Nel corso della Festa degli Auguri, il prof. A. Tobia e il prof L. Greco hanno animato la serata con poesie e divagazioni sui simboli e riti del Natale.
Relatore: Prof. Leonardo Augusto Greco - Francesista - Studioso di arte, lingua, storia e costume francese
Sui simboli e i riti del Natale si è soffermato il prof. L. Greco nel giorno del solstizio d’inverno, data scelta dal Consiglio Direttivo per gli auguri di Natale. Partendo proprio dal significato di questa ricorrenza, L. Greco ha elencato i motivi che hanno portato a scegliere la data del 25 Dicembre per festeggiare la nascita di Cristo. Tale data è legata ad antiche forme di religione, ad eventi astronomici e ad eventi esoterici. In questo giorno, in molte parti del mondo, si celebrava la venuta al mondo di un Dio come, ad esempio, il Dio Mitra in Persia, Osiride in Egitto, il dio Tammuz in Babilonia. Inoltre la data è messa in relazione al solstizio d’inverno: il 21 dicembre è la notte più magica dell’anno, la notte più lunga ed il giorno più breve. A partire da tale momento, le ore di luce cominciano ad aumentare. Una data, quella del Solstizio di inverno, non solo astronomica ma anche esoterica. Si dice infatti che nel momento in cui il Sole raggiunge il suo minimo di influssi sulla Terra, un Raggio Verde parta dal più profondo dell’Universo ed attraversi per un breve momento la Terra stessa. E’ il Raggio del Puro Spirito, del supremo contatto del Materiale con le Forze Superiori. Ci si chiede allora come mai si sia scelto il 25 e non il 21. Il fatto è che nei giorni dal 22 al 24 dicembre, il Sole, in realtà, sembra fermo e per tre giorni ancora sorge sempre allo stesso punto. E’ il 24 che mostra di riprendere il cammino verso il Solstizio di Estate. Il nostro Natale è legato pure alla tradizione dell’antica Roma quando, per salutare il Solstizio di Inverno, venivano celebrati i Saturnali: i festeggiamenti andavano dal 17 al 24 dicembre ed in tale periodo le scuole ed i tribunali restavano chiusi. Il giorno 24, poi, si concludeva con un grande banchetto e scambio di auguri. Il giorno 25 era dedicato alla festa del Sole Invicto: il dies Natalis Solis Invicti. Il Sole che sembra di essere sul punto di essere inghiottito dalle tenebre, torna a brillare maestoso. E’ su questa festa che si sovrappose il Natale cristiano. Presepe - Il presepe (o presepio) deriva da tradizioni medievali. Il termine deriva dal latino praesaepe, cioè greppia, e risulta composto da prae = innanzi e saepes = recinto, ovvero luogo che ha davanti un recinto. Per intendere il significato originario del presepe, occorre tornare indietro al culto dei Lares Familiares, gli Antenati defunti che secondo le tradizioni romane, vegliavano sul buon andamento della famiglia. Ogni antenato veniva rappresentato con una statuetta, di terracotta o di cera, chiamata Sigillum. Il 20 dicembre si svolgeva la festa detta Sigillaria, durante la quale i parenti si scambiavano in regalo i Sigilla dei familiari defunti durante l’anno. I bambini lucidavano le statuette e le sistemavano in un recinto vicino al quale trovavano, poi, giocattoli e dolci vari. Origine ed evoluzione del presepe - La prima rappresentazione vivente della Natività risale a San Francesco d’Assisi che, nel 1223, la realizzò a Greccio, ma pare che già nel 1200, presepi venivano approntati in Provenza ove la tradizione è così radicata che ancora oggi i 'santons' in creta si trovano in vendita, in tutti i mesi dell’anno nei negozi di souvenir per turisti. L’iconografia del presepio ebbe un notevole impulso nel Quattrocento grazie a grandi pittori quale il Botticelli nell’Adorazione dei Magi. Nel XVII secolo il presepe si diffuse anche nelle case dei nobili sotto forma di "soprammobili" e nel secolo seguente, a Napoli, le famiglie facevano a gara per costruire il presepe più bello. Simboli