Il conflitto tra la realtà e l'apparenza nella più innovativa tragedia di Euripide secondo la tradizione del siciliano Stesicoro: uno studio del dott. G. Abbita
Relatore: Dott. Giuseppe Abbita
Elena di Euripide è una tragedia sui generis, comunemente definita tragedia ad intreccio. E’ una tragedia cioè in cui compaiono elementi tipici della commedia: equivoci, riconoscimenti, colpi di scena, situazioni tragicomiche.
Ma non tutto è come appare in questa tragedia e vedremo quindi che questo dramma può essere letto come una tragedia dalle molteplici risonanze, comprese quelle filosofiche e quelle religiose.
Siamo nel 412 e sono in corso le grandi Dionisie. I cittadini ateniesi hanno lasciato le loro case e le loro occupazioni e sono giunti in massa al teatro per assistere alle rappresentazioni. Anche i meno abbienti sono chiamati ad assistere alle rappresentazione, e per coloro che saranno costretti a rinunziare ad una giornata lavorativa è prevista, da parte dello stato, una speciale indennità. Assistere alle rappresentazioni è un diritto di tutti, ma, aggiungerei, anche un dovere.
Oggi è il turno di Euripide ed è in programma Elena.
La rappresentazione inizia ... Gli Ateniesi sono saliti al teatro di Dioniso per vedere Elena di Euripide. Sono in curiosa attesa: è opinione diffusa in città che assisteranno stasera a qualcosa di nuovo, di estremamente rivoluzionario; che si troveranno difronte a una diversa Elena.
Grande è quindi l’attesa del pubblico: sanno benissimo gli ateniesi che Euripide è solito riservare loro sorprese, colpi di scena, innovazioni sul mito, audaci sperimentazioni. Ed Euripide, siatene certi, non li deluderà.
Altrettanto io, molto più modestamente, farò di tutto per non deludere le vostre attese.
[b]Nomenomen dicevano i romani: nel tuo nome è scritto il tuo destino.[/b]
Spesso ci capita di imbatterci in persone con dei cognomi che incarnano la professione da essi esercitata. Così ad esempio l’avvocato Massimo Della Pena, il macellaio Manzo, l’oculista Guercio, la parrucchiera Bigodini, il prete Cantalamessa. Ricordo che fino a pochi anni fa esisteva in via Mercè un negozio di formaggi con questa insegna: Ricotta e latticini-Giovanni Pecorella-produzione propria.
Il nostro destino sarebbe quindi contenuto nel nostro nome.
Ma quale destino è scritto nel nome di Elena, la più bella tra le donne? Elena, al centro della più grande trama di sangue e di amore?
Il suo nome è una terribile maledizione. Nel nome stesso di Elena sta celato un misterioso e funesto presagio. Già il suo stesso nome è portatore di terribili sventure: essa fu «di navi distruggitrice (ἑλένας), distruggitrice di guerrieri (ἕλανδρος), distruggitrice di città (ἑλέπtολις)»
Così, nel secondo stasimo dell’Agamennone, Eschilo nel nome Ἑλένη fa risuonare l’odiosa radice del verbo ἑλεῖν, il verbo della distruzione, della sopraffazione sanguinosa, della guerra.
Elena, quindi, sinonimo di distruzione.
Ancora nelle Troiane, Ecuba maledice la nuora e incoraggia Menelao ad uccidere la moglie fedifraga, implorandolo di non lasciarsi catturare dallo sguardo maledetto di Elena, che cattura lo sguardo degli uomini, αἱρεῖγὰρἀνδρῶνὄμματα, che distrugge le città, ἐξαιρεῖ πόλεις, e brucia le case, πίμπρησιν οἴκους .
Sia nell’Oreste infine, sia nell’Ifigenia in Aulide , dall’aperta storpiatura tramite il prefisso peggiorativo δυσ- traspare l’immagine esecrabile di una sciagurata, funesta Δυσελένα. Si tratta di variazioni sul nome che puntano tutte sulla negatività devastante che la figlia di Zeus trascina con sé.
sollievo, ma anche suscitare dolore.Il nome di Elena viene così accostato, in una accezione del tutto negativa, a tradimento, infedeltà, devastazione e morte.
Ma senza dubbio suggestiva è anche l’associazione di Elena con una pianta chiamata elenio dalle proprietà «nepentiche», lenitive. E così, a conferma dell’ambiguità connaturata alla sua bellezza, Elena può arrecare
Ma chi era Elena?
Elena era nata, secondo una delle tante varianti del mito, dall’amplesso tra Zeus, nelle sembianze di un cigno, e Leda, moglie di Tindaro. Suoi fratelli erano i Dioscuri e sua sorella Clitemestra.
Inizialmente rapita da Teseo, re di Atene, andò poi in sposa a Menelao, ma fuggì a Troia con Paride. Paride aveva infatti assegnato la mela d’oro ad Afrodite, giudicandola la più bella nella contesa con le altre dee Atena ed Era, e la dea dell’amore gli aveva dato in premio Elena.
Questa, per sommi capi, la tradizione accettata da Omero, e che rappresenta il casus belli della guerra di Troia.
Accanto a questa tradizione, chiamiamola pure colpevolista, circolava, già in epoca arcaica, un’altra versione decisamente innocentista.
Promotori di questa versione innocentista furono due siciliani: l’imereseStesicoro e Gorgia da Lentini.
Gorgia, nel suo Encomio di Elena, si prefigge l’obiettivo di dimostrare che Elena è innocente.
Egli espone quattro possibili cause della sua condotta: il volere divino, la violenza, la parola e l’amore.
