La 'Libera Università' ha festeggiato il Natale 2012. Prima della conviviale il prof. A. Tobia ha relazionato sulla ... fine del mondo. Susseguentemente si è esibito il Complesso dei 'Matrioskando', con suggestivi canti celtici
Relatore: Prof. Antonino Tobia - Letterato
'Ciò che turba e scuote l’uomo - scriveva Epitteto, filosofo dell’età di Nerone - non sono le cose, ma le opinioni e le fantasie che ha intorno alle cose'. Più tardi, scriverà Ernst Cassirer, filosofo tedesco del secolo scorso: 'invece di definire l’uomo animale razionale, è preferibile definirlo animale simbolico, in quanto non vive in un universo puramente fisico, bensì in un universo simbolico, di cui fanno parte la sua lingua, il mito, l’arte, la religione'.
Il tema della fine del mondo rientra in questo universo di simboli, che impedisce all’uomo di porsi faccia a faccia con la realtà, che rivive mediata dalla sua dimensione simbolica. Così è tornato di attualità parlare della fine del mondo da quando si è diffusa la profezia dei Maya che colloca la distruzione catastrofica della Terra e la scomparsa dei suoi abitanti il 21 dicembre 2012. Secondo questa profezia, il disastroso evento avrà come luogo principale una regione del Messico, per poi sconvolgere l’intero pianeta. Due le spiegazioni che darebbero forza a tale profezia:
Il collasso della Terra avverrebbe a causa dell’impatto con un asteroide che attualmente viaggia verso di noi e passerà ad appena 35.000 KM di distanza non il 21 dicembre, bensì il 15 febbraio del prossimo anno. Su questa ipotesi ci tranquillizza l’astrofisica Margherita Hack, la quale non esclude la presenza dell’asteroide X o Nibiru, come è stato battezzato, ma, pur ammettendo che la distanza dell’asteroide dalla Terra non sia del tutto da sottovalutare, sostiene che la possibilità di un impatto è molto lontana. Gli scienziati americani vanno oltre e aggiungono che, se tale asteroide fosse reale e diretto verso la Terra, gli astronomi l’avrebbero già avvistato da almeno dieci anni.
Una seconda ipotesi riguarderebbe l’inversione dei poli terrestri magnetici non quelli geografici. Gli scienziati escludono, però, che ci sia un nesso tra l’inversione dei poli e la fine del mondo. Questo fenomeno magnetico, infatti, si verifica nell’arco di migliaia di anni e pare che l’ultima volta sia capitato 800.000 anni fa.
L’inversione dei poli non potrebbe essere la causa della fine del mondo: al massimo potrebbe danneggiare gli apparati di telecomunicazione ed i sistemi elettrici, investiti da tempeste elettromagnetiche. Per rassicurarci, ma non credo che noi siamo preoccupati più di tanto, la NASA, l’ente aeronautico e spaziale americano, ha smentito che la specie umana rischi l’estinzione a causa di tempeste solari, inversione dei poli magnetici, asteroidi in avvicinamento.
