La burla in poesia nel commento di Antonino Tobia e le ipotesi dell'origine del Pesce d'Aprile nella ricostruzione storica di Leonardo Greco.
Relatore: Prof. Antonino Tobia - Letterato
Il primo Aprile, come da programma, lo sberleffo e lo scherzo sono stati i protagonisti del seminario settimanale. Con il sottofondo musicale della pianista Sinforosa Pastorino, il prof. A. Tobia ha letto e commentato alcune celebri poesie burlesche e scherzose. Sono stati illustrati i poemi:
PER I PIDOCCHI DELLA MIA DONNA di Anton Maria Narducci - Sembran fere d’avorio in bosco d’oro le fere erranti onde sì ricca siete; anzi, gemme son ur che voi scotete da l’aureo del bel crin natio tesoro; o pure, intenti a nobile lavoro, così cangiati gli Amoretti avete, perché tessano al cor la bella rete con l’auree fila ond’io beato moro. O fra bei rami d’or volanti Amori, gemme nate d’un crin fra l’onde aurate, fere pasciute di nettarei umori; deh, s’avete desio d’eterni onori, esser preda talor non isdegnate di quella preda onde son preda i cori!
A UNA ZANZARA di Gianfranco Materdona •Animato rumor, tromba vagante, •che solo per ferir talor ti posi, •turbamento de l’ombre e de’ riposi, •fremito alato e mormorio volante; •per ciel notturno animaletto errante, •pon freno ai tuoi susurri aspri e noiosi; •invan ti sforzi tu ch’io non riposi: •basta a non riposar l’esser amante. •Vattene a chi non ama, a chi mi sprezza •vattene; e incontro a lei quanto più sai •desta il suono, arma gli aghi, usa fierezza. •D’aver punta vantar sì ti potrai •colei, ch’Amor con sua dorata frezza •pungere ed impiagar non poté mai.
EGNATIUS di Gaio Valerio Catullo Egnazio, perché ha candidi denti, sorride ad ogni momento. Se si è giunti al banco del reo, quando l’avvocato muove al pianto, lui sorride; se si geme presso il rogo del pio figlio, quando la madre vedova piange il suo unico, lui sorride. Qualunque cosa sia, dovunque sia, qualunque cosa faccia, sorride: ha questa malattia, non elegante, come ritengo, ne civile. Perciò bisogna che io ti richiami, buon Egnazio. Se fossi un cittadino o Sabino o di Tivoli o grasso Umbro o Etrusco obeso o Lanuvino nero e dentuto o transpadano, per toccare anche i miei, o chiunque, che semplicemente si lava i denti, tuttavia non vorrei che tu sorridessi ad ogni momento: non c’è nessuna cosa più stupida d’un riso stupido. Orbene tu sei Celtibero: in terra celtibera, con ciò che uno ha pisciato, al mattino suole sfregarsi i denti e la rossa gengiva, così che quanto più questa vostra dentatura è pulita, tanto più proclamerà che tu hai bevuto porcheria.
CENERAI BENE DA ME, MIO CARO FABULLO di Gaio Valerio Catullo Cenerai bene da me, mio caro Fabullo, fra pochi giorni, se gli dei ti saranno favorevoli, se ti porterai appresso una cena buona ed abbondante e non senza una leggiadra fanciulla, il vino, il sale e ogni tipo di divertimento. Se porterai queste cose, ti ripeto, mio raffinato amico, cenerai bene; infatti il portafogli del tuo Catullo ha pieno di ragnatele. ma in cambio riceverai affetto sincero, sia qualcosa di veramente soave ed elegante ed elegante: infatti ti farà dono di un profumo che Venere e tutti gli spiriti dell’amore hanno donato alla mia amata; e quando tu l’avrai annusato, o Fabullo, pregherai gli dei che ti facciano tutto naso.
TRE COSE SOLAMENTE MI SON IN GRADO di Cecco Angiolieri Tre cose solamente mi so’n grado, le quali posso non ben men fornire: ciò è la donna, la taverna e ’l dado; queste mi fanno ’l cuor lieto sentire Ma sì me le conven usar di rado, ché la mie borsa mi mett’al mentire; e quando mi sovvien, tutto mi sbrado, ch’i’ perdo per moneta ’l mie disire. E dico: – Dato li sia d’una lancia! – Ciò a mi’ padre, che mi tien sì magro, che tornare’ senza logro di Francia. Trarl’un denai’ di man serìa più agro, la man di pasqua che si dà la mancia, che far pigliar la gru ad un bozzagro.
Inserito il 01 Aprile 2011 nella categoria Relazioni svolte
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