Se fu per volere divino che seguì Paride, Elena non è colpevole perché Elena non poteva opporsi al volere degli dei.
Lo stesso Priamo d’altronde, nell’Iliade, non si sente di condannare Elena:
…..non certo tu sei colpevole davanti a me, gli dèi son colpevoli.
Se fu rapita con forza, la colpa non è di Elena, la persona offesa, che subì violenza, ma di colui che la violenza la commise. Se fu invece la forza della parola a convincerla, Elena è ugualmente innocente perché il logos, a causa della sua ambivalenza, è capace di persuadere ma anche di ingannare.
E se infine la causa della sua condotta fu l’amore, anche in questo caso Elena non può ritenersi colpevole. Se infatti eros è un dio, come avrebbe potuto opporsi al suo volere ? Ma se invece eros è una malattia umana, Elena è comunque vittima di questa malattia e quindi ugualmente non responsabile.
E qui è inevitabile citare Saffo.
Saffo assolve Elena perché ha seguito il suo istinto amoroso.
Per amore, Elena ha dimenticato i valori, gli affetti, la casa.
Io dico che la cosa più bella è colui che si ama.
Elena abbandonò lo sposo e fuggì a Troia per mare.
Dimenticò figlia, dimenticò i cari genitori.
Fu Afrodite a sviarla.
Stesicoro invece non cerca di giustificare Elena, ma fa un’affermazione totalmente diversa. Se Gorgia riabilita Elena perchè il fatto non costituisce reato, Stesicoro la assolve in maniera assoluta, per non avere commesso il fatto.
«In tutta questa storia,- dice Stesicoro, nella sua Palinodia di Elena- non c’è nulla di vero: tu non andasti mai sulle navi compatte, agli spalti di Troia tu non giungesti mai.»
Stesicoro introduce una novità assoluta: Elena non sarebbe mai andata a Troia. Al suo posto sarebbe giunto un εἴδωλον, un fantasma, fatto di aria, e plasmato da Era.
La vera Elena, rapita da Ermes, sarebbe stata trasportata in Egitto e ospitata dal re Proteo.
A questa versione del mito sembra dar credito, almeno in parte, Erodoto. Nelle sue Storie racconta infatti che Paride ed Elena sarebbero stati trasportati da venti sfavorevoli sulle coste dell’Egitto e qui il faraone Proteo, venuto a conoscenza del rapimento di Elena e della sottrazione di ricchezze dalla reggia di Menelao, aveva cacciato via Paride e i suoi ed aveva trattenuto Elena e le sue ricchezze in attesa che Menelao venisse a riprendersele.
Il mito è quindi qualcosa da modificare a proprio piacimento, da adattare di volta in volta alle proprie esigenze poetiche? Non è proprio così. Vediamo un po’ cos’è il mito? Non è qui mia intenzione farvi una lezione sul mito perché non è la sede adatta e soprattutto perché non ne ho le competenze. Mi limiterò pertanto a darvi alcuni dettagli e alcune notizie sul mito.
Il patrimonio mitico tradizionale era tutto fuorché univoco: non solo vi si intrecciavano cicli e saghe diverse, ma uno stesso episodio poteva presentare numerose varianti, spesso anche contraddittorie, creando una grande congerie di storie e di intrecci. Il mito, all’origine, è fondamentalmente una forma di ’letteratura orale’. ’Il mito non si può scrivere, ma solo riscrivere’ significa che del mito non si può dare mai un’interpretazione «ufficiale», ma, solo e sempre, molte e diverse interpretazioni. «Non esiste una versione vera del mito, di cui tutte le altre sarebbero copie o echi distorti. Tutte le versioni appartengono al mito».
La mitologia, scrive Marcel Detienne, «non ha inizio in alcun luogo, e, come pensiero dell’origine, prosegue il suo cammino fino al momento in cui si trasforma: per superarsi, come dicono gli uni, o per morire, come pretendono gli altri». Consolidandosi nell’incontro-scontro con il pensiero razionale, ed eclissandosi in esso, il mito nasce e muore nel momento in cui si trasforma.
Non si può pertanto parlare di una nascita della mitologia, né separare rigidamente come fossero mondi non comunicanti il mito, la tragedia, e la filosofia.
La tragedia nasce col mito e con la tragedia il mito si trasforma fino ad esaurirsi. Il mito rappresenterebbe, in altre parole, il sostrato di quelle problematiche relative all’uomo che la tragedia ha portato alla luce, una sorta di linguaggio primitivo che la filosofia tenterà di epurare dai contenuti meramente favolistici.
In questo percorso un che va dal mito alla tragedia, e da questa alla filosofia, il discorso sull’esistenza umana viene quindi a svilupparsi in tutte le sue possibili articolazioni e rappresentazioni intellettuali.
In altri termini la tragedia agisce da tramite tra il mito e la filosofia, in un processo dinamico che vede l’uomo, dotato di un pensiero, all’esordio irrazionale (mito), portare alla luce le problematiche della sua esistenza (tragedia), cercare di carpirne in maniera razionale gli intimi significati, e tentare di dare loro una risposta (filosofia).
Dopo questo lungo e certamente non esaustivo excursus sul mito di Elena, ma comunque necessario per inquadrare l’argomento della tragedia, entriamo subito in tema. Dobbiamo innanzitutto dire che Euripide, in questa sua tragedia, accoglie in tutto la tradizione siciliana della Palinodia di Elena di Stesicoro: Elena non fu mai a Troia. A Troia arrivò un εἴδωλον, il suo doppio.-Giuseppe Abbita
Inserito il 07 Luglio 2020 nella categoria Relazioni svolte
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