Costantinopoli tra il 1018 e il 1096.Cosimo de’ Medici fece tradurre subito in latino anche questi libri del Corpus all’infaticabile e preziosissimo Marsilio Ficino che fu il primo custode, traduttore sapiente e fecondo interprete del pensiero platonico, neoplatonico ed ermetico.Si pensi inoltre che nel 1492 fu scoperta l’America e nel 1517 prese il via la Riforma protestante con la pubblicazione delle novantacinque tesi di Lutero a cui poi si oppose la Controriforma che iniziò con il Concilio di Trento nel 1545.Si avvicinava a grandi passi anche il tempo della nascita della scienza in senso moderno ed è necessario riflettere sul fatto che la cosiddetta 'rivoluzione copernicana' avvenne (secondo parole dello stesso Copernico) riflettendo sulle scritture ermetiche. Pur non addentrandoci nei percorsi della scienza, bisogna tuttavia riferire che molte intuizioni nacquero anche su una base culturale che non trascurava affatto i contributi dell’ermetismo La conoscenza che stava nascendo nel XVI secolo, per affermarsi nel XVII, avrebbe poi seguito un diverso cammino, quello che ha condotto al razionalismo, al dominio tecnologico, ad una concezione valoriale di tipo quantitativo sempre più separata dalla visione qualitativa che aveva caratterizzato la ricerca della conoscenza in ambito platonico e neoplatonico.Il messaggio di Ermete, anche se ridimensionato e condotto nell’ambito di un vero e proprio mito, aveva ricoperto un immenso valore storico, soprattutto per gli effetti creativi, trasformativi e conoscitivi di cui si erano fatti portatori tutti i sommi artisti del nostro Rinascimento (è proprio quello il periodo in cui nacque nelle intelligenze, nel modo di pensare e di vedere, il senso della prospettiva che rivoluzionò anche il linguaggio dell’arte) per non parlare dei contributi dei grandi pensatori di quel periodo, da Nicola Cusano sino a Giordano Bruno.Fu nel 1614 che, in seguito alle riflessioni, del calvinista Isaac Casaubon, si prese coscienza del fatto che i libri attribuiti ad Ermete dovevano essere molto più recenti e potevano essere nati in ambito alessandrino intorno all'anno 300 dell’era cristiana.I vari studiosi contemporanei non hanno ancora una visione concorde, ma alcuni forse più a causa di pregiudizi ideologici che sulla scorta di riscontri storici, filologici e di congruità di senso. Infatti, man mano che è stata conosciuta più a fondo anche la vera tradizione simbolico-religiosa degli antichi Egizi, anche attraverso le grandi scuole teologiche di Menfi, di Tebe, di Eliopoli e di Ermopoli, appare sempre più chiaro che gli scritti attribuiti ad Ermete Trismegisto non possono essere il contributo di una presunta sapienza segreta della più remota tradizione egizia, ma opere geniali di natura sincretistica, proprie del periodo alessandrino, che anche di quelle scuole tenne conto.Anche il processo alchemico divenne metafora di profonda crescita spirituale. Ma quella che maturò nel profondo fu una forma di pensiero (il pensiero ermetico) che ebbe una sua riconoscibile sintesi unitaria di base ampiamente condivisa, pur nella pluralità dei riferimenti di cui il mito di Ermete era portatore.Questa sintesi condivisa è resa esplicita nelle affermazioni contenute nella Tabula Smaragdinache così inizia:
'Vero senza menzogna, certo e verissimo: ciò che è in basso è come ciò che è in alto e ciò che è in alto è come ciò che è in basso per fare i miracoli della cosa una. E dato che tutte le cose sono e provengono dall’uno, per la mediazione dell’uno, così tutte le cose sono nate da questa cosa unica mediante adattamento'. Ne consegue la concezione di un cosmo unitario, di un Unus Mundus animato e vitale, percorso e sorretto dall’energia divina, fondamento unitario della molteplicità del tutto. Notevole e davvero sorprendente è la somiglianza di queste riflessioni con la teoria della sincronicità del padre della psicologia del profondoCarl Gustav Junge con i risultati di alcune scoperte fondamentali della fisica quantistica e, in particolare, diWolfgang Pauli grande amico di Jung.inoltre, questo Unus Mundus, che dall’Uno procede, rivela un’anima: proprio quell’Anima Mundi che è connaturata alla visione neoplatonica e alchemica e che influenzò il pensiero rinascimentale a partire dallo stesso Marsilio Ficino.L’idea di Anima Mundi ha un’origine ben più lontana.Platone(428-347 a.C.) nelTimeo afferma: "Pertanto, secondo una tesi probabile, occorre dire che questo mondo nacque come un essere vivente davvero dotato di anima e intelligenza secondo il volere divino".Inoltre, nella famosa Lettera ad Anebodi (o attribuita a)Giamblico(250-330) si legge: 'Ermes, il dio che presiede al pensiero espresso mediante la parola, è stato dai tempi antichi giustamente considerato comune a tutti i sacerdoti e, sovrintendendo solo alla vera scienza degli dèi, egli è lo stesso sempre e dovunque: a lui perciò i nostri antenati dedicarono i ritrovati della loro saggezza, dando il nome di Ermes a tutti i propri scritti'. Hermes si era trasformato in una categoria dello spirito. Basta questa affermazione per comprendere come possa nascere non solo il mito di Ermete Trismegisto ma anche come e perchè in molti abbiano contribuito ad implementare quegli scritti che sono stati attribuiti a lui, mettendone in risalto la portata archetipica. Questo Ermete è simile al modo in cui fu inteso il dio Thoth dai sacerdoti egizi nella teologia di Ermopoli e cioè:colui che con il Logos, che è voce e parola detta, convergendo con il potere dei suoni, crea il cosmo.Con queste riflessioni si è volutafacilitare la percezione della profondità e della vastità del messaggio attribuito ad Ermete Trismegisto e il perché dell’immensosuccesso che questa visione del mondo e questi pensieri ebbero per circa due millenni. Ciò che gli scritti ermetici oggi ci consegnano sono affermazioni che ebberola capacità di esprimere la forte visione di un senso unitario, abbastanza riconoscibile, che ha incontrato l’interesse autentico di animi colti e sensibili,in contesti e in tempi anche molto lontani e molto diversi tra loro.Vincenzo Guzzo
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