La profezia Maya del 21 dicembre coincide con il solstizio d’inverno, quando il sole si trova allo zenit del tropico del Capricorno e la durata della luce sulla Terra comincia a superare quella delle tenebre. Il significato magico del solstizio d’inverno ha accompagnato tutta l’evoluzione umana dalla preistoria alla protostoria fino ai nostri tempi con testimonianze diverse. Le costruzioni megalitiche di Stonehenge in Gran Bretagna, quelle presenti in Irlanda e a Malta e le iscrizioni rupestri trovate in Iran e in Val Camonica rivelano l’esistenza di un antichissimo culto legato alla nascita del Sole. Poeti come Omero e Virgilio hanno cantato nelle loro opere (Odissea, Eneide) il significato esoterico del Solstizio e così pure la tradizione gallo-celtica faceva coincidere il 21 dicembre con la rinascita del dio Sole. Il Natale cristiano, che segna la nascita del Dio redentore dell’umanità, coincide con le credenze religiose di tante civiltà precedenti il Cristianesimo: la medesima data (21-25 dicembre) segnava presso gli Egiziani la nascita del dio Osiride; nel mondo greco quella del dio Dioniso: di Buddha in Oriente: Krishna in India, Mitrha in Persia, detto il salvatore e a Babilonia si celebrava la nascita del di Tammuz, unico figlio della dea Istar, rappresentata col figlio divino fra le braccia e con l’aureola di dodici stelle intorno al capo. A Roma era celebrato nello stesso periodo il Dies natalis Solis invicti, che coincideva con i Saturnalia, in ricordo della felice età dell’oro del regno di Saturno. Sotto l’imperatore Aureliano (270-275 d. C.), in età cristiana, a Roma si diffuse anche il culto del dio indo-iraniano Mithra. Non è una coincidenza che Giovanni Battista, nato il 21 giugno con il solstizio d’estate, in un passo evangelico, parlando di Gesù, dica: 'Bisogna ch’egli cresca e che io diminuisca', riferendo alla nascita di Cristo la rinascita della vita e il sorgere di un nuovo mondo. E, per finire, un doveroso ricordo va all’Alighieri, il quale utilizza l’immagine medievale del sol oriens, già presente nel vangelo di Luca (I, 78), per celebrare la santità di Francesco d’Assisi: '…nacque al mondo un sole, / come fa questo talvolta di Gange. / Però chi d’esso loco fa parole,/ non dica Ascesi, ché direbbe corto, / ma Oriente, se proprio dir vuole' (Par. XI 50-54).
Quanto suggerito dalla cosiddetta profezia maya deriva da due testi che fanno riferimento in qualche modo al 21 dicembre. Uno dei due si trova sul Monumento 6 di Tortuguero in Messico e l’altro è un reperto trovato di recente in Guatemala. La loro difficile interpretazione non prevede alcuna fine del mondo, ma solo fatti eccezionali legati al calendario Maya.
Alcuni studiosi hanno interpretato l’iscrizione Maya, togliendole il significato apocalittico e facendo coincidere il 21 dicembre con la fine di una fase del calendario maya, ordinato in cicli di 5.125 anni. Noi ci troveremmo a vivere nel quarto ciclo che avrebbe avuto inizio nel 3144 a. C. . Tale termine segnerebbe, tuttavia, l’inizio di una nuova età, una sorta di palingenesi da vivere festosamente. Tale fenomeno trova riscontro nei miti di popoli distanti tra loro.
Nella Bibbia (Genesi 6-9), il patriarca Noè, grazie alla sua rettitudine, fu avvisato da Dio dell’imminente diluvio universale, che coprì tutte le terre, affogando nell’acqua ogni essere vivente. Noè si salvò costruendo un’arca in cui accolse una coppia di tutti gli animali della terra e vi entrò con la moglie, i tre figli e le loro famiglie. Il diluvio diede vita ad un’umanità nuova, e i figli di Noè, Sem, Cam, Jafet sono considerati dalla Bibbia (Genesi 10) i capostipiti delle tre stirpi degli uomini.
La mitologia greca ci tramanda la vicenda di Deucalione e Pirra: Zeus, nell’età del bronzo (inizio V-III millennio a. C. , fine circa il 1000 a. C.), scatenò un diluvio per distruggere il genere umano, colpevole di ogni sorta di violenza. Il pio Deucalione, seguendo il consiglio di Prometeo, suo padre, costruì un’arca e vi entrò insieme con la moglie. Dopo nove giorni l’imbarcazione approdò sulla cima del Parnaso, il monte sacro al dio Apollo. Dalla Biblioteca di Pseudo Apollodoro (I-II sec. d. C.) apprendiamo che, finita la pioggia, i due soli superstiti si ritrovarono in un mondo deserto. Grande fu la loro disperazione, ritrovandosi nella landa deserta di un fangoso cimitero. Tra le lacrime, decisero di rivolgere le loro preghiere a Zeus e di ricercare l’aiuto degli dei per mezzo dell’oracolo. Temi, dea della giustizia, nel cui tempio erano entrati, mossa a compassione, diede questo responso:' Uscite dal tempio, copritevi la testa, sciogliete le vesti e gettate dietro le spalle le ossa della Gran Madre'. - Ma chi è la Gran Madre, la madre di tutti? - si chiese Deucalione. Ci pensò su un po’, poi concluse:' la Gran Madre è la Terra; credo che i sassi siano detti le ossa del corpo terrestre; i sassi sono quelli che ci è stato ordinato di gettare dietro le spalle'. Così fecero e le pietre scagliate da Deucalione divennero uomini, quelle gettate da Pirra divennero donne. Ciò spiega perché tanti uomini e donne hanno durissima la testa e freddissimo il cuore, come le pietre da cui la loro stirpe rinacque.
