Il relitto di San Vito Lo Capo tra storia e tecnica navale
Relatore: Ing. Francesco Greco Francesco Grec - Ingegnere aerospziale
Da qualche parte davanti San Vito giace da 67 anni il relitto del più famoso sommergibile inglese, il Thunderbolt, che deve la sua notorietà alla singolare circostanza di essere affondato due volte: nel 1939, col nome di Thetis, il Thunderbolt si era reso infatti protagonista del più grave disastro subito dalla marina inglese in tempo di pace nell’ultimo secolo.
Ma vediamo come erano andate esattamente le cose.
Alle 13.56 del 1° giugno 1939, il Thetis effettuava la sua prima immersione in mare aperto a circa 15 miglia al largo della costa settentrionale del Galles.
Dal momento che il battello esitava ad immergersi, si decise di allagare i tubi di lancio prodieri. Purtroppo però il cappello esterno del tubo n. 5 era stato lasciato inspiegabilmente aperto, ed inoltre il relativo rubinetto-spia per la verifica dell’eventuale presenza di acqua nel tubo, era rimasto otturato dal mastice della recente verniciatura. Quando il personale silurista provò ad aprire il fondo mobile del tubo 5 per ispezionarlo, l’acqua invase così velocemente il locale che non fu possibile chiudere la porta stagna che lo divideva da quello attiguo, che rimase anch’esso allagato. Con due compartimenti adiacenti completamente invasi dall’acqua, il sommergibile si immerse di colpo, investendo di prora il fondale profondo circa 50 metri. Con opportune manovre il comandante riuscì a far emergere parte della poppa fuori dell’acqua; iniziò quindi le procedure per l’evacuazione del battello tramite la garitta stagna di emergenza, ma purtroppo solo in quattro riuscirono a raggiungere la superficie grazie ai regolamentari respiratori Davis, prima che, per una manovra errata, il portello esterno della garitta si bloccasse, rendendo inutilizzabile anche quell’unica via di scampo.
Frattanto in superficie le ricerche del Thetis erano proseguite per tutta la notte finché, alle 07.50 del 2 giugno, un cacciatorpediniere ne avvistò la poppa che emergeva dalla superficie.
Iniziò quindi una serie di febbrili tentativi per tentare di salvare l’equipaggio: la poppa del battello venne fissata ad una delle navi di soccorso per tenerla sollevata, mentre si tentava di pompare aria all’interno del battello; ciononostante, anche a causa delle forti correnti di marea, tutti i tentativi risultarono vani, finché, alle 15.10, lo scafo del battello, che nel frattempo si era andato vieppiù appesantendo, ruppe i cavi che lo sostenevano e si adagiò sul fondale.
Una volta svanita ogni speranza di salvare l’equipaggio, si avviò il recupero del relitto. Tramite dei grossi cilindri allagabili lo scafo venne sollevato progressivamente per trascinarlo a riva e farlo arenare su una spiaggia. Una volta terminato il pietoso compito di recuperare le 99 salme, il battello fu disincagliato e rimorchiato in cantiere.
Nel frattempo, a causa del conflitto appena scoppiato, la Royal Navy decise di rimettere in condizioni operative il Thetis, che pertanto, ribattezzato Thunderbolt, prese il largo il 3 dicembre 1940 al comando del tenente di vascello Cecil B. Crouch; venti giorni dopo, al ritorno dalla la sua prima missione di guerra, il Thunderbolt poteva già vantare l’affondamento del sommergibile italiano Tarantini nel golfo di Biscaglia.
Un’altra azione degna di nota fu quella del 3 gennaio 1943, quando il Thunderbolt trasportò davanti al porto di Palermo due Chariot (gli equivalenti inglesi dei 'maiali'), i cui operatori riuscirono ad affondare l’incrociatore leggero Ulpio Traiano, che si trovava in allestimento presso i Cantieri Navali Riuniti.
Ma la sorte del Thunderbolt era comunque segnata: la sera del 12 marzo 1943, al largo di Capo San Vito, il sommergibile riuscì a intercettare un convoglio scortato in navigazione da Napoli a Tunisi e a silurarne il piroscafo Esterel; il mercantile però non affondò e fu portato ad incagliare a Trapani, dove rimase fino al 1948.
Avendo avvistato il siluro, la corvetta Cicogna, al comando del capitano di corvetta Augusto Migliorini, si lanciò all’attacco del sommergibile, sganciando una serie di bombe di profondità sulla sua posizione presunta. Entrata a Trapani la mattina del 13 marzo 1943, la Cicogna ne uscì nel primo pomeriggio per continuare la caccia al sommergibile, che presumibilmente era ancora in zona.
L’azione durò l’intera notte e si concluse la mattina del 14: alle 7.30, la testa di un periscopio emerse per un attimo a circa 2.000 metri dalla nave. II comandante Migliorini, essendosi ormai fatto un’idea precisa della posizione dell’avversario, dispose il lancio di un intero pacchetto di 24 bombe di profondità. Immediatamente dopo aver impartito l’ordine di attacco, il periscopio ricomparve ad appena due metri dalla fiancata di dritta della nave. Effettuato quindi il lancio, la corvetta invertì la rotta per effettuare un altro passaggio. In quel momento si vide emergere la poppa del sommergibile, che si alzò sino a mostrare la carena, per poi inabissarsi in un vortice d’acqua e di nafta. A quel punto la corvetta scaricò altre tre bombe: quattro minuti dopo, a segnare definitivamente il destino del sommergibile, alla superficie ormai quasi calma del mare sgorgò una nube di fumo bianco dall’inconfondibile odore di cloro, segno che l’acqua era penetrata nello scafo del battello e ne aveva allagato il comparto batterie.
A mille metri di profondità, nelle acque senza pietà del Mediterraneo, il sommergibile che era stato prima Thetis e successivamente Thunderbolt aveva concluso la sua odissea.
Inserito il 21 Maggio 2010 nella categoria Relazioni svolte
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