del presepe - Molti particolari scenografici sono tratti dai Vangeli apocrifi, infatti, ad esempio, nessuno dei quattro evangelisti parla di una grotta o di una stalla. I re magi, il cui numero fu per tanto tempo controverso, simboleggiano le tre popolazioni del mondo antico, l’Europa, l’Asia e Africa. Il manto azzurro di Maria simboleggia il cielo mentre il manto modesto di San Giuseppe rappresenta l’umiltà. Il presepe napoletano aggiunge alla scena case tipiche, personaggi tratti dalla vita quotidiana e osterie che spesso sono funzionali alla simbologia. Ad esempio il male è rappresentato nell’osteria e l’oste che porta il vino sarebbe il Diavolo. Il presepe nel mondo - Possiamo suddividere tutte le varianti presepiali in due grandi macroaree: quella europea e quella comprendente il resto del mondo. Appartengono all’area europea il presepe spagnolo, con riproduzione fedele dell’ambiente palestinese, i presepi ungheresi, russi, polacchi e slovacchi e il presepe della Germania, ove la tradizione è molto sentita per il fatto che nel Duomo di Colonia si trovano le spoglie dei Re Magi. Nella consuetudine ungherese il presepe, si costruisce in una scatola a forma di chiesa. Il presepe russo è costruito su due piani. Sul lato superiore è riprodotta la natività, sul lato inferiore scene di vita popolare. Il presepe polacco è congegnato su tre livelli: uno superiore con gli angeli, in quella centrale la grotta, in basso, rappresentazioni di operai polacchi. Babbo Natale - Il nome americano di Babbo Natale è Santa Claus, dal latino Sanctus Nicolaus, ovvero San Nicola, un santo molto venerato nel Medioevo. L’immagine di Babbo Natale, come la vediamo oggi fu disegnata negli anni 30 dalla Coca Cola Company. Il vischio - Il vischio, oggi pianta di buon augurio e simbolo di pace, era sacro anche per greci e romani. Per le sue virtù magiche, era considerata una pianta divina e miracolosa tanto che era permesso raccoglierla solo ai sacerdoti. Si pensava che nascesse quando i fulmini colpivano gli alberi. Le tribù germaniche ritenevano che il vischio era in grado di scacciare demoni e malefici. Se una coppia si bacia sotto il vischio, con molta probabilità, le nozze avranno luogo entro l’anno. L’agrifoglio e il pungitopo - Entrambe le piante sono considerate portatrici di fortuna e simbolo di forza e prevenzione contro tutti i mali. Le bacche rosse sono il simbolo del Natale, il simbolo della luce e del buon auspicio, una promessa di abbondanza e fecondità per il nuovo anno. Secondo la leggenda, le foglie spinose rievocano le spine della corona di Cristo e le bacche il rosso del suo sangue. I regali di Natale - La tradizione dello scambio dei regali ha radici antiche. Il primo giorno dell’anno veniva offerto al re un ramoscello raccolto nel bosco della dea Strenna. I romani avevano in uso di scambiarsi rami di ulivo o di alloro che poi furono sostituiti da oggetti. Lo scambio dei regali di Natale simboleggia il dono che Dio ha fatto all’umanità. Il panettone - In tempi lontani, un povero garzone di fornaio di nome Toni, inavvertitamente rovesciò il barattolo dello zucchero sulla pasta del pane, e sulle uova e l’uvetta per la torta natalizia del padrone. Nel tentativo di salvare il salvabile impastò e infornò il tutto. Il pane uscito dal forno, risultò delizioso, profumato e soffice. La storia ufficiale racconta che il panettone fu servito la prima volta in un banchetto di Ludovico il Moro, nel lontano 1495; il nuovo dolce era stato ideato dal garzone Antonio Toni e il pan di Toni da allora fu chiamato ’panettone’. Il torrone - Tutti i dolci fatti con le mandorle, si pensava favorissero la nascita dei figli e la fecondità della terra. Oggi panettone, fichi e castagne sono simbolo di buona fortuna. L’uvetta e le lenticchie richiamano l’immagine delle monete d’oro. La tombola - La tradizione di giocare a tombola la notte di Natale ha derivazioni remote. Nell’antica Roma, durante i Saturnali, che precedevano il solstizio, eccezionalmente, si concedeva il gioco d’azzardo, proibito nel resto dell’anno. Si sa che la tombola è figlia del lotto; nel 1576, si giocava a Genova e si chiamava Gioco del Seminario. Dovendo eleggere tre Consiglieri della Repubblica e due Procuratori, venivano convocati 90 gentiluomini. Ogni candidato aveva un numero appeso al collo e il popolo scommetteva sui cinque numeri che sarebbero stati estratti. Ottant’anni dopo, a Napoli, il gioco fu ripreso scegliendo 90 ragazze da marito, tra le quali sorteggiare 5 corredi di nozze. Il Gioco del Seminario cambiò nome e venne chiamato Gioco delle Beneficate. Nel 1734, il re di Napoli Carlo III di Borbone, nell’intento di incrementare le entrate dello Stato, contro il parere della chiesa che giudicava questo gioco immorale, riuscì a spuntarla seppure a condizione che non si sarebbe giocato durante la settimana del Natale. A questo punto la gente si organizzò nelle proprie case. I novanta numeri furono messi in un cestino e furono approntate le cartelle. Era nata la tombola. In seguito ai novanta numeri si attribuirono dei simboli allusivi e talvolta volgari. Lo zampone e il cotechino - portatori di fortuna e di prosperità. La storia dello zampone, è legata a due personaggi famosi: Pico della Mirandola, ed il Papa Giulio II. Le truppe del Pontefice Giulio II, assediano Mirandola, alleata dei Francesi. i Mirandolesi, in vista della presa della città, pur di non lasciare al nemico i maiali li uccisero tutti. Ma cosa farne di tutta quella carne? uno dei cuochi del grande Pico, propose di utilizzare la pelle delle zampe anteriori dei maiali per conservare la carne e cucinarla al momento opportuno. Il cuoco tritò la carne e la miscelò con una grande varietà di spezie. Era nato lo zampone! Dopo poco tempo, la carne fu insaccata nelle budella del maiale: il cotechino! La lenticchia fu accostata in seguito allo zampone ed al cotechino.In realtà la lenticchia era consumato l’ultimo dell’anno già da molto tempo; l’usanza di mangiare le lenticchie, deriva da un antico 'rito' pagano secondo il quale consumare questa pietanza l’ultimo giorno dell’anno, portava fortuna e soprattutto molti soldi. Era tradizione, all’ultimo dell’anno, regalarsi dei portamonete pieni di lenticchie con l’augurio che si potessero trasformare poi in monete d’oro. La scelta delle lenticchie fu dovuta alla somiglianza delle lenticchie con le monete. I biglietti di auguri -
Pare che nel 1709 il conte di Perugia Niccolò Monte Mellin consegnasse come augurio a parenti ed amici, biglietti e cartoncini con poesie e frasi da lui composte. L’idea fu ripresa da due tipografi milanesi all’inizio dell’ Ottocento. Si invitavano amici e parenti ad abbondanti pranzi e si scambiavano frasi e pensieri augurali su formelle di terracotta, vasi pieni di miele, datteri, fichi e oggetti vari.
Nella seconda parte della serata il prof. Tobia ha declamato alcune poesie sul tema del Natale. Di Guido Gozzano ha letto "La notte santa", di Salvatore Quasimodo "Natale" e di Madre Teresa di Calcutta la poesia "E’ Natale" che qui si riporta:
E’ Natale ogni volta
che sorridi a un fratello
e gli tendi la mano.
E’ Natale ogni volta
che rimani in silenzio
per ascoltare l’altro.
E’ Natale ogni volta
che non accetti quei principi
che relegano gli oppressi
ai margini della società.
E’ Natale ogni volta
che speri con quelli che disperano
nella povertà fisica e spirituale.
E’ Natale ogni volta
che riconosci con umiltà
i tuoi limiti e la tua debolezza.
E’ Natale ogni volta
che permetti al Signore
di rinascere per donarlo agli altri.
Inserito il 22 Dicembre 2010 nella categoria Relazioni svolte
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