Platone, il più grande filosofo greco per la profondità del suo pensiero e la sua fervida immaginazione, nei dialoghi Timeo e Crizia ci informa della drammatica fine di Atlantide, la grande terra sprofondata nelle acque dell’oceano Atlantico, a poca distanza dallo Stretto di Gibilterra. Platone racconta che l’isola di Atlantide fosse una potenza navale che aveva conquistato molte regioni dell’Europa Occidentale fino all’Italia e parte dell’Africa settentrionale. Dopo aver tentato inutilmente di occupare anche Atene. L’isola in un giorno e una notte sprofondò ingoiata dal mare. Aristotele, discepolo di Platone, non credette alle parole del maestro e concluse: 'L’uomo che l’ha sognata, l’ha anche fatta scomparire'. Probabilmente ha ragione Aristotele, ma è anche vero che tutto ciò che ha un inizio avrà una fine ed è dimostrato che il nostro pianeta ha subito numerosi rivolgimenti nel corso della sua esistenza.
La religione ebraica si fonda sui comandamenti e i precetti scritti nella Torah (la legge), professa la fede in un Dio unico che ha parlato ad Abramo, a Mosè e ai profeti. Agli Ebrei Dio ha promesso la venuta del Messia, che instaurerà il suo regno di amore, pace e giustizia sulla terra. È un’attesa che dura già da circa 4000 anni, che per fortuna non profetizza la fine del mondo, ma la rinascita di una umanità rispondente al disegno divino.
Una sorta di palingenesi spirituale è profetizzata da Virgilio nella quarta ecloga delle Bucoliche, scritta intorno al 40 a. C., nel clima di una riconquistata speranza di pace tra Antonio e Ottaviano. Virgilio assume un tono misterioso e un linguaggio profetico ed oracolare. Celebra la nascita di un puer, che porrà fine ad ogni violenza e restaurerà il regno di Saturno con il ritorno all’età dell’oro, cantata dai poeti greci a partire da Esiodo (VIII sec. a. C.). L’ecloga presenta il tono messianico dei profeti di Israele. Così, i Cristiani hanno potuto identificare il puer con il Cristo Salvatore e il Medioevo ha venerato Virgilio come un profeta. Virgilio non si limita a lanciare la sua profezia, ma intende darle una spiegazione, invocando la profezia della Sibilla Cumana, che annunciava l’arrivo dell’ultima età, dopo la quale sarebbe ricominciato il grande ciclo dei secoli. La profezia riecheggiava anche la teoria neopitagorica, che annunciava la fine del magnus annus, formato dall’insieme dei magni menses, caratterizzati da metalli che andavano sempre più degradando. Alla fine del magnus annus, con il ritorno della medesima disposizione degli astri, sarebbe ricominciata la storia dell’uomo con l’età dell’oro, caratterizzata da una vita nuova vissuta nell’ innocenza e nell’ armonia.
