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Aspetti sociali e filosofici della libertà

Sul concetto di “Libertà, hanno relazionato Antonino Tobia e Leonardo A. Greco

Relatore: Prof. Antonino Tobia

 Immagine riferita a: Aspetti sociali e filosofici della libertàSulla libertà  (di Antonino Tobia)  Per libertà s’intende la condizione per cui un individuo può decidere di pensare, esprimersi ed agire senza avvertire condizionamenti fisici o morali, rispondendo alla sua volontà di ideare e mettere in atto un’azione, mediante una libera scelta dei fini e degli strumenti che ritiene utili a realizzarla.Scriveva Luigi Sturzo: 'la libertà è come l’aria: si vive nell’aria; se l’aria è viziata, si soffre; se l’aria è insufficiente, si soffoca; se l’aria manca si muore. Anche se si vive senza costrizioni e limitazioni esterne, tuttavia, non sempre ci si sente liberi.Si può parlare di libertà in assoluto?Da un punto di vista psicologico possiamo intendere la libertà:o negativamente, come aspirazione ad eliminare ogni forma di  sottomissione, di schiavitù, di costrizione;oppure positivamente, come atteggiamento di chi riconosce di essere causa e principio della propria azione.Ogni momento storico è stato caratterizzato dalla ricerca di spazi sempre maggiori di libertà. La libertà è stata un diritto parziale nel mondo greco e romano, visto che solo un numero esiguo poteva goderne. A Roma chi godeva della cittadinanza romana era più libero di chi non la possedeva. Vi erano gli schiavi e i liberti, cioè gli schiavi che cessavano di essere res nullius ed acquistavano spazi di libertà a pagamento. I nobili nel Medioevo godevano di una maggiore libertà rispetto ai servi della gleba, in quanto era accettato che la società si dividesse in bellatores, oratores, laboratores. Con l’affermarsi della società industriale, la borghesia ha sostituito la nobiltà, ha acquistato spazi enormi di libertà sociale, economica e politica e ha prevalso sul proletariato, cui si riconosceva solo il diritto di procreare liberamente. Ancora nel terzo millennio, in molte società, il campo di azione dei maschi nei confronti del sesso femminile si presenta più ampio e di diversa intensità. Solo da qualche anno si legifera sulla destinazione di quote rosa nelle istituzioni e nel mondo del lavoro, anche a livello apicale, ma solo nelle società democratiche. Al contrario, nel mondo islamico gli spazi di libertà per le donne sono molto limitati e per lo più inesistenti, come avviene in tutti gli stati dispotici, dove uno solo è libero e la moltitudine è sottomessa. La libertà negativa, in ultima analisi, si afferma abbattendo i divieti che c’erano prima, attraverso un processo dialettico, che tende all’affermazione dell’autonomia sull’eteronomia.Immagine riferita a: Aspetti sociali e filosofici della libertàPer libertà positiva s’intende, invece, la possibilità di auto-determinarsi e di orientare la propria volontà secondo principi che l’individuo riconosce non a sé estranei. Sicché, la libertà negativa porta alla ribellione, al rifiuto di fare o non fare qualcosa; la libertà positiva consiste in un atto di obbedienza a se stesso. Ciò avviene allorché la società sia retta da un 'contratto sociale' (Rousseau), in cui ciascuno si riconosce. In questo caso, la libertà consiste nell’obbedire a quelle leggi che il contratto prevede, dove ogni individuo si sente libero di esercitare la propria sovranità. Questi due concetti di libertà hanno ispirato due modi diversi di concepire il rapporto tra lo Stato e l’individuo.La dottrina liberale s’ispira alla libertà negativa: essa tende a limitare l’intervento statale  nella sfera individuale: è la lotta del privato contro il pubblico.Al contrario, la dottrina democratica si fonda sul principio della libertà positiva e considera buon governo quello in cui le determinazioni da seguire sono state prese dagli stessi individui o dai loro rappresentanti liberamente eletti. Ciascuno 'unendosi a tutti, obbedisce soltanto a se stesso e resta non meno libero di prima' (Rousseau).Immagine riferita a: Aspetti sociali e filosofici della libertàLo sviluppo storico dello stato costituzionale, sottolinea Norberto Bobbio, rende necessaria la confluenza delle due forme di libertà: libertà dallo stato e libertà nello stato. Breve percorso storico-filosofico.La mitologia romana nel suo Pantheon aveva pure inserito la dea Libertà, e a questa divinità i Romani avevano innalzato due templi, uno nel Foro e l’altro nell’Aventino. La dea veniva raffigurata come una donna, con ai piedi un gatto, recante in una mano uno scettro e nell’altra mano un berretto frigio. Tale copricapo a Roma era portato dagli schiavi affrancati, e quindi assunto a simbolo di libertà ; durante la rivoluzione francese divenne emblema della libertà repubblicana.Nella civiltà greca il concetto di libertà assume diversi significati.Per Socrate la libertà è un fatto intellettuale e coincide con il bene. Chi opera il male non lo fa volontariamente ma per ignoranza del bene, della quale è schiavo. Accertato che le leggi rappresentino il bene dello stato, la propria libertà deve cedere al rispetto di esse stesse, anche accettando di bere la cicuta per non infrangerle.Per Aristotele l’uomo è libero se sa autodeterminare e disciplinare razionalmente gli istinti e i desideri. Su questo tasto battono altre scuole filosofiche, che attribuiscono alla ragione la funzione di rendere libero l’uomo. Nella civiltà greca, accanto al culto di Athena, dea della sapienza, era anche presente il concetto di Fato, a cui uomini e dei erano costretti a sottostare, come si può evincere dal teatro tragico. "Secondo Eraclito tutto avviene secondo il Fato e questo è la stessa cosa che la necessità."I sofisti (V-IV sec. a. C.) rifiutano ogni ricerca metafisica e considerano l’uomo libero di esprimersi in virtù della parola. L’uomo è misura del suo mondo, signore incontrastato e attraverso la parola subordina al proprio volere e al proprio giudizio ogni verità, che pertanto è sempre relativa. Protagora e Gorgia distruggono ogni determinismo e tendono a dimostrare che tutto  paradossalmente può essere vero e falso, buono o cattivo. Così Gorgia da Lentini nell’Encomio di Elena vuole dimostrare che Elena di Troia è esente da colpa, vittima della decisione degli dei o della fascinazione della parola.Con l’avvento del Cristianesimo, viene introdotto il concetto di peccato e con esso quello di libero arbitrio, cioè della forza di volontà che interviene per allontanare il peccato. Quella stessa volontà fece difetto ai nostri progenitori, i primi a perdere la libertà di cui godevano, per aver voluto tendere alla conoscenza assoluta, che imponeva l’eliminazione dell’unico divieto imposto dal Padre. La libertà positiva è propria del libero arbitrio il cui esercizio dipende dalla buona volontà personale, e non più dalla razionalità. Il male, infatti, può razionalmente essere conosciuto, ma non per questo evitato. ' E veggio ‘l meglio et al peggior m’appiglio' ebbe a lamentarsi il Petrarca nel suo Canzoniere, riprendendo un verso delle Metamorfosi di Ovidio: video meliora proboque, deteriora sequor (VII,20).Secondo i padri della Chiesa, la libertà dal male si può ottenere solo in virtù della grazia, dono volontario divino e mezzo essenziale di liberazione dell’uomo. Infatti, senza la grazia l’uomo non riuscirebbe ad indirizzare al bene le sue scelte, condizionato dal peccato originale. Anche se la vera libertà non può realizzarsi sulla terra, è anche vero che in virtù del sacrificio di Cristo può essere goduta dopo la morte come premio eterno. Il cristiano, quindi, accetta il limite alla libertà della conoscenza, non agisce come Prometeo o come Adamo ed Eva, convinto, come scrive Dante, che non è concesso all’uomo nella sua vita terrena di andare oltre il Quia: 'State contenti umana gente al quia/che se possuto aveste di veder tutto/ mestier non era parturir Maria'. Il problema della predestinazione e della salvezza attraverso la grazia ha fatto trascorrere notti insonni a sant’Agostino e ha generato il principale motivo del contendere di Lutero, di Calvino e dei Giansenisti. Il tema della predestinazione cozza con quello della libera scelta. Infatti, è del tutto razionale chiedersi se l’onniscienza divina sia fattore di limite al libero arbitrio.Tra coloro, che hanno negato all’uomo la volendi nolendique libertas, un posto a sé occupano Lutero, Calvino, Hobbes, Spinoza. Al libero arbitrio i luterani e i calvinisti contrappongono il servo arbitrio. Essi, infatti, sostengono che l’uomo è asservito al peccato originale dalla nascita e da solo non può guadagnarsi la salvezza eterna senza l’intervento della grazia divina, che è data però solo ad alcuni predestinati ab aeterno (doppia predestinazione e per i buoni e per i cattivi).Immagine riferita a: Aspetti sociali e filosofici della libertàAnche per Calvino l’uomo si salva per grazia divina, i cui segni esteriori sono la sua incrollabile fede, l’operosità nel lavoro e il successo e la fortuna che incontra il credente nella vita. Da ciò nasce la rivalutazione del lavoro, non più inteso come punizione divina: da qui la concezione borghese del successo individuale.Lo stesso Manzoni, nei primi anni della sua conversione al cristianesimo, fu influenzato dal concetto della predestinazione e della grazia in senso giansenista. Nell’inno La Pentecoste, tuttavia, il privilegio della grazia riservato a pochi fu superato e sostituito dalla concezione cattolica che intende la grazia come l’amore gratuito di Dio concesso all’umanità intera: Cristo a tutti i figli d’Eva/ nel suo dolor pensò'.  Per Spinoza l’onniscienza divina inserisce l’uomo in un meccanismo deterministico, per cui ogni sua azione o scelta esiste ab aeterno in mente Dei. Solo Dio è libero in quanto causa sui, causa di se stesso, unica sostanza. La libertà dell’uomo consiste nel sentirsi parte integrante dell’universo ed esige il bisogno di identificarsi con Dio, Deus sive Natura. Da qui l’accusa di panteismo che gli costò la scomunica anche della sinagoga.Gli illuministi non si occupano di problemi teologici, superano ogni indagine metafisica, non vanno oltre un generico deismo e riconoscono che la libertà è la condizione naturale dell’uomo, che trova nella società le sue catene. Il filosofo inglese John Stuart Mill, nel suo saggio Sulla libertà del 1859, scrive che 'il solo aspetto della propria condotta di cui ciascuno deve rendere conto alla società è quello riguardante gli altri; per l’aspetto che riguarda soltanto lui, la sua indipendenza è, di diritto, assoluta. Su se stesso, sulla sua mente, sul suo corpo, l’individuo è sovrano'. E ancora: 'Così come è utile che vi siano opinione diverse … altrettanto utile è che si sperimentino diversi tipi di vita, che si dia libero spazio alla diversità dei caratteri purché non arrechino danno agli altri'. Primum non laedere! Ma la libertà è sinonimo di felicità?Secondo Kierkegaard la libertà è principio di angoscia, perché di pone il problema della scelta perenne, che implica incertezza e responsabilità. Per K., la coscienza della libertà genera vertigine.Anzi per Sartre la libertà è il segno dell’assurdità della vita dell’uomo «condannato a essere libero».Pirandello ha affrontato il tema della libertà in molte sue opere. Per il drammaturgo esiste la possibilità di pervenire alla libertà assoluta solo  attraverso il superamento delle convenzioni sociali e l’eliminazione di tutte le maschere, che la società impone all’individuo. Quando si rompe la corda civile e quella seria, l’unico varco per acquistare la propria identità è rappresentato dalla pazzia, non reale, ma funzionale ad azzerare tutti quei preconcetti, illazioni, attribuzioni cui l’uomo è sottoposto. Così, l’uno, che gli altri fatalmente deformano attribuendogli centomila maschere, per salvare se stesso deve diventare nessuno, come Vitangelo Moscarda.

Autore Prof-Greco

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Inserito il 17 Marzo 2015 nella categoria Relazioni svolte