L’Apocalisse (gr. Rivelazione), titolo dell’ultimo libro del Nuovo Testamento, tradizionalmente attribuito all’apostolo Giovanni (pare che sia stato scritto nell’isola greca di Patmo da un monaco di nome Giovanni alla fine del 1° secolo, quando l’apostolo era già morto), è un classico della letteratura profetica. L’autore dell’opera, in tono oracolare, descrive i destini ultimi dell’umanità e del mondo: ' Allora udii dal tempio una gran voce che diceva ai sette angeli: - andate e versate sulla terra le sette coppe dell’ira di Dio – '. Da ciascuna coppa d’oro si scatenò un flagello: un’ulcera maligna e dolorosa colpì gli adoratori della bestia; le acque dei mari, dei fiumi e delle sorgenti furono trasformati in sangue; al sole fu concesso di bruciare gli uomini; il trono della bestia venne avvolto dalle tenebre tra le bestemmie dei peccatori, che si mordevano la lingua per il dolore; le acque del grande fiume Eufrate si prosciugarono; dalla settima coppa versata nell’aria si scatenò un cataclisma disastroso, seguito da una grandinata straordinaria. Le città furono distrutte, i monti scomparvero e Babilonia, la madre delle prostitute e delle abominazioni della terra fu incenerita. Infine, entra in scena Cristo, il verbo divino, su un cavallo bianco, che fa giustizia dei cattivi e del drago, fa risorgere i morti per premiare i buoni 'nel nuovo cielo e nella nuova terra' e condanna i cattivi ad una seconda morte perenne.
L’apocalittica giudaica e la cristiana dissentono fondamentalmente in due punti: gli ebrei hanno una concezione temporalistica e nazionalistica del messia; i cristiani attendono una seconda venuta del messia in forma gloriosa e il suo regno sarà spirituale ed universale.
Nell’Apocalisse si usa il termine Millenarismo, che designa la credenza secondo cui Cristo instaurerà al suo ritorno sulla terra (parusia) un regno millenario con i suoi santi risorti prima della resurrezione finale. Cristo, pertanto, porterebbe mille anni di felicità e pace fino alla fine del mondo: 'E vidi un angelo scendere dal cielo … E afferrò il dragone, il serpente antico che è il diavolo o Satana, e l’incatenò per mille anni; quindi gettatolo nell’abisso, chiuse e vi pose sopra il sigillo, in modo che non potesse più sedurre le nazioni finché non fossero passati mille anni …'.
Il Millenarismo diffuse nel Medioevo la paura della prossima fine del mondo nel compimento dell’anno mille. Ma che successe all’alba del nuovo millennio? Questa è la ricostruzione che da poeta più che da storiografo il Carducci ne fece, esordendo all’inizio del suo primo discorso sullo svolgimento della letteratura nazionale: ' V’immaginate il levar del sole nel primo giorno dell’anno Mille? … E che stupore di gioia e che grida salì al cielo dalle turbe raccolte in gruppi silenziosi intorno ai manieri feudali, accasciate e singhiozzanti nelle chiese tenebrose e nei chiostri, sparse con pallidi volti … quando il sole, eterno fonte di luce e di vita, si levò trionfale la mattina dell’anno Mille!'.
Ma tutto questo terrore delle folle per la fine del mondo nell’anno Mille non trova riscontro nei documenti del tempo, anzi pare che quel clima di attesa e di paura sia un’invenzione degli storiografi del ‘700, che considerarono il Medioevo un’età di barbarie e di oscurantismo. Tuttavia, le dottrine millenariste, insieme col disprezzo del mondo, di cui si attendeva la fine, erano molto diffuse e alimentavano la paura del giudizio dopo la morte. Si pensi alle sette ereticali dei flagellanti, dei catari, dei patarini, che tuonavano contro la lussuria, la ricchezza, la secolarizzazione della Chiesa di Roma, e vivevano nell’ angoscia dell’imminente sopravvento del Giudizio universale. Tra le dottrine millenaristiche la più celebre è quella di Gioacchino da Fiore (1130-1202), che creò l’ordine rigorista sui monti della Sila, approvato da Celestino III nel 1196. Nella storia umana distingueva tre età, corrispondenti ai regni delle persone della Trinità, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Prima dell’avvento di Cristo si era svolta 'l’età del Padre'; con l’avvento di Cristo aveva avuto inizio 'l’età del Figlio', e quindi riteneva imminente l’avvento dello Spirito Santo, il 'terzo regno', che avrebbe purificato l’intera umanità e la Chiesa stessa, instaurando un nuovo monachesimo. La profezia fu condannata dal Concilio lateranense del 1215.
Le profezie profetiche di Nostradamus ispirano ancora oggi i cultori di astrologia. Nelle Centurie astrologiche, scritte in quartine intorno al 1555, Michel de Nostredame, medico e astrologo francese, predisse gli avvenimenti principali fino al 3797, senza indicare con questa data la fine del mondo. La veridicità delle sue profezie è il risultato di una lettura indefinita, simbolica ed esoterica, in ogni caso verificabile a posteriori, dopo che l’evento è accaduto. Nella Francia del suo tempo, flagellata dalla peste e dalle guerre civili, le profezie di Nostradamus ebbero molto successo, al punto che Caterina de’ Medici lo invitò a corte come astrologo e successivamente suo figlio, Carlo IX, salito al trono, lo nominò suo medico personale. Si è scoperto, comunque, che le profezie di Nostradamus hanno come fonte l’interpretazione di elementi escatologici presenti nel Vecchio testamento, la lettura di testi latini, il Mirabilis liber di anonimo, scritto nel 1522, che contiene profezie derivate da molti autori precedenti, tra cui Savonarola e Gioacchino da Fiore e altri ancora, che presentavano nei loro testi una lunga compilazione di prodigi. Tra le profezie attribuite a Nostradamus vi sono la Rivoluzione francese, l’ascesa al potere di Hitler, l’esplosione della bomba atomica, la fine del mondo nel 1999 e c’è chi vi ha letto nelle sue Centurie anche l’attacco alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001. Un’altra sua profezia riguarderebbe la rivoluzione d’ottobre in Russia e la fine del comunismo con il ripristino della religione cristiana dopo 73 anni ad opera di qualcuno proveniente dal 50° grado di latitudine, che corrisponde a quella della città di Cracovia in Polonia, dove nacque papa Wojtyla.
Nel secolo XIX motivi millenaristici compaiono in Germania e soprattutto negli Stati Uniti con gli Avventisti e i Testimoni di Geova, che fanno coincidere l’imminente fine del mondo non con la distruzione del pianeta e della vita, ma con la fine di un sistema di vita fondato sull’egoismo e sulla malvagità. La fine di tale sistema segnerà l’avvento del regno teocratico di Dio sulla Terra.
Ma siamo sicuri che la fine del mondo sarà causata da fenomeni naturali e non piuttosto dalla violenza dell’uomo contro il suo prossimo e contro la madre natura? Non è vero forse che l’uomo non usi la sua intelligenza per creare una 'social catena', come auspicava Leopardi, ma per distruggere la vita stessa del pianeta che lo ospita? Ciò significa che il futuro non dipende dagli astri ma è il risultato del presente di cui facciamo parte e, quindi, il futuro, per buona parte, sarà quello che ci siamo meritato.
Il prof. Antonio Almi, docente di civiltà precolombiane all’Università degli Studi, ci dà la seguente versione sulle apocalittiche interpretazioni della fatidica data Maya del 21 dicembre, che fortunatamente la gente non credulona, (si tratta della maggioranza della popolazione mondiale), attende in allegria, fiduciosa nel domani, come del resto lo erano gli antichi Maya: ' Sono tesi avanzate per fini di lucro da personaggi squalificati che non sanno nulla dei Maya e che non solo scrivono cose assurde, ma addirittura cancellano i fatti e li sostituiscono con le loro fantasie'. Ha ragione il prof. Almi: l’attesa della data è diventata un affare turistico per viaggi ed escursioni organizzati nei luoghi indicati dagli astronomi-sacerdoti.
Pertanto, chi criticamente annovera questa profezia al lungo elenco di quelle passate e di quelle che verranno se la ride, e punta tutto sulla speranza che il peggio è dietro le nostre spalle e il meglio deve ancora arrivare. È anche questa un’illusione, come Leopardi ci ammonisce nel Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggere.
21 dicembre, 2012 prof. Antonino Tobia
Inserito il 21 Dicembre 2012 nella categoria Relazioni